Unimpresa denuncia l’effetto di ‘spiazzamento competitivo’ causato dai centri commerciali e dalla grande distribuzione: “L’apertura di un centro commerciale altera i flussi di consumo, riduce il potere negoziale dei piccoli esercenti e accelera la chiusura delle botteghe tradizionali. Il Rapporto ‘Demografia d’impresa nelle città italiane’ dell’Istituto Tagliacarne, analizza il periodo 2012–2024, evidenziando che quasi 118mila negozi di vicinato sono scomparsi a livello nazionale, con punte di calo del 36,5 % nei settori giocattoli e mobili”.
“Cosa di notevole interesse, evidenziato dallo studio, è rappresentata dalla correlazione spaziale esistente nelle province con maggiore aumento di superficie lorda affittabile (Gla) per centri commerciali che registrano percentuali di chiusura di negozi fino al doppio rispetto alle aree con Gla stabile. Si aggiunga che nei centri storici, la desertificazione commerciale è poi accompagnata da un calo di servizi bancari (-35,5 %) e dalle farmacie (-12,4 %), segno di un effetto a ‘filiera corta’ che travolge anche le attività complementari”.
Il presidente Unimpresa Irpinia Sannio Ignazio Catauro: “Da più parti, le ricerche economiche nazionale hanno da tempo evidenziato che l’apertura di nuovi poli della grande distribuzione induce un progressivo spostamento dei flussi commerciali verso le aree periferiche, a scapito delle reti diffuse di vicinato. Gli studi dell’Istituto Guglielmo Tagliacarne lo dimostrano in modo incontrovertibile. Questa tendenza è coerente con la meccanica di mercato descritta dall’economia urbana, che vede la concentrazione di offerta, i costi di accesso inferiori e la molteplicità di servizi aggregati nei centri commerciali determinare una erosione strutturale della domanda indirizzata ai negozi tradizionali”.
“Tutti gli studi – spiegano da Unimpresa – concordano sul fatto che l’apertura di un centro commerciale altera i flussi di consumo, riduce il potere negoziale dei piccoli esercenti e accelera la chiusura delle botteghe tradizionali. Nel contesto campano, un’analisi territoriale dettagliata dei comuni con almeno un centro commerciale, evidenzia che mettendo a confronto l’andamento delle chiusure di esercizi di vicinato nei cinque anni successivi all’inaugurazione dei poli distributivi, dimostra come nei comprensori della provincia di Avellino e Benevento, ogni incremento di superficie lorda affittabile di nuova realizzazione corrisponda a una diminuzione significativa delle aperture di piccole botteghe di quartiere nel raggio di cinque chilometri. Tale risultato conferma empiricamente che l’appeal della convenienza e della varietà ‘assortimentale’ offerti dalle nuove strutture si traduce in un collasso delle microimprese tradizionali”.
“Maria Cristina De Michele, Enrica Spiga, e altri economisti che curano il Monitor dei Distretti del Mezzogiorno, hanno esteso l’indagine al Mezzogiorno, soffermandosi sui meccanismi di concorrenza e coesistenza fra distretti commerciali storici e centri commerciali di nuova generazione. La loro ricerca, basata su un campione di dodici province del Mezzogiorno, rivela che la competitività delle strutture di vicinato resiste soltanto in presenza di politiche di aggregazione dei piccoli negozi (Distretti del Commercio) e di interventi pubblici mirati a contenere i canoni d’affitto e i tempi di rilascio delle concessioni edilizie. In assenza di tali misure, il meccanismo di cannibalizzazione dei consumi sfavorisce nettamente gli operatori minori, i quali non dispongono di economie di scala né di margini di negoziazione sui prezzi”.
