Torneranno a Caposele il 23 ottobre le spoglie del fante Amato Gervasio, morto nel campo di concentramento di Lamsdorf in Polonia e sepolto nel cimitero militare della cittadina polacca. Un ritorno a casa che sarà salutato con una cerimonia in programma il 23 ottobre, alle 15. in piazza Sanità nel centro altirpino. Amato aveva solo diciannove anni quando fu arruolato nel 17esimo reggimento fanti Gorizia, dove fu catturato dai tedeschi e deportato nel campo polacco di Lamsdorf, già luogo di prigionia durante la guerra francoprussiana e poi per soldati inglesi e francesi durante la prima guerra mondiale. E’ Antonio Vespasiano, autore di uno studio dedicato a Gervasio a ricordare come “Le condizioni di vita in quel campo di prigionia apparvero fin da subito insopportabili. Malgrado ciò, la speranza di poter ritornare al paese il giovane la conservò fino all’ultimo, affidandosi alla protezione di San Gerardo, profondamente venerato a Caposele dove sono conservate le sue spoglie. Una speranza che Amato non nascose nelle due sole lettere che riuscì a mandare alla madre Maria e al padre Giuseppe, anche loro fiduciosi nell’intervento taumaturgico del loro santo. La grazia che chiedevano era quella di far ritornare a casa il figlio, anche lui in pena per i genitori, che cercava di tranquillizzare in qualche modo ‘Qui si passa la vita giorno dopo giorno sotto ad una tenda. So che tu mamma mi pensi molto ma non ti preoccupare che io sto bene’.
Sconosciute le cause della sua morte ma è facile supporre che a ucciderlo fosse stata la denutrizione “Un sospetto – prosegue Vespasiano – avvalorato dalla testimonianza di un sopravvissuto al lager, tale Gerardo Di Masi, il quale alla fine della guerra raccontò ai genitori di Amato che il loro congiunto si trovava prigioniero nel lager di Lamsdorf con altri due coetanei di Caposele, Alessandro Ceres e Alfonso Russomanno e che si nutrivano mangiando poche barbabietole, poche patate e i vermi che riuscivano a trovare scavando sotto terra o sotto i massi”. Una rassicurazione che evidentemente doveva essere l’unico modo per far giungere a casa proprie notizie, superando la censura dei sorveglianti tedeschi che al più facevano passare la pressante richiesta alle famiglie di cibo e vettovaglie di cui si sarebbero poi impossessati”. A mantenere viva la memoria di Amato la sorella Serafina e la nipote Antonietta Di Masi che hanno continuato a sollecitare le autorità polacche perchè le spoglie di Amato tornassero in patria. Una speranza diventata oggi realtà.
E’ stata Antonietta a ritirare questa mattina le spoglie del nonno Amato, giunte a Roma. Una cerimonia toccante celebrata nel Mausoleo delle Fosse Ardeatine con le spoglie di Gervasio, conservate in una cassa di legno, benedette insieme a quelle di altri dieci soldati. Non nasconde la sua commozione Antonietta “Finalmente le spoglie di Amato potranno essere sepolte nel cimitero di Caposele e la sua comunità potrà rendere omaggio a questo giovane che ci ricorda l’orrore di ogni guerra. Aveva solo 19 anni quando fu chiamato alle armi e raggiunse Gorizia per l’addestramento presso il Reggimento Fanti. Scriveva ogni settimana alla mamma per rassicurarla. Nelle prime lettere raccontava come ci fossero voluti tre giorni per raggiungere Gorizia a causa delle bombe su Napoli. Fu catturato dai tedeschi mentre era in caserma, deportato in Polonia, a Lamsdorf. Costretto al lavoro forzato in uno zuccherificio, chiedeva continuamente alla mamma di inviarle generi alimentari a causa della scarsità di cibo nel campo. Amato cercava sempre di rassicurare i familiari ma era chiaro che la situazione era difficile e facevano la fame. Era devoto a San Gerardo e chiedeva sempre alla mamma di pregarlo perchè lo proteggesse. Non è un caso che oggi insieme alle spoglie di Amato ci sia stata consegnata anche una croce con l’effigie di San Gerardo proveniente dal santuario di Caposele. A condividere la deportazione nel campo di Lamsdorf anche altri due giovani di Caposele Gerardo Di Masi e Alfonso Russomanno che però riuscirono a tornare. Amato ebbe un destino diverso, morì il 23 luglio del 1944 in seguito di maltrattamenti e denutrizione”.
A partecipare alla cerimonia le associazioni militari, il sindaco Lorenzo Melillo e una folta rappresentanza dell’amministrazione comunale. Sarà deposta una corona di fiori al monumento ai caduti. Successivamente il corteo raggiungerà la chiesa di San Lorenzo dove sarà celebrata una santa messa officiata da don Gaetano.





