Grande interesse ha suscitato la notizia, di qualche settimana fa, che a Napoli è stata siglata l’intesa sulle procedure per accelerare gli investimenti pubblici e privati a "burocrazia zero" per favorire la partecipazione degli investitori nel settore turistico. Venticinque amministratori irpini hanno firmato il progetto di sperimentazione "area pilota" ed hanno individuato il distretto agroalimentare della Città dell’Alta Irpinia con la finalità di lanciare la scommessa di un polo turistico di qualità, con la valorizzazione delle risorse enogastronomiche, artistiche, architettoniche ed archeologiche. tratta, in sintesi, di un progetto pilota di tutto rispetto che andrebbe arricchito dalla nuova strategia di sviluppo costituita dalle zone montane che attraggono attualmente un tasso di imprenditorialità superiore alla media nazionale. Di che cosa si tratta? Si parte dalla consapevolezza che l’Italia, in particolare quella meridionale e la nostra Irpinia, è un Paese di montagna e aree interne dove vivono milioni di persone. Complessivamente, se si considerano anche i comuni parzialmente montani, si tratta di undici milioni di persone, pari al 17,9% dell’intero patrimonio demografigo italiano. Il 76% di comuni di queste terre alte appartiene alla classe dei cosiddetti "comuni minimi " – con meno di due mila abitanti. Questi comuni, tra cui alcuni dell’Alta Irpinia, sono caratterizzato dalla ben note fragilità – carenza di servizi, invecchiamento e spopolamento, distanza dai grandi centri – costituiscono le zone "dell’osso", nel quadro del dualismo pianura- montagna teorizzato dal grande economista Manlio Rossi Doria. Oggi questo dualismo va riconsiderato – in termini progettuali – come reciproco arricchimento, anche in considerazione che la pianura ha scoperto che ben il 15,3% della ricchezza nazionale viene dalle terre alte, ossia dal "monte". La necessaria osmosi -investimenti, flussi turistici, costi accessibili dei servizi offerti, originalità dei prodotti enogastronomici, qualità ecologica dell’habitat- costuisce il presupposto per il successo dell’intero progetto. L’economista Marco Vitale, studioso del dualismo pianura-montagna, osserva che "in questa fase di trasformazione è necessario capire le nuove coordinate, la direzione possibile, il proprio contributo nella complessità globale. Poi una volta intuita la nuova direzione di marcia si deve iniziare il cammino, faticoso come un sentiero montano, ma ricco di soddisfazioni". Le "terre alte" sul piano nazionale, rappresentano oggi un potenziale economico enorme, perché il 18,7% dei comuni interamente montani rientra in un distretto industriale capace di generare quasi 48 miliardi di euro l’anno, con un tasso imprenditoriale altissimo dovuto alla riscoperta dell’antico fenomeno che gli studiosi più accorti chiamano "economia fondamentale". Si tratta di attività territorializzate che mantengono con il territorio duraturi rapporti di reciproca e circolare valorizzazione. A fronte di queste nuove prospettive di sviluppo, apprezzata la lungimiranza progettuale e politica degli amministratori irpini, è necessario che gli stessi promuovano l’imprenditorialità diffusa, valorizzano le diversità e guardino alle zone di montagna come a dei veri modelli di sviluppo con grande spirito di solidarietà: chi sta in alto guarda più avanti.
edito dal Quotidiano del Sud