Dico la mia, nel rispetto dell’altrui opinione. A me pare che tra il concludersi del vecchio anno e quello che si è appena aperto si possono cogliere stridenti contraddizioni nei comportamenti delle persone. Materia questa che potrebbe interessare psicologi e sociologi per ispezionare i mutamenti sociali intervenuti in questi ultimi anni, Sergio Mattarella, presidente della Repubblica, aveva appena concluso il suo messaggio agli italiani, con il forte richiamo alla responsabilità per il bene comune e subito dopo nelle piazze italiane esplodeva una generale festa per salutare il nuovo anno. Il desiderio del divertimento, insieme alle ragioni del business concertistico, avevano la meglio sul corpo ancora caldo di Papa Benedetto, spentosi nel primo mattino dell’ultimo dell’anno. Tra i due avvenimenti, a mio avviso, si è registrata, una distanza abissale. Si poteva far meglio: ricordando, ad esempio, tra una canzonetta e l’altra il lutto grande della chiesa adottando un minuto di silenzio, uno solo, nel rispetto di una figura che ha dato molto all’umanità con il suo impegno di straordinario teologo. Niente da fare. Passata la festa, è tornata in primo piano la morte di Ratzinger. La separatezza tra i due comportamenti indica con grande chiarezza che la fase del populismo senza valori è ancora viva, mentre quella della riflessione va lentamente spegnendosi. Riflessione alla quale ci invita il Capo dello Stato ripercorrendo le tragedie dello scorso anno con l’auspicio che il 2023 sia decisamente migliore. Campeggia, nel suo intervento, la condanna di una guerra atroce che sta mietendo tante vittime innocenti per responsabilità di un aggressore che mortifica la libertà di un popolo che reclama la propria autonomia contro la prepotente egemonia espansionistica e ricattatoria del premier russo. Resta, comunque, la speranza che torni la ragione e si ponga fine ad un assurdo conflitto. E ancora. La drammatica condizione del lavoro che penalizza soprattutto i giovani, verso i quali Mattarella richiama il governo ad una maggiore attenzione, in particolare per coloro che vivono nel mezzogiorno e nelle zone interne mortificate da un un persistente spopolamento. Come opportuno appare il suo monito contro chi intende spaccare l’Italia, creando staterelli finti contro la fragilità meridionale. Non mi spiego come mai a queste riflessioni acute e responsabili di Sergio Mattarella non sia stato concesso lo spazio che esse avrebbero meritato, favorendo un presa di coscienza per il bene comune. Forse non è più tempo della coesistenza tra le canzonette e i problemi del Paese.
di Gianni Festa