Siamo alla vigilia di una serie di incontri che potranno delineare il futuro del settore Automotive in Italia. Il 5 e il 7 agosto, nel faccia a faccia che ci sarà tra organizzazioni sindacali di categoria e il governo italiano, si tenterà di definire le strategie da adottare.
Se da un lato c’è una crisi produttiva, dall’altro tiene banco la questione della transizione all’elettrico. Su questo punto l’Italia è ai margini del piano di investimenti che Stellantis, leader del settore, sta portando avanti tra Stati Uniti e i Paesi dell’Europa centrale.
Una crisi che si è riflessa in quasi tutti gli stabilimenti italiani, da Mirafiori a Melfi. Dalla cassa integrazione al contratto di solidarietà, passando per gli incentivi per le uscite volontarie. Il quadro è costellato di ammortizzatori sociali.
In controtendenza il futuro a medio-lungo termine dello stabilimento irpino di Pratola Serra. Dalla fine 2024 sarà l’unico a fornire le motorizzazioni B2.2 diesel Euro 7 per tutti i veicoli commerciali del gruppo ex Fiat. Un percorso che dovrebbe portare la fabbrica avellinese a ripristinare i tre turni e puntare sulla piena occupazione già dal prossimo anno.
Una garanzia occupazionale che dovrebbe tenere almeno fino al 2030, ma sarebbe un errore spingersi troppo lontano con le previsioni. A governare questi processi è il mercato che nell’ultimo semestre ha già messo in seria difficoltà il gruppo guidato da Carlos Tavares, facendo segnare dopo tre anni di crescita un’inversione di tendenza negativa: tra autovetture e furgoni commerciali le unità prodotte sono calate dalle 405.870 del 2023 alle 303.510 del 2024.
Calo che ha investito in Irpinia la Denso di Pianodardine. Il produttore di sistemi di refrigerazione per abitacolo ha programmato 239 esuberi a causa del rallentamento delle commesse e dell’avanzare dei motori a trazione elettrica.
Nessun segnale di crisi all’orizzonte per Pratola Serra, ma questo lascia intendere quanto sia precario il futuro senza una politica industriale solida.