L’Azienda ospedaliera San Giuseppe Moscati di Avellino si conferma centro di riferimento importante nell’ambito della ricerca oncologica mondiale. C’è infatti anche il nome di Giuseppe Santabarbara, dirigente medico dell’Unità operativa di Oncologia Medica, diretta da Cesare Gridelli, tra gli autori dell’articolo pubblicato qualche giorno fa sulla prestigiosa rivista internazionale “Journal of Clinical Oncology”.
Si tratta di uno studio, denominato Improve, relativo alla somministrazione a intervalli temporali definiti dei farmaci chemioterapici su pazienti con tumore metastatico al colon retto. «Dalla ricerca – spiega Santabarbara – è emerso che la somministrazione intermittente di chemioterapia migliora l’aderenza al trattamento da parte dei pazienti, con una riduzione degli effetti collaterali e senza che venga alterata l’efficacia della terapia stessa». Una nuova strategia terapeutica che, dunque, va incidere positivamente sulla qualità e sulle aspettative di vita dei pazienti.
Lo studio è stato condotto da maggio 2018 a giugno 2021 su 137 soggetti e ha visto coinvolti, tra gli altri, oltre all’Azienda Moscati, l’Istituto Pascale (centro coordinatore) e l’Azienda ospedaliera dei Colli di Napoli, il Presidio ospedaliero Santa Maria delle Grazie di Pozzuoli dell’Asl Na2, l’Istituto oncologico di Bari e l’Azienda ospedaliera San Carlo di Potenza.
«È già partita la fase III dello studio, Improve 2 – continua Santabarbara -, per il quale saranno coinvolti circa 400 malati oncologici. All’Azienda Moscati abbiamo già avviato l’arruolamento dei pazienti, che devono avere determinate caratteristiche per partecipare alla sperimentazione: tumore non ancora trattato localizzato al colon sinistro, non operabile o in fase avanzata; assenza di mutazioni nei geni RAS e BRAF. La fase III servirà a confermare su più ampia scala l’efficacia del trattamento proposto».
L’Azienda Moscati, negli ultimi anni, sta facendo notevoli passi in avanti nel campo della ricerca, anche grazie anche al sostegno e agli investimenti dell’attuale management. «Fare ricerca diffusa, quindi non solo nelle Università, ma in tutte le strutture sanitarie – sottolinea infatti il Direttore generale, Renato Pizzuti – ritengo che sia importante soprattutto per la popolazione di residenza. Entrare nelle sperimentazioni, infatti, consente sia di poter disporre di farmaci di ultima generazione in tempi brevi, sia di perfezionare in maniera determinante le prestazioni professionali degli operatori, perché ci si abitua a lavorare per protocolli.
Si migliora così la qualità dell’assistenza erogata, si offre la possibilità ai pazienti di avere accesso in loco a terapie innovative e, di conseguenza, si riduce la mobilità sanitaria».