Virgilio Iandiorio
“Incontrai Prezzolini per la prima volta quando ancora ero studentessa del liceo, durante una recita scolastica nel teatrino della Casa Italiana alla Columbia University. Non riuscivo a pronunciare la “erre” ma, nonostante ciò, la mia insegnante aveva insistito perché recitassi in pubblico La violetta di Gabriele Chiabrera. Ero emozionatissima. Non so come riuscii a superare la prova e non so nemmeno che cosa disse Prezzolini della mia dizione. Quando arrivò il fotografo, mi trovai accanto a lui. E adesso, sul ritaglio del giornale Il progresso che conservo ancora, vedo la mia testa che sembra riposare sulla spalla destra di Prezzolini, con la confidenza che si può avere con un maestro, un saggio consigliere, una guida sicura, un amico fedele”.
Così racconta il suo primo incontro con Giuseppe Prezzolini suor Margherita Marchione, che confessa: “Quell’incontro mutò il corso della mia vita. Non rinunciai certo alla mia vocazione, né Prezzolini mi consigliò mai di farlo. Ma tutto quello che ho realizzato nel campo degli studi lo debbo al suo insegnamento, al suo stimolo, al suo aiuto”.
Questa suora americana, o meglio italo americana, scomparsa quattro anni fa, il 20 maggio 2021, era nata negli Stati Uniti il 19 febbraio 1922 da genitori italiani emigrati. “I miei genitori –scrive suor Margherita nel suo libro La mia vita, incontri con i papi e i letterati del ‘900, edizione italiana 2003 (il titolo originale del volume edito tre anni prima negli Stati Uniti è The Fighting Nun: My Story)- provenivano dalla provincia di Salerno e si erano sposati nel 1900. Mio padre Crescenzo, figlio di Luigi e Rosa Marchione, era nato a Pontecagnano il 6 settembre 1879, mia madre, figlia di Michele e Alfonsina Schettino, era venuta alla luce il 22 luglio 1882 nei pressi di Montecorvino Pugliano. A quell’epoca, in Italia le campagne erano di proprietà dei grandi latifondisti. I coloni avevano vita grama, e nessun giovane appena sposato aveva la prospettiva di mantenere una famiglia e vivere con un minimo di agiatezza. Così, quando i cugini di Filadelfia lo invitarono a raggiungerli negli Stati Uniti, mio padre decise di lasciare la casa”.
La numerosa famiglia Marchione, otto figli di cui uno solo maschio, crebbe in un periodo non sempre felice per la storia americana; ma grazie all’attività in campagna il padre Crescenzo insieme con la moglie riusciva a provvedere sempre bene al sostentamento dei suoi cari. E di questo suor Margherita è riconoscente, e ancora di più perché “In un periodo in cui le ragazze cominciavano a lavorare nelle fabbriche, i miei genitori avevano invece deciso di dare ai figli le opportunità che loro non avevano avuto in Italia. Quindi, invece di farli lavorare e averne i conseguenti benefici economici, li mandarono a scuola”.
Che Margherita, o Mergie come la chiamavano affettuosamente, fosse una ragazzina che mescolava in sé l’intraprendenza americana e la caparbietà meridionale lo dimostra questo episodio, raccontato proprio nell’incipit del suo libro: “Festa del Lavoro. La notizia colpì come una bomba quando, durante un pranzo del 2 settembre 1935, annunciai alla famiglia che era mia intenzione farmi suora. Tutti smisero di mangiare e sgranarono gli occhi guardando la bambina tredicenne che aveva appena detto: Oggi partirò per il convento. Voglio salutarvi ora, perché devo prepararmi per la partenza. Il parroco mi accompagnerà con l’automobile alla Casa madre delle Maestre Pie Filippini a Morristown, nel New Jersey. I miei genitori, le mie sorelle, mio fratello e gli ospiti rimasero colpiti: non avevo confidato a nessuno questo mio desiderio. La mia storia comincia con questa scena”.
