Ci eravamo sentiti verso la fine dell’estate, quando è venuta in Irpinia per partecipare al G7 alternativo dei movimenti, in contemporanea a quello dei Grandi che si svolgeva a Mirabella i primi giorni di ottobre.
E oggi mi dice: “Da allora non è cambiato niente. Anzi la situazione è peggiorata”. È Suzanne Fatayer, ricercatrice all’università Orientale di Napoli, dove insegna la lingua araba, originaria palestinese. Nata a Nablus, una delle più grandi città della Cisgiordania, composta da 56 villaggi, territorio occupato dall’ esercito israeliano. Dal 1995 lo controlla l’Autorita’ Nazionale Palestinese.
“Qualcosa che è soltanto di nome. Ma non di fatto”. Ma la guerra non è finita. Anzi continua più di prima. È venuta qui grazie ad un permesso per studiare, quarantuno anni fa.”Il genocidio continua. E il mondo ha chiuso gli occhi”.
Le sue parole sono piene di tristezza, pensando alla famiglia lasciata a Nablus.”Come faccio a tornare-si chiede-. Ci sono novecento posti di blocco. E i militari ti rimandano indietro”?. A Nablus sono rimasti la mamma, un fratello, una sorella e i nipotini. Li sente tutti i giorni, però, e ogni volta Suzanne chiude la telefonata, che spesso si interrompe bruscamente, sempre più preoccupata:”Non sappiamo come finirà la giornata-le rispondono dall’altro capo del telefono”.
“Sono disperati”. Perché i cecchini appostati sulle due montagne che circondano Nablus sparano alle persone. Ha fatto in tempo, per modo di dire, di vedere la prima e la seconda Intifada.”Il mondo non si esprime-continua la ricercatrice -. Parla del rave in cui sono stati rapiti gli israeliani ma si è interessato poco dei morti palestinesi con il cerca persone durante i funerali”. Dice “basta” alla guerra. “Perché non è giusto. I bambini, invece di giocare, sanno che dovranno morire.
E stanno rintanato nelle tende insieme agli adulti”. “Avevano promesso di trasferirli dal Nord al Sud della Palestina-conti ua Fatayer-perché sarebbero stati più protetti.
E invece bombardano”. Ancora ieri ad ovest di Nablus, durante una visita al cimitero,”hanno ucciso una persona e diverse sono state ferite”. A Hebron occupato il mercato del centro storico destinato ai coloni.
“I miei familiari non riescono più a trovare una via d’uscita. Niente lavoro, sopraggiunge la fame. Si punta all’annientamento di un popolo”.
La verità, per Suzanne, è che”non si vuole la pace. Dopo gli accordi di Oslo, nel 1993, tra Yasser Arafat e Izak Rabin, israeliano, quest’ultimo venne ucciso mentre passeggiava tra la folla”.
“L’assedio di Gaza-continua la docente dell’Orientale-ha fatto uscire fuori la vera faccia dell’Occidente”.”Non vogliono la pace e non vogliono neanche la Palestina. I leader prendono in giro il mondo”. La guerra arabo-israeliana”e’ una storia infinita”.”E l’Occidente non riesce a comprendere”.