Nasce dalla volontà di andare al di là del visibile, di rovesciare l’immaginario comune e porre l’accento sull’equilibrio delle forme la mostra di Luigi Cipriano “Vertical City”, inaugurata oggi al Carcere Borbonico, dove potrà essere visitata fino al 27 giugno. Lo sottolinea Francesco Citro, presente all’inaugurazione insieme a Franco Sortini e Arturo Petracca “Ci troviamo di fronte a una costante tensione verso l’alto, che ci spinge a guardare oltre i confini del nostro sguardo. Protagoniste diventano le forme architettoniche con disegni che richiamano, in alcuni casi, vere opere d’arte”. Franco Sortini sottolinea come “in queste fotografie sia il soggetto a dare l’idea della verticalizzazione e non l’orientamento dell’immagine. E’ come se il nostro sguardo andasse sempre oltre la cornice della foto. La facciata del palazzo non finisce dove termina la foto e ci lascia immaginare ciò che c’è al di là della cornice. Ci troviamo di fronte a geometrie che convergono verso il punto centrale, così da restituire l’idea dell’infinito. Sono architetture in movimento che consegnano l’idea di una città dinamica, lontana dagli stereotipi. Non abbiamo nelle immagini rappresentate i simboli per eccellenza di New York, non c’è la Statua della Libertà, ad esempio, c’è, invece, la geometria che si ripete ossessiva e rende la città viva ma restituisce anche l’idea di un tempo sospeso”. E’ Luigi Cipriano a spiegare come “Sono partito dall’immagine di New York che caratterizza le strisce di alcuni fumetti. Quando sono arrivato nella città americana, ho ritrovato quel disegno, di qui la scelta del bianco e nero così da riprodurre il primo fotogramma della striscia, accentuare l’aspetto grafico e rafforzare l’idea di rigore formale. Ci troviamo di fronte a una New York senza presenza umana, lontana dal caos che la caratterizza. Ed era ciò che mi interessava, porre l’accento su una struttura più metafisica e su una ricerca di linee essenziali. La città torna ad essere spazio mentale e silenzioso con le forme che parlano più forte del rumore del traffico e della folla. Così l’insistere su alcuni elementi come le facciate degli edifici ho voluto restituire l’idea di una bellezza nascosta nell’ordine invisibile delle cose, a partire dal rapporto tra uomo, spazio e architettura, così da costruire una vera mappatura emozionale. Il risultato è rappresentato da diagrammi visivi che svelano l’anima razionale della metropoli”