E divenne suora. Una suora che Prezzolini definì “un insieme di cattolicesimo e di indipendenza americana”. Nella presentazione del suddetto volume, Ralph Cestone indica sommariamente le cose scritte da suor Margherita e i titoli di cui è stata insignita: “Autrice di oltre quaranta libri e di centinaia di articoli su giornali e riviste è stata onorata del Premio Michael della New Jersey Literary Holl of Fame. Ma questo non è che uno della lunga serie di premi e di riconoscimenti che ha ottenuto in America e in Europa. Ph D. (Doctor of Philosophy) alla Columbia University è stata anche insignita del Dottorato Honoris causa of Humane Letters dal Ramapo College del New Jersey. Vincitrice del Columbia University Garibaldi Scholar Award 1957; Fulbright Scholar 1964; AMITA Award 1971; UNICO National Rizzato Award 1977; Premio della National Italian American Foundation 1984, per le sue realizzazioni nelle ricerche storiche e letterarie; Medaglia d’Onore George Washington 1985; Philip Mazzei-Thomas Jefferson International Award, Firenze, 1992. Nel 1974 il Cancelliere della Fairleigh Dickinson University chiese a suor Margherita di compiere ricerche storiche su Filippo Mazzei (1730-1816): un patriota italo-americano che fornì grandi contributi all’indipendenza e alla costituzione degli Stati Uniti e che fino ad allora era poco conosciuto. Ella, con un lavoro durato dieci anni, scoprì tremila documenti su questo formidabile personaggio e praticamente ha cambiato la storiografia americana riguardante le vicende che segnarono la nascita degli Stati Uniti. Per questo suo lavoro suggellato da una serie di volumi è stata inclusa con il numero 144 nella Women’s History Series dalla National Organization of Women”.
L’amicizia con Giuseppe Prezzolini ebbe inizio alla Casa Italiana, diretta dallo scrittore dal 1930 al 1940, che era una vera e propria fucina di attività di studio e di formazione. “Con la mia iscrizione alla Columbia University –racconta Suor Margherita– ebbero inizio una lunga amicizia e un affettuoso rapporto letterario con Giuseppe Prezzolini, il quale per circa cinquant’anni ha esercitato una grande influenza su di me e sui miei studi. Sono stata da lui sollecitata e incoraggiata in ogni modo e mi fa piacere raccontare la storia di questa nostra amicizia, che è durata dal 1945 al giorno in cui egli è morto, all’età di cento anni, nel 1982”.
Nel 1945 Suor Margherita si iscrive alla Columbia University per conseguire la laurea in lingua e letteratura italiana. E sottolinea: “Io mostravo una certa predisposizione e grande interesse per la lingua e la cultura delle mie radici”.
I ricordi di quegli anni universitari ruotano intorno alla figura di Prezzolini: “Avevo ventitré anni: troppo pochi per una suora che si trovava in un ambiente non cattolico, come era quello di questa università. Con me c’era una cara amica, Suor Maria Paglia. Per seguire il corso sul Machiavelli, bisognava chiedere il permesso all’insegnante; fissammo quindi l’appuntamento con il professor Giuseppe Prezzolini, il più famoso professore d’italiano nel dipartimento. Quando ci presentammo, egli ci accolse cordialmente e poi disse senza mezzi termini: Io tengo un corso monografico sul Machiavelli. Il succo del pensiero del Machiavelli è che la politica –sulla cui base si fonda la civiltà occidentale- è un’attività non compatibile con la morale cristiana. Un corso su Niccolò Machiavelli e il machiavellismo non mi pare corrisponda ai vostri interessi preminenti. Voi, suore, dovreste iscrivervi a un altro corso. La nostra risposta fu definitiva: le nostre madri superiori ci hanno detto di seguire questo corso! E così facemmo”.