“Se ci soffermiamo, per esempio, ad analizzare il centro urbano più popoloso delle aree interne, ovvero il capoluogo beneventano, – continua Catauro di Unimpresa – i dati comunali confermano un’accelerazione della desertificazione commerciale dopo l’apertura dell’ultimo centro commerciale nell’area nord della città. Le rilevazioni del Comune di Benevento e della Camera di Commercio Irpinia Sannio, indicano una riduzione delle nuove aperture di esercizi di vicinato superiore al venti per cento nel triennio successivo all’inaugurazione del polo, con un calo ancora più acuto nel comparto abbigliamento e calzature rispetto a ristorazione e servizi personali. Naturalmente nessuna colpa da attribuire a nessuno, del resto per legge non è possibile vietare a prescindere insediamenti della Gla”.
In breve: “La sintesi degli studi sul territorio campano e italiano in genere suggerisce che l’apertura di centri commerciali, se non accompagnata da un quadro regolatorio e da politiche di sostegno al commercio di prossimità, produce un vero e proprio fenomeno di spiazzamento delle microimprese urbane”.
“Gli interventi più efficaci – evidenzia il Presidente Ignazio Catauro – risultano quelli in grado di promuovere la cooperazione fra piccoli negozi, sostenere la rigenerazione urbana e calibrare l’espansione della grande distribuzione sui fabbisogni reali delle comunità locali. Solo così sarà possibile bilanciare le esigenze di efficienza distributiva e la tutela della multifunzionalità sociale che caratterizza il tessuto commerciale dei nostri centri storici”.
I DISTRETTI DEL COMMERCIO
“Per contrastare il declino apparentemente inevitabile, il modello del “Distretto del Commercio”, introdotto in Italia per la prima volta nel lontano 2008, è diventato un laboratorio di politiche urbane di grande interesse. Due studiosi in particolare, Luca Tamini e Luca Zanderighi, in due interventi separati, Commercio e Distretti: un patto per lo sviluppo, e Distretti del commercio e nuova pianificazione urbanistica, già nel 2020 dimostrano che, nei Distretti attivati in provincia di Milano e Brescia tra il 2008 e il 2017, la densità di negozi sfitti è aumentata in media del 3 % annuo anziché del 7 % registrato nei territori privi di Distretto”.
MARKETING TERRITORIALE
“Anche i britannici McAteer, M. & Stephens, M., nel loro Retail resilience and proactive policy: lessons from Italy, in “Town Centre Management Journal”, sottolineano che solo un approccio integrato, fatto di marketing territoriale, eventi culturali e digitalizzazione dei punti vendita, riesce a mitigare la pressione delle nuove strutture commerciali periferiche. Questi ultimi due autori evidenziano – sostiene Catauro – che con l’aumento dei centri commerciali e l’impatto dell’e-commerce sui sistemi di vendita al dettaglio, la sfida urbana principale diventa il mantenimento di un equilibrio tra offerta periferica e vitalità dei centri storici”.
LA RESILIENZA DELLE VIE COMMERCIALI E DEI CENTRI URBANI
“Negli ultimi 25 anni, programmi di Town Centre Management (TCM) e iniziative affini si sono diffusi come risposta pratica per garantire che i centri urbani restino luoghi attraenti. Tuttavia, gran parte della letteratura si è concentrata su struttura e operatività di questi schemi, trascurandone la funzione di strumento competitivo a tutela delle MPMI dei centri urbani. Lo studio di Luca Tamini e Luca Zanderighi analizza l’impatto del “Distretto del Commercio” evidenziando come abbia migliorato la resilienza delle vie commerciali e la vivibilità dei centri urbani durante la crisi economica, in un ampio arco di tempo che va dal 2008 al 2017. L’entità dell’effetto varia in funzione della tipologia di Distretto e del grado di competitività locale”.
“Pur mancando ancora studi ad hoc esclusivi per Benevento ed Avellino, – sottolinea Catauro – i risultati nazionali e regionali indicano, senza alcuna ombra di dubbio, che ogni nuovo polo distributivo periferico sottrae quote di traffico pedonale e spesa ai centri urbani, e senza contromisure di Distretto commerciale, marketing territoriale e incentivi, le microimprese di vicinato si trovano condannate a un calo progressivo di fatturato, e conseguente chiusura”.