Continua a dividere il film di Sorrentino ma non può lasciare indifferenti. Ed è tutto esaurito anche nei cinema d’Irpinia, dal Partenio, dove è stato presentato in anteprima alla presenza di Peppe Lanzetta, nell’ambito della rassegna dello Zia Lidia, al Multiplex, dal Nuovo di Lioni al Carmen di Mirabella. Merito di un linguaggio assolutamente personale, iperbolico, capace sempre di evocare, attraverso un bagaglio ricchissimo di assonanze e richiami che attraversano territori e tematiche molteplici, a partire dalla riflessione sull’esistenza e sull’identità della città di Napoli. Un vero fenomeno in tempi in cui il cinema continua ad essere in crisi, a vantaggio delle piattaforme. Un dibattito che imperversa anche su Facebook con estimatori e non.
Entusiasta la scrittrice Emilia Cirillo “Per quello che vale il mio giudizio, Partenope è un film bellissimo. Sorrentino non racconta storie, ma emozioni. E lo fa nel suo modo barocco, paradossale, dissacratorio, ma anche disperato e romantico. La giovinezza è lo scrigno dei ricordi, la vera “stagione”della nostra vita. Quello che verrà dopo sarà perdita. “Quando si impara a vedere?”chiede Partenope al professore Marotta. “Quando viene a mancare tutto il resto.” risponde lui. Fotografia splendida, luoghi indimenticabili (Le ville di Posillipo sono una specie di entità paradisiaca in terra), dialoghi fulminanti, Silvio Orlando, Peppe Lanzetta bravissimi . La protagonista è un incanto irraggiungibile, come deve essere una sirena. Solo la cultura e la lontananza medica il dolore e salva Partenope, questa è la morale della favola. ( che è poi un po’ il senso di Ferito a morte di La Capria, di cui si avverte l’eco.) Anche se questa scelta ci condanna ad una vita di solitudine che si affronta, senza nostalgia. Dimenticavo un bravo a Stefania Sandrelli e ai due giovani attori che interpretano Raimondo e Sandrino, Daniele Rienzo e Dario Aita, i veri amori di Partenope, una perturbante Celeste Della Porta. E grande grande Napoli, la città più bella e martoriata del mondo. Lunga vita al genio che è Paolo Sorrentino”.
“Un gran film – sottolinea Luisa Bocciero, docente al liceo Virgilio – Magnetica, eppure distante come una struttura antropologica, la protagonista, che rifiuta ogni risoluzione della tensione emotiva e degli incontri surreali, ogni banalizzazione e oleografia. Straordinari Peppe Lanzetta e Silvio Orlando, quest’ ultimo in un ruolo chiaramente ispirato al grande antropologo Alfonso Maria di Nola, affascinanti e oniriche le scene alla Gajola e all’ Accademia Pontaniana. E la frase che accompagna all’ uscita e’ assolutamente geniale”
“Parthenope – scrive Vinia La Sala – è tutto e niente, una composizione divina di contraddizioni, proprio come la città alla quale dà origine, che spiazza continuamente e ti conduce fino al ciglio del burrone, dove un passo in più risulta fatale. Questa figura, che sembra prendersi gioco di tutti con leggerezza e un’immensa curiosità per la vita, attraversa ogni essere umano che incontra sul suo cammino. Non si ritrae lei, ma avanza oltre le apparenze di coloro che incrocia. Gli universi maschili e femminili che si muovono sullo schermo dinanzi al suo inaccessibile mistero si levano la maschera, quasi a farle onore delle proprie fragilità, e lei accoglie senza giudizio. C’è una forza di critica nel film, una rivelazione che è sia stereotipo che verità. Quella che ognuno, negli anfratti della propria mente o cuore, porta dentro di sé. È il singolo osservatore che stabilisce con se stesso se accogliere la verità, per crescere e maturare, o difendersi dallo stereotipo, giustificando una certa indolenza e rimanere dove ci si trova. Magistrale Silvio Orlando (mi ha fatto commuovere!), contrappeso perfetto al baluginio di Parthenope, è l’uomo che a sua volta la aiuta a scoprire se stessa, fino a farle intraprendere quella carriera di cui sarà la naturale erede. E’ Orlando che le svela il dono che ha sempre posseduto: Parthenope sa vedere.“
Più critico lo scrittore Franco Festa “Parthenope: non emoziona. Decadente, di un estetismo esagerato, di una presunzione cosmica, con qualche sprazzo di magica bellezza in un oceano di noia. Un film sulla giovinezza nel quale solo gli attori adulti o vecchi meritano menzione”.
