Una riflessione a tutto campo sulla letteratura dell’emigrazione, a partire dal rapporto tra memoria e luoghi di origine. E’ il senso dell’incontro dedicato al volume “Verso l’ignoto: Il romanzo dell’emigrante” di Achille Salzano, a cura di Paolo Speranza, presentato questo pomeriggio all’Archivio di Stato nell’ambito della rassegna “I giovedì della lettura”. E’ il direttore dell’Archivio di Stato Lorenzo Terzi a soffermarsi sulla forza di un romanzo che si fa denuncia delle false illusioni legate all’emigrazione negli Usa e insieme racconto della condizione delle fasce sociali più fragili, attraverso la storia di due giovani, Elena e Michele. Una storia con chiare reminiscenze manzoniane che parte da Prata per poi approdare negli Usa.  I due protagonisti riusciranno a realizzare il sogno americano ma lo troveranno in Irpinia piuttosto che al di là dell’oceano”, A parlare della sfida di far rivivere libri dimenticati è l’editore Vincenzo D’Amico “Abbiamo voluto riproporre per la prima volta in versione anastatica il volume, edito con successo nel 1903, quasi introvabile. Un volume prezioso perchè rappresenta una prima testimonianza della letteratura della emigrazione. Al momento della pubblicazione, era impreziosito da una piccola grammatica inglese, voleva essere una piccola guida per gli emigranti”. E’ quindi il curatore Paolo Speranza a ricordare come “In Verso l’ignoto si muove una varia umanità di vari livelli, di cui l’autore ricostruisce con fedeltà comportamenti, linguaggio, dinamiche criminali, dall’ignoto che attende gli sposi irpini ai pericoli reali che si addensano nella vicina Napoli” Per ribadire come “Se il romanzo appare oggi datato, conserva una indubbia rilevanza storica, si fa testimonianza dei gusti letterari e del milieu ideologico dell’epoca, finisce per squarciare il velo sulla piaga dell’emigrazione che rappresenta la vergogna più bassa dell’Italia di inizio Novecento.
Lucia Tirri, studiosa della diaspora e docente al liceo Imbriani, sottolinea come la letteratura dell’emigrazione racconti una ferita non ancora sanata, fatta di lacerazioni e conquiste, dal fenomeno dello spopolamento con cui l’Irpinia fa ancora i conti alla costruzione culturale di un’identità plurima, nel segno di una duplice appartenenza, per giungere a una nuova consapevolezza. “Una costruzione che caratterizza in particolare il revival degli anni ’60 con numerosi autori, tra autobiografie e memoir, che scelgono di esplorare il proprio passato e in questo modo consegnano al pubblico libri che si fanno dialogo tra generazioni. In questo percorso si inserisce ‘Verso l’ignoto’, i due protagonisti, Elena appartenente ad una famiglia nobile in decadenza e Michele aiuto farmacista, lei esile ma determinata, lui più ingenuo, sono costretti a fare i conti con numerosi ostacoli per decidere, infine, di tornare a Prata alla ricerca di un nuovo equilibrio. Ad emergere la condizione degli emigranti, completamente abbandonati dalle istituzioni italiane. Michele ed Elena potranno contare solo sulla solidarietà di una suora e di una nobildonna nella loro avventura. Inevitabile il richiamo ai valori della società contadina prima che venissero sconvolti dall’emigrazione”. Un’analisi quella di Tirri che si sofferma su come l’emigrazione sia parte integrante della nostra storia “una centralità evidente nella scrittura del sè, nel rapporto tra paesaggi interiori e parola scritta, nella costruzione di un’identità in trasformazione, a partire dalla narrazione del luogo delle origini. Con l’auspicio è che l’emigrazione sia frutto di scelte e non costrizioni”.
Sebastiano Martelli, docente all’Università di Salerno, si sofferma sulle tracce limitate dell’emigrazione presenti nella letteratura italiana, “Una letteratura che ha una delle sue caratteristiche nell’abbracciare generi letterari differenti. E’ una letteratura che si fa espressione dello scontro ideologico politico in atto tra fine Ottocento e inizi Novecento, a partire dagli attacchi allo Stato Unitario, fino alla rappresentazione degli Usa di una modernizzazione di facciata a cui si contrappone il villaggio con la sua civiltà contadina patriarcale. Attacchi che arrivavano dal cattolicesimo, dal socialismo e dallo stesso nazionalismo che avrebbe poi condotto al fascismo. Così se la Chiesa, da un lato, alimenterà questo scontro, successivamente dovrà cercare una strategia nuova per fare sì che le comunità cattoliche negli Usa non perdano la propria identità, si spiega così la nascita di numerosi istituti religiosi che saranno al fianco degli emigranti. Allo stesso modo, sono gli anni in cui si afferma il socialismo umanitario di cui troviamo tracce in Verso l’ignoto, nella figura del giornalista schierato dalla parte degli ultimi. Del resto, è proprio il rapporto tra padroni e braccianti a trasformarsi con l’arrivo delle rimesse degli emigranti mentre si afferma sempre di più il genere del romanzo popolare rivolto al pubblico della piccola borghesia, quella stessa da cui provengono Michele ed Elena”. Martelli ricorda come la scrittura giornalistica entri nella letteratura dell’emigrazione con forza per dare oggettività al racconto. “Lo stesso tema del naufragio che ritroviamo in questo e numerosi altri romanzi si spiega con una chiara ragione ideologica, da un lato è un espediente letterario per evitare di raccontare gli Usa per lo scrittore che non li conosce, dall’altro pone le basi per un ritorno  a casa. Il messaggio del libro è chiaro, è un invito a non pensare di trovare in America strade piene d’oro e di accoglienza e dunque vuole essere un incoraggiamento a tornare”
				
		
		
		
	 
		



