Di Giulia di Cairano
Che la democrazia non goda di buona salute lo hanno corroborato, tra i tanti, il recente video generato dall’intelligenza artificiale e diffuso sui profili social di Donal Trump, in cui il Presidente degli Stati Uniti d’America getta ripugnanti defecazioni sulle folle di manifestanti che protestano contro la deriva autoritaria del governo americano, e l’inquietante attentato ai danni di Sigfrido Ranucci, seguito ad anni di preoccupanti minacce al giornalista d’inchiesta e alla redazione di uno dei programmi investigativi più noti d’Italia (Report, ndr). Il primo caso è l’ennesima conferma, stavolta più triviale del solito, del motivo per cui 7milioni di persone sono scese nelle piazze e strade delle principali metropoli statunitensi. Sebbene non sia stato ancora delineato l’identikit del manifestante medio, la scelta da parte di molti di indossare costumi di rane, dinosauri, unicorni e animali sia reali che di fantasia – pur esibendo un certo gusto per il grottesco, che dall’altra parte dell’oceano potremmo deridere o sottostimare – potrebbe essere radicata nella consapevolezza che «il più grande atto di resistenza di fronte all’oscurità è la gioia radicale», come recita il motto di Operation Inflation, un’organizzazione che distribuisce questi costumi. Secondo il filosofo Andrea Colamedici, che nella newsletter di Tlon ha scandagliato e interpretato vari aspetti delle proteste, i manifestanti avrebbero capito che «la battaglia decisiva si combatte nell’immaginario e che bisogna operare sul piano simbolico», non solo perché «se un ufficiale federale in assetto antisommossa si presenta davanti un dinosauro gonfiabile che saltella o un unicorno che balla […] l’intera narrazione dei “manifestanti cattivi” crolla», rendendo così visibili la brutalità e l’assurdità del potere, ma anche perché diventa «magia contro magia, incantesimo contro incantesimo». Trump ha ribaltato la realtà e ridefinito la verità e dall’altra parte qualcuno ha capito che non si può vincere, seguendo l’ermeneutica di Colamedici, con la razionalità, non essendo questa la base del terreno comune di cui ogni discussione necessita per essere tale. Di fronte allo scarto tra la realtà e il modo di guardare a essa, diverse persone hanno iniziato a incarnare un’altra realtà, la stessa composta da immagini e sogni di Trump. Non sappiamo quanto l’interpretazione di un filosofo sia vicina all’intento dei manifestanti e neppure sappiamo se davvero una lotta di e tra simboli sia sufficiente, in un mondo che è ancora strutturato sulla razionalità – se non il versante delle istituzioni politiche, certamente quello delle aziende, degli ospedali, delle scuole e delle istituzioni sociali. Tuttavia, almeno una copiosa parte del popolo americano sta dimostrando di tenere alla libertà e all’autodeterminazione, ma anche in altre regioni del globo stanno imperversando proteste, come quelle della Generazione Z in Nepal e Madagascar. Lo stesso non sta accadendo in democrazie a rischio democratura, come quella italiana. Sono trascorsi 33 anni dalle stragi di matrice mafiosa di Capaci e via D’Amelio che hanno assassinato rispettivamente i magistrati Falcone e Borsellino e gli agenti delle scorte. La bomba posta sotto l’auto di Ranucci è un gravissimo attentato alla libertà di stampa, dunque alla nostra libertà. Nonostante la massiccia solidarietà espressa nei confronti dei giornalisti di Report, pare non si riesca a comprendere che non sono solo le vite dei giornalisti a essere in pericolo ed è ancora opinione diffusa che, in fondo, forse, un po’ se la siano cercata perché si sa che sbirciare tra certi archivi, condurre certe interviste e azzardare certi approfondimenti comporta dei rischi, anziché capire che quando il termometro del giornalismo d’inchiesta, e non solo, segna una temperatura oltre una certa soglia, non è il sintomo della malattia causata dal virus dell’indiscrezione, variante italiana, ma la risposta attenta e puntuale della difesa immunitaria della democrazia, che indica all’organismo, composto da parti impegnate e distratte in altre attività, che c’è qualcosa che lo compromette interamente e dunque anche in parte e nelle sue parti. Purtroppo, se ci si deve preoccupare di arrivare a fine mese, la libertà diventa un privilegio di chi può permettersi istruzione, mezzi di informazione e psicologi a ricordare che si è di più del proprio lavoro e del ruolo nella propria famiglia. Ogni demagogia parla alla pancia delle persone, ai loro istinti e alle loro paure, così la libertà passa in secondo piano – è vero che con Mussolini i treni arrivavano in orario e che l’edilizia pubblica fascista è stata la migliore del Novecento, ma in confronto al carissimo prezzo della libertà di milioni di persone e alla collaborazione a uno sterminio, cosa erano e cosa sono dei ponti? La domanda suona retorica, ma oggi, siamo sicuri che il valore della libertà sia condiviso e che si sappia che senza l’uguaglianza la libertà è vuota?
