Purtroppo Domenico Capossela è stato facile profeta: l’aveva detto ai lettori del Corriere dell’Irpinia a fine gennaio “…ora il racket ha puntato le aziende agricole dell’Alta Irpinia”, e nel giro di pochi giorni di incendi ‘sospetti’ nelle aziende agricole di Bisaccia e Morra De Sanctis se ne sono verificati ben 4, l’ultimo proprio questa mattina.
Ma il racket e l’usura si devono e si possono combattere e, soprattutto, si possono sconfiggere. Se ne può uscire. Lo abbiamo letto pochi giorni fa in questa intervista rilasciata al Corriere dell’Irpinia (nel numero cartaceo del settimanale uscito in edicola il 25 gennaio 2025), da Capossela, in qualità di presidente dell’associazione antiracket ‘Sos Impresa’. La sua è un’associazione a carattere provinciale che da decenni si occupa di offrire aiuto agli imprenditori finiti nella morsa della criminalità e che recentemente si è anche costituita parte civile nei processi Aste Ok e al nuovo clan Partenio: “Tutti gli imprenditori che negli anni si sono rivolti alla nostra associazione – ha detto Capossela – hanno ottenuto giustizia. Gli attentati che subivano sono cessati e hanno ricevuto anche un risarcimento dallo Stato. Perché insieme siamo più forti. Solo così possiamo opporci alle estorsioni. L’imprenditore che crede di potercela fare da solo sbaglia, alla fine rischia di perdere tutto”.
Un appello, quello di Capossela, che si è rivelato, purtroppo, una facile profezia: solo pochi giorni dopo la pubblicazione dell’intervista si è verificato un primo incendio di due capannoni agricoli a Bisaccia e qualche giorno dopo è stato distrutto da un rogo un deposito di rotoballe a Morra De Sanctis, e in ultimo, proprio oggi, 11 febbraio 2025, un altro incendio è in corso a Bisaccia.
Già a fine gennaio si stavano vivendo in Irpinia giorni ‘caldi’, visto che ad Avellino e in provincia si stava registrando un’escalation criminale preoccupante: “Ma noi lo stavamo dicendo già da tempo che non bisognava abbassare la guardia. Già sei o sette mesi fa denunciammo pubblicamente il fatto che in varie zone della provincia continuavano a verificarsi casi di incendi di automezzi e di capannoni, con un ulteriore elemento di novità rispetto al passato, e cioé che iniziavano ad essere colpite anche attività commerciali, soprattutto agricole, nella zona dell’Alta Irpinia. Però si diceva che l’auto si era incendiata per un corto circuito o che comunque erano fatti isolati, con il risultato di sottovalutare un fenomeno ben più grave. E ripeto, la novità è che mentre prima i fenomeni rimanevano localizzati tra Solofra, Avellino, Montoro, Vallo Lauro, ora viene coinvolta tutta l’Irpinia”.
Come si spiega questo allargamento del raggio d’azione della malavita locale?
“La delinquenza si va ad infiltrare lì dove c’è economia e dove girano i soldi. L’Irpinia è una provincia basata principalmente sull’attività agricola e quindi ora hanno iniziato ad attaccare anche queste aziende: i vigneti, i nocelleti, le castagne, il frumento… Prima nel mirino c’erano maggiormente altre attività, come per esempio il ciclo dei rifiuti, la concia, le confezioni, mentre ora che questi settori sono in crisi, la delinquenza ha spostato la sua attenzione altrove. Quindi abbiamo visto, già da alcuni mesi, il proliferare di atti intimidatori contro cantine o vigneti, derubricati però a fatti accidentali, mentre noi di Sos Impresa ribadiamo che non bisogna sottovalutarli: non erano e non sono dei semplici atti vandalici, come dimostra anche il recente ordigno fatto esplodere davanti la saracinesca di una formaggeria di Atripalda. Sono atti intimidatori che vanno a colpire l’imprenditore, e che l’imprenditore in genere sa da dove provengono e cosa significano.”
Da qui anche il rinnovato attivismo della vostra associazione e la ripresa delle interlocuzioni con le istituzioni locali…
“Sì. Abbiamo fatto per esempio un convegno una decina di giorni fa al circolo della stampa di Avellino, che come tema aveva appunto il racket e nonostante questo la sala era piena. Questo è già un buon segnale. E stiamo incontrando anche i rappresentanti delle istituzioni e delle forze dell’ordine. La sinergia in questi casi è fondamentale”.
Ma questa è solo una parte del vostro lavoro… anche perché la paura di un imprenditore vessato da richieste estorsive è anche quella di essere ‘punito’ per aver denunciato.
“Sì. Chi è oggetto di questi atti intimidatori spesso di convince, o quantomeno spera, di riuscire a risolvere la situazione da solo, nel bene o nel male. Ma così non risolve nulla. L’unica via d’uscita e rivolgersi a noi e alle autorità, perché insieme siamo più forti. Chi si rivolge a noi sa che tutto il lavoro viene svolto nel più completo anonimato. E abbiamo anche un pool di esperti e tecnici, avvocati, civilisti e penalisti, psicologi e commercialisti, che mettiamo a disposizione in forma gratuita e che seguono l’imprenditore lungo tutto il percorso, anche perché la legge Cartabia prevede che chi denuncia deve presentarsi già con un avvocato. Insomma, associarsi è l’unico modo per far cessare gli atti intimidatori e per uscire dall’incubo. I nostri dati lo certificano”.
Di che numeri stiamo parlando?
“In quindici anni di attività abbiamo presentato denunce, e quindi abbiamo avuto adesioni all’associazione, per 90 imprenditori, in tutta la provincia di Avellino. E in tutti questi 90 casi gli atti intimidatori sono cessati e l’imprenditore ha potuto accedere anche al risarcimento da parte dello Stato. La media è del 100%. E ci confortano anche le statistiche: l’anno scorso le denunce per racket ed estorsione sono diminuite del 20% rispetto all’anno precedente; e di usura del 50%. E questi sono due fenomeni che vanno quasi sempre a braccetto. E oggi quei 90 imprenditori stanno continuando le proprie attività: non ce n’è uno che non sia stato soddisfatto”.
Sarà un 2025 di nuove iniziative antiracket in Irpinia?
“Durante l’anno organizzeremo una serie di iniziative, convegni, seminari, premi per la legalità… continueremo ad andare nelle scuole, a parlare con le autorità, e soprattutto apriremo nuovi sportelli antiracket. Attualmente ce ne sono a Mercogliano, Atripalda, Montoro, Torre le Nocelle, Santa Lucia di Serino e a Taurano, ma contiamo di aprire anche in altre località ‘calde’, a San Martino Valle Caudina e a Grottaminarda”.
E ad Avellino?
“Una sede cittadina ancora non c’è, ma spero di avviare una proficua collaborazione con la nuova amministrazione Nargi e di far diventare il capoluogo, come è giusto che sia, un punto di riferimento antiracket per tutta la provincia di Avellino”.