In un passaggio del suo racconto, Suor Margherita ci dà questo ritratto di Prezzolini: “ L’immagine che più rimane scolpita nella mia memoria è quella di un Prezzolini dagli occhi azzurri, straordinariamente vivi, dai movimenti agili, ostinatamente indipendente. Guai se si cercava di aiutarlo! Sempre fermo e deciso, si presentava con un aspetto elegante e signorile, e sosteneva le sue posizioni con spontaneità e arguzia. Accanto a lui, la moglie Jakie, graziosa e gentile, era parte essenziale di questo quadro che essa abbelliva con la sua presenza femminile”. E continua, in un altro punto del libro: “Trovarsi con Prezzolini significa intrattenersi a discutere di tutto: dalla politica alla letteratura, alla musica, alla storia, alla religione. A sentirlo parlare si rimaneva affascinati dalla sua bella voce, dai magnifici occhi, dai ragionamenti chiari, dall’affabilità spontanea. Era sempre lui a proporre e disporre, ma con gentilezza: si discuteva, si decideva, si faceva il programma, si divideva il lavoro e si procedeva ben ordinati a ore fisse a lavorare, a passeggiare, perfino a far le compere. In lui si sentiva l’uomo libero autosufficiente, che mirava al semplice, all’essenziale, che rifiutava ogni illusione.
Per portare a conclusione le mie ricerche su Filippo Mazzei, avevo chiesto un anno sabbatico –un anno in cui ero libera dall’insegnamento universitario. Durante la mia visita a Lugano, nel giugno 1981, mi resi conto che Prezzolini non avrebbe gradito le celebrazioni che si stavano preparando per il suo centesimo anniversario. La salute di sua moglie era peggiorata e lui desiderava la morte. Pensai che forse avrei potuto essere di conforto e di aiuto, e programmai di passare almeno tre mesi con loro, cioè dalla fine di ottobre alla fine di gennaio.
Prezzolini, contento della mia proposta, mi rispose con un sorriso:” Se dicessi di no, tu verresti lo stesso!” Mi conosceva bene. Spesso diceva che io andavo sempre diritta allo scopo, e nonostante le difficoltà riuscivo a fare ciò che avevo programmato”.
Una suora e un laico convinto, cose che sembrano inconciliabili. “negli ultimi mesi della sua vita –scrive Suor Margherita– Prezzolini desiderava la morte e cercava qualcuno che lo aiutasse. Grato del ricordo di lui ne Il Resto del Carlino, si rivolse a don Fuschini: Carissimo e purtroppo lontano amico, chi sa se non riusciresti a darmi la fede che mi manca, se fossi vicino!… Grazie del tuo ricordo per avermi associato a quello della mia ex allieva Margherita Marchione. Ti siamo amici e leggiamo i tuoi scritti con interessamento”.
“La ricerca di Dio –annota Suor Margherita– aveva sempre sollecitato in Prezzolini un vivo interesse intellettuale e spirituale. Spesso diceva che il cattolicesimo era il simbolo di una speranza per l’umanità; e quando, il 21 agosto 1974, Paolo VI parlò di lui dal balcone di piazza San Pietro egli non esitò a dire: Se Dio vorrà, mi convertirò anche io come Papini”.
Suor Margherita, orgogliosa delle sue origine che non la fanno per niente sentire meno americana, conclude il suo libro con una riflessione molto bella sulla sua esperienza di religiosa, di insegnante e di studiosa, che per noi può valere quale indirizzo di vita e di comportamento: “L’insegnamento è stato un’esperienza preziosa nella mia vita. Incoraggiavo gli studenti a imparare che, agli occhi di Dio, nulla importa eccetto lo sforzo onesto e le motivazioni generose. Con la grazia divina, il successo è possibile per tutti. Durante tutta la mia vita, in mezzo ai lavori, alle tribolazioni, alle gioie o alle tentazioni, ho sempre provato gioia ed entusiasmo. Ho invitato tutti indiscriminatamente a far parte della mia vita e, noncurante di quello che pensavano gli altri, sono stata capace di godere della compagnia di uomini e donne, di giovani e anziani, di ricchi e poveri, di letterati e ignoranti, di virtuosi e peccatori, dell’alta società e della povera gente. Io credo veramente che l’amor di Dio si trasformi nell’amore del prossimo e che questo amore si manifesti con le nostre azioni”.