“Abbiamo già seppellito 23 ex colleghi. E’ una mattanza infinita. un destino già scritto che prima o poi toccherà ad ognuno di noi”. Sono le parole di Carlo Sessa, ex operaio Isochimica ad accompagnare la mostra “Who is next?” di Costantino Mauro, di scena al Carcere Borbonico, che racconta la dolorosa pagina dell’Isochimica. L’obiettivo da cui parte Mauro è mostrare l’invisibile, quello che lo sguardo non vede nell’immediato….Tutto ciò anche e soprattutto per non consegnare all’oblio quel singolo operaio e la sua storia, il costo dell’affitto risparmiato per mandare tutti i soldi alla famiglia, una stanza diruta dal terremoto senza acqua nè energia elettrica e una vita a lume di candela”. Mauro ripercorre la storia dell’azienda fondata da Elio Graziano tra il 1982 e il 1988, nel nucleo industriale di Avellino, dove venivano scoibentate 2500 tonnellate di amianto. Gli operai assunti sono più di 300, per molti è la prima esperienza lavorativa. La scoibentazione avviene senza alcun dispositivo di prevenzione, vengono utilizzati solo una maschera e un raschietto a secco per strappare l’amianto, immortalati in alcune delle immagini della mostra. Immagini che documentano quello che era e che è oggi l’Isochimica, dal sylos connesso ai tubi di aspirazione dei capannoni, il cui contenuto veniva gettato nella rete fognaria alle buche scavate sul posto dove veniva interrato l’amianto, oltre ad essere gettato nel Fenestrelle o smaltito altrove. Nè Mauro dimentica che l’azienda sorge su un’area di 4200 chilometri a soli due chilometri dal centro, a trecento metri da un campus sportivo e da campi scolastici e che per troppo tempo le Istituzioni hanno fatto finta di non sapere, nel 2022 la sentenza del processo ha condannato quattro responsabili a dieci anni di reclusione e ventidue assoluzioni”. Mauro non nasconde nulla, piuttosto mostra con un taglio documentario la vecchia recinzione dello stabilimento, un campione di terra contaminato, un condominio in prossimità dell’azienda, ogni immagine aggiunge un nuovo dettaglio.. Dagli operai che brindano in un vagone in lavorazione ad altri due simboli della Ferrovia, il Murale della pace e la stazione. Le fotografie raccontano quelle che appaiono come macerie, figure spettrali in un paesaggio ridotto a spazio quasi spettrale. Immagini che sono monito a