Pellicola difficile da valutare per Roberto Montefusco, segretario provinciale di Sinistra Italiana “Penso che anche per i film valga quello che diceva a proposito della poesia il Postino Mario Ruoppolo a Pablo Neruda, ovvero che finiscono ad un certo punto per non essere più di chi li scrive, ma di chi li guarda. E guardandoli ci mette il proprio vissuto, la propria percezione del racconto, la propria sensibilità. E dunque ho visto la bellezza struggente della protagonista, Parthenope, una ragazza, una donna che quasi viene accostata a una dimensione divina, che forse vuole essere anche la metafora della città di cui porta il nome. Una città matrigna, da cui si avverte sicuramente una distanza, talvolta anche sprezzante, forse ricomposta nella scena finale. Peppe Lanzetta e Silvio Orlando sono autori di interpretazioni straordinarie. Raccontando personaggi profondamente divaricanti nel corso morale, se così si può dire, della loro vita e del racconto stesso del film. Resta, come sempre in Sorrentino, tanto di inevaso. Mi pare di capire per sua stessa ammissione. Ma non me la sentirei di dire che il film non abbia cifra e spessore artistico. Se non altro, in tempo di botteghini vuoti, riempie le sale e fa discutere fuori da esse. Non mi pare poco. E non mi pare casuale”.
Il critico cinematografico Andrea De Vinco spiega come “Parthenope è una lunga sequenza di passaggi di testimone, spesso apparentemente slegati, ma uniti dalla vocazione ecumenica di Napoli, che nel suo ventre accoglie tutto e tutti, protetta dal mare e dalle sue onde.”
Rosaria Gasparro parla di un film “Eccessivo, baroccheggiante, disturbante. Un lungo rotolo del tempo e dentro c’è di tutto, troppo, sempre in bilico tra il poetico e il grottesco, tra il sontuoso e il ripugnante, tra la maestosità dei paesaggi e la desolazione degli esseri umani, tra il puro e il volgare, tra ricchezza e degrado. Un film dove tutto si aggiunge e niente si sottrae. Anche la bellezza abbacinante di Parthenope – metafora della città – esibita in maniera ossessiva, con una narrazione come una condanna dalla trama lieve, in cui il femminile rimane avviluppato nella seduzione e nella sessualità senza desiderio, tra innocenza e malizia, sospeso come i bikini lasciati ad asciugare, con la giovinezza che si perde come nell’esergo di Céline “Certo che è enorme la vita. Ti ci perdi dappertutto”.
Maria Antonietta Mattei spiega di non aver mai amato Sorrentino “Un Fellini senza poesia. Astuto nella scelta degli attori, anche se c’ è molta esaltazione per alcuni Lui parla della Napoli vendibile, di chi non la vive nella quotidianità e di chi calca i luoghi comuni che gli altri si aspettano di vedere. Oramai c’è la globalizzazione…”
E’ Lello Pagnotta del cinema Partenio a sottolineare l’ottima risposta del pubblico fin dai primi giorni di programmazione “La pellicola sta andando molto bene, il nome del regista esercita un forte richiamo sugli appassionati, proprio come l’ambientazione legata alla città di Napoli che contribuisce ad accrescere la curiosità nei confronti del film. Poi c’è il passaparola, del film si parla quasi ovunque. Con lo Zia Lidia abbiamo, inoltre, organizzato un’anteprima con la presenza di alcuni attori del film e il cinema era strapieno. Anche questi eventi consentono di mantenere alta l’attenzione nei confronti della pellicola. A vedere il film sono persone di tutte le età, famiglie, giovani, coppie, cinquantenni. Il dato che emerge è che nelle sale si va quando c’è un buon film, altrimenti si preferisce restare a casa, sulla poltrona di casa. La crisi del cinema deriva dalla produzione di pellicole di bassa qualità”