“Tutte le questioni inerenti ai controlli sull’efficienza della rete e alla conseguente manutenzione, intesa nel senso ampio sopra esplicitato; con conseguente non delegabilità dei relativi compiti e del mantenimento, in ogni caso, dei compiti di alta vigilanza rimessi alla figura apicale”. Le accuse più gravi alla gestione di Autostrade per l’Italia (Aspi) A sreggono anche in Cassazione. Ieri la Quarta sezione penale ha depositato la sentenza, che ha chiuso la vicenda giudiziaria del cedimento di una barriera del viadotto Acqualonga, sull’A16, in provincia di Avellino e costato la vita a 40 persone e che ha portato in carcere anche l’ex amministratore delegato Giovanni Castellucci (condannato a sei anni).
Questo uno dei passaggi chiave delle motivazioni della sentenza di terzo grado in merito alle responsabilità dei vertici di Autostrade. Nelle 256 pagine, la Cassazione ha affrontato le numerose questioni portate dalle difese confermando tutte le condanne in Appello ai dipendenti Aspi coinvolti e rideterminando solo quelle per altri due imputati:una dipendente della Motorizzazione e il proprietario del bus su cui viaggiavano le vittime. I giudici ermellini, ad aprile scorso, avevano riformato il verdetto di secondo grado per Ceriola Antonietta e Lametta Gennaro limitatamente alla misura della pena, che avevano rideterminato in anni quattro di reclusione per Ceriola e in anni nove di reclusione per Lametta. Avevano invece rigettato i ricorsi presentati dai legali di Gianluca De Franceschi, Nicola Spadavecchia, Giulio Massimo Fornaci, Michele Renzi, Bruno Gerardi, Paolo Berti, Marco Perna, Giovanni Castellucci, Gianni Marrone, Riccardo Mollo.
Tra le questioni più rilevanti, la Cassazione ha rilevato che gli imputati di Aspi rivestivano una «posizione di garanzia» per la manutenzione della rete: i responsabili delle strutture centrali in forza del modello organizzativo dell’azienda, l’amministratore delegato in forza soprattutto del principio affermato nel 2014 secondo cui «la sfera di responsabilità è conformata sui poteri di gestione e controllo di cui concretamente» l’interessato dispone. Inoltre, chi è in posizione apicale non può delegare «le funzioni strettamente attinenti ai profili strutturali dell’organizzazione e direttamente coinvolgenti le scelte strategiche di fondo dell’organizzazione aziendale»
Del resto già i giudici della Seconda Sezione della Corte di Appello di Napoli avevano ribadito come “la programmazione in materia di riqualificazione delle barriere bordo laterale atteneva proprio alla “area strategica” della politica societaria, in special modo, dove si consideri che la gestione della rete autostradale in concessione costituiva l’attività principale del concessionario e che nessuna norma di legge o regolamentazione interna esimeva dal corretto adempimento di tali obblighi l’Amministratore Delegato” .
La tesi sostenuta dai magistrati della Procura di Avellino, il Procuratore Rosario Cantelmo e il pm Cecilia Annecchini nel corso del processo di primo grado e nei motivi di impugnazione del verdetto emesso dalla corte di Appello, confermata dai giudici della II Sezione della Corte di Appello di Napoli e dalla Cassazione.