E’ tutta l’Italia che cresce poco. E anche se nel 2024 la crescita del Mezzogiorno si attesta allo 0,8%, inferiore rispetto allo scorso anno, e comunque di poco superiore allo 0,6% delle regioni centro-settentrionali, il Sud non può certo dirsi sulla buona strada.
Anzitutto i dati che emergono dallo studio Svimez – Ref Ricerche ‘Dove vanno le regioni italiane, dossier illustrato da Fedele De Novellis (Ref) e Stefano Prezioso (Svimez). Alla presentazione sono intervenuti il presidente Svimez Adriano Giannola, il direttore generale Svimez Luca Bianchi, il docente di economia e politiche regionali al Politecnico di Milano Ugo Fratesi, la docente di scienza politica all’Università di Padova Laura Polverari, il docente di economia applicata all’Università di Bari Gianfranco Viesti.
Per il secondo anno consecutivo – si legge nello studio – il Sud si muoverebbe così più velocemente del resto del Paese, anche se con un differenziale notevolmente ridotto (da un punto percentuale a due decimi). Sono due i principali elementi che concorrono al risultato previsto.
Nel 2024 l’evoluzione congiunturale risulta fortemente influenzata, in parte come l’anno precedente, dalla dinamica degli investimenti in costruzioni che verrebbero a confermarsi come una delle componenti più dinamiche della domanda.
Per capire cosa ha significato negli anni recenti il boom osservato nel comparto immobiliare, si tenga presente che tra il 2021 e il 2023 la crescita registrata negli investimenti in costruzioni è stata di entità più che doppia rispetto a quella avvenuta nei dodici anni che vanno dal 1995 al 2007.
“Dopo un 2024 in cui il Sud è cresciuto, per il secondo anno consecutivo, più del Nord, il rallentamento dell’economia insieme all’avvio di un percorso restrittivo di politica fiscale europeo rischiano di indebolire gli importanti segnali di ripresa dell’economia meridionale.
Accelerare l’attuazione del Pnrr, da cui dipende il 60% della crescita, e sostenere con politiche industriali attive le imprese innovative sono le chiavi per non rassegnarsi al ritorno alla normalità di un Paese a due velocità”. E’ il commento del direttore della Svimez , Bianchi: “La crisi europea è una crisi dell’industria europea. Ha necessariamente impatti territoriali differenziati, e in Italia colpisce maggiormente le regioni manifatturiere del Nord.
Tuttavia, la resilienza del Mezzogiorno deve molto al contesto di politiche più favorevoli. L’avvio della fase di consolidamento fiscale secondo la traiettoria indicata nel Piano Strutturale di Bilancio di Medio Termine sottrae spazi alle politiche di bilancio. Anche la ripresa dell’occupazione potrebbe arrestarsi a breve.
“Per il presidente della Svimez, Giannola: “Due aspetti emergono dalle previsioni Svimez: si riapre il divario tra Nord e Sud, dopo 2 anni in cui il Mezzogiorno, grazie al Pnrr, aveva vissuto una stagione di normalità. E anche la ripresa del Nord, trainata dall’export, rischia gli effetti della mina Trump. Per il meridione la strada praticabile resta cavalcare l’opportunità mediterranea”.
Per quanto riguarda le singole regioni italiane nel 2025 si prevede per il Veneto una crescita dell’1,2%, dell’1,1%, per la Lombardia, dell’1% per l’Emilia Romagna, regioni più strutturate capaci di compensare la debolezza dell’export con la tenuta della domanda interna, mentre arrancano l’Umbria con lo 0,2%, la Liguria 0,4%, Puglia e il Molise con lo 0,5% regioni meno esposte al rallentamento del commercio estero ma con meno elementi capaci di far decollare la crescita.
Iecie in Lombardia, Emilia-Romagna, Veneto), dove si concentra quasi il 70% del valore industriale nazionale. A ciò si aggiunge una congiuntura complessivamente debole unitamente alle molteplici “crisi” aziendali indotte dai cambiamenti strutturali in atto (transizione ecologica e digitale su tutte) in assenza, anche a livello sovranazionale, di un quadro strategico e normativo certo, condizione imprescindibile per introdurre i necessari adeguamenti.