Nelle scorse settimane, i primi risultati dello studio condotto dall’Istituto Superiore di Sanità in collaborazione con la Procura di Avellino hanno rivelato uno scenario allarmante per l’Irpinia: 296 siti potenzialmente contaminanti (tra concerie, discariche comunali, autodemolitori e altro) e aumento di morti per tumori del testicolo, della mammella e del sistema nervoso centrale e di ospedalizzazione per malattie respiratorie acute. Nell’aula “Rosario Livatino” del Tribunale di Avellino, il Procuratore Domenico Airoma ha parlato di impegno per scongiurare il rischio Terra dei Fuochi in Irpinia. Analisi più approfondite e integrate confluiranno in un rapporto finale atteso per aprile 2026. Ma c’è un punto: perché molte persone non ne sono a conoscenza e se lo sono, si comportano come se il problema non esistesse? Una possibile risposta può darla il personaggio di uno dei racconti del libro “Tre ciotole” di Michela Murgia. Nel capitolo “Stato di servizio”, la domestica che presta servizio presso la casa di un colonnello a Roma, dopo aver lasciato la sua Sardegna in seguito alla morte del marito, portatole via da un cancro, racconta della sicurezza e della stabilità che solo la forza fisica, la severità stratega e la logica serrata dei militari sono in grado di dare a chi ha ricevuto un’istruzione limitata e ha subito le conseguenze di propagande rabbiose e manipolative. Quando un magistrato ha aperto un’inchiesta per indagare la correlazione tra le armi usate al poligono e l’aumento di tumori nelle zone limitrofe e diversi veterinari e giornalisti si sono recati sul luogo rispettivamente per visitare gli animali dei pastori e fare domande ai malati, la reazione della protagonista-voce narrante è stata mista di diffidenza e ostilità. Così complottisti e ambientalisti diventano la stessa cosa, aprire le tombe e dire che si muore per colpa del poligono significa mettere a rischio l’economia di una provincia – di nuovo la tasca conta di più non solo della libertà, ma anche della salute, che in fondo sono davvero la stessa cosa. Il paradosso della situazione è messo in evidenza dal colonnello che, rasserenando la sua futura donna di servizio, le dice che la colpa è dei veterinari che non avendo passato il test di medicina non stanno al loro posto e si credono medici, insomma che non rispettano i ruoli, non adempiono al proprio servizio, ma poi è la stessa persona che durante il Covid-19 si occupa delle campagne di vaccinazione, sotto l’egida di un certo generale (Figliuolo, ndr), pur non avendone le competenze. Per la domestica, il colonnello ha sempre ragione, anche quando convince sua moglie a non far fare la chemio al figlio disabile e malato di cancro in favore di un intervento non andato a buon fine, la colpa, giustamente, non ricade sul colonnello, però per lei forse è una ripicca tra medici e metodi. Dunque, la complottista è lei, ma non se ne rende conto. Con grande empatia, la Murgia ha narrato in prima persona un punto di vista opposto rispetto al suo, che nella realtà ha condotto una battaglia contro le basi militari in Sardegna, «che hanno dato lavoro, soprattutto agli oncologi». Qui, in Irpinia, c’è ancora da indagare, analizzare, capire. Ma prima c’è da capire che riguarda tutti e che magistrati, medici e giornalisti sono categorie congenite e indispensabili alla democrazia.
Giulia Di Cairano



