Una Zona economica speciale per tutto il Sud, ovvero un terzo d’Italia, per 23 milioni di cittadini: questa la proposta del Governo, e portata avanti già nel 2017/18 in particolare dalla Lega, ricorda il segretario generale della Cgil irpina, Franco Fiordellisi, «ma che non cambia il segno delle politiche viste finora sullo sviluppo economico, in particolare verso il Sud, con il rischio di buttare fumo negli occhi per uno scambio insostenibile ed impossibile tra alcuni sgravi fiscali al sud e sburocratizzazione, comunque orientate ad offrire sostegno alle imprese con agevolazioni di natura fiscale, per avere l’Autonomia Differenziata spacca Italia».
Il segretario della Camera del lavoro irpina avvia così la sua riflessione:«L’istituzione delle Zone economiche speciali, è una misura importante che come Cgil Avellino abbiamo da tempo, sollecitato ma a condizione che prevedano investimenti AGGIUNTIVI nella definizione delle scelte strategiche per l’industria sostenibile, per le filiere locali da accompagnare nella giusta transizione energetica, digitale e tecnologica, in sostanza dotarsi di indirizzi strategici per lo sviluppo sostenibile localmente e una governance partecipata con le rappresentanze dei territori e delle parti sociali.
In questo modo vedo il rischio di incentivare “la qualunque” a discapito di occupazione giovanile, femminile e dignitosa, per non parlare di che fine farà lo Sviluppo Sostenibile.
L’idea di estensione delle Zes favorendo la quantità e la qualità degli investimenti è stata da sempre una nostra richiesta facendo attenzione ad evitare possibili effetti di dumping interno, ovvero di competizione sleale, che già ne abbiamo tanta a partire dall’utilizzo dei contratti privati in molte aziende che “si fanno uno sgravio” di oltre il 40% contrattuale, oppure di codici Ateco non conformi, a queste criticità si aggiungerebbero le risorse da defiscalizzazione».
Per la Cgil «le aree Zes non dovevano essere aree a macchia di leopardo, ma un vasto comprensorio in continuità, nel quale insediare nuove aziende innovative, attraverso adeguate agevolazioni ed una semplificazione burocratica, che rendeva appetibili gli investimenti, così da dare un nuovo impulso industriale, ma anche commerciale, con un’idea generale di sviluppo, definita, ma a me sembra che manchi proprio l’idea generale e definita di sviluppo oppure se c’è non è esplicitata, e non possiamo correre il rischio che la “piattaforma” mediterranea Sud Italia diventi un unico immenso spazio cementificato dove stoccare prevalentemente merci e semi lavorati esteri da avviare, come un nastro trasportatore in altre aree del mondo o Italia.
Senza contare il rischio che possa esserci soltanto un trasferimento di attività già insediate altrove.
Per questo oltre ai sempre facili entusiasmi occorre massima attenzione, partecipazione, visione dello sviluppo che vogliamo per i prossimi 50/100 anni … nell’utilizzo delle risorse disponibili e nella verifica delle attività che intendono accedere alla Zes».
Secondo Fiordellisi, «debbono essere aziende che creino occupazione incrementale e non sostitutiva, abbiamo tante esperienze negative in tal senso, per cui la tentazione di riciclare l’esistente, soprattutto in situazioni di crisi, per riaprire sotto nuove insegne deve essere evitato. La definizione ed integrazione tra infrastrutture materiali è fondamentale, come per le infrastrutture immateriali, per nostre aree periferiche montane solo in questo modo, garantendo la mobilità fisica e sociale dei cittadini si apporterebbero vantaggi a tutte e tutti e all’economia del territorio, rendendo raggiungibili tutti i nuclei industriali e i PIP locali, altrimenti il rischio concreto è di avere investimenti nelle aree del Sud morfologicamente ed ortograficamente più accessibili e semplici da raggiungere lungo le direttrici viarie».