Nel messaggio di fine anno del Presidente Mattarella, quello che mi ha veramente entusiasmato è questo passaggio: “« L’Italia, a mio avviso, deve essere nel mondo portatrice di pace: si svuotino gli arsenali di guerra, sorgente di morte, si colmino i granai, sorgente di vita per milioni di creature umane che lottano contro la fame. Il nostro popolo generoso si è sempre sentito fratello a tutti i popoli della terra.” Nooo! Ho sbagliato Presidente, quello era il messaggio di fine anno (1978) di Sandro Pertini. Un uomo che aveva conosciuto le carceri del fascismo, l’orrore della guerra e aveva guidato la Resistenza. Quindi comprendeva perfettamente il valore della pace riconquistata nel 1945 e insediata nella Cartacostituzionale come principio fondante della Repubblica. Era un uomo coraggioso, capace di dissociarsi dalla logica della guerra fredda all’epoca dominante e di provocare qualche piccolo dispiacere oltreatlantico. Era capace anche di indignarsi per lo scandalo della corsa agli armamenti. Infatti l’anno successivo osservava: «E mentre si spendono miliardi per costruire ordigni di morte, vi sono migliaia e migliaia di creature umane che nel mondo stanno morendo di fame. Nel 1979, amici che mi ascoltate, sono morti nel mondo 18 milioni di bambini per denutrizione. Questa strage di innocenti pesa come una severa condanna sulla coscienza degli uomini di Stato e, quindi, anche sulla mia coscienza». In verità anche Mattarella esprime disagio per la corsa agli armamenti: «Vengono bruciate, per armamenti, immani quantità di risorse finanziarie che, se destinate alla fame nel mondo, alla lotta alle malattie o alla povertà, sarebbero di sollievo per l’umanità». Ma non è colpa nostra – si premura di aggiungere il Presidente – se i paesi ricchi dell’Occidente bruciano risorse stratosferiche per gli armamenti (e l’Italia si accoda con entusiasmo), poiché «di questi ulteriori gravi danni, la responsabilità ricade interamente su chi ha aggredito e non su chi si difende o su chi lo aiuta a difendersi». Quindinoi siamo incolpevoli, il nostro è solo un atto dovuto. Eil nostro essere salvi e incolpevoli ha, per Mattarella, un fondamento dato come indiscutibile:«Se l’aggressione [russa] avesse successo, altre la seguirebbero, con altre guerre, dai confini imprevedibili».In altri termini, secondo il nostro Presidente, non esisteva, prima dell’aggressione russa, nessun conflitto politico, nessuna controversia fra la Russia, l’Ucraina e la NATO: l’aggressione è stata frutto della volontà malefica dell’impero Russo di espandersi e sottomettere i suoi vicini. Per scongiurare questo pericolo, l’unica risposta possibile è quella militare. Fine del discorso e di ogni attività realistica per il raggiungimento della pace. Nel 1948 le polemiche politiche erano molto più rozze, allora bisognava opporsi al comunismo per evitare che i cosacchi portassero i loro cavalli ad abbeverarsi nella fontana di piazza San Pietro. Oggi si usano espressioni più felpate, quasi gentili. Il Presidente Mattarella è riuscito ad esprimere appoggiototale eincondizionatoalla guerra per procura combattuta dalla NATO contro la Federazione russa, senza ricorrere al linguaggio feroce di Biden, che vuole ridurre la Russia a una condizione di paria, senza evocare gli anatemi lanciati dal Parlamento europeo e dall’Assemblea parlamentare della NATO, senza eccitare gli spiriti all’odio antirusso, come fanno i divulgatori dello spirito bellico. Per rendere lasua posizionepiù digeribile, Mattarella l’ha inseritain un contesto divalorizzazione della Costituzione: «La Costituzione resta la nostra bussola, il suo rispetto il nostro primario dovere; anche il mio». Difficile non concordare con questa affermazione e con i suoi sviluppi sul versante interno al nostro Paese: «Le differenze legate a fattori sociali, economici, organizzativi, sanitari tra i diversi territori del nostro Paese – tra Nord e Meridione, per le isole minori, per le zone interne – creano ingiustizie, feriscono il diritto all’uguaglianza. Ci guida ancora la Costituzione, laddove prescrive che la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che ledono i diritti delle persone, la loro piena realizzazione. Senza distinzioni ». Sono paroleimpegnative che illuminano il ruolo del Presidente della Repubblica, come prima e più autorevole garanzia politica per il rispetto della Costituzione. Ma, anche qui, resta da capire quale sia la latitudine di questo impegno se, il giorno dopol’impegnativomessaggio, il Presidente ha firmato, senza battere ciglio, il decreto che ostacola l’attività di soccorso in mare delle navi delle ONG, per il quale è arduo – a tacer d’altro – intravedere i presupposti della necessità ed urgenza. Ciò nondimeno, adesso che il Governodel Paeseè guidato da forze politiche animate da una culturadistanteanni luce da quella dei costituenti, il Presidente Mattarella rappresenta l’unica garanzia politica per mantenere in piedi l’edificio della democrazia costituzionale. Per questo ci auguriamo che il suo mandato resista ai venti di destra, però non possiamo nascondere che ammiravamo di più il Presidente Scalfaro che, negli ultimi giorni del suo mandato nel maggio del 1999, nel campo della cooperazione italiana in Albania, prese un megafono e si mise ad urlare: “i bombardamenti devono cessare”.
di Domenico Gallo