di Leonardo Festa *
“Ce lo chiede l’Europa”, “l’Unione Europea è un mostro burocratico”, “l’Europa ci toglie libertà”.
Ecco alcuni dei luoghi comuni che circolano sui mezzi di comunicazione quando si parla di Unione Europea. Tuttavia, basterebbe un programma di mobilitazione internazionale per capire, attraverso una esperienza diretta, quanto la realtà sia diversa, complessa, viva.
Un gruppo di studenti e docenti del liceo classico Colletta è appena rientrato da un’esperienza indimenticabile a Granada: grazie ad un progetto Erasmus+, anche io ho avuto l’opportunità di confrontarmi per dieci giorni con il sistema scolastico spagnolo, scoprendo nuove prospettive e metodi di apprendimento.
In effetti, oggi Erasmus + vuol dire tante cose: programmi per studenti, ma anche corsi di formazione o periodi di job shadowing per i docenti. La nostra delegazione ha potuto partecipare a tutte queste opportunità, finalizzate a migliorare competenze professionali e a creare reti professionali. Ma non è tutto: abbiamo esplorato il ricco patrimonio culturale del territorio visitando Granada, Cordova, Soportújar, Pampaneira, Bubión e Capileira.
Tra le strade di Granada, abbiamo ammirato contaminazioni tra la cultura araba e cristiana: la Madraza, un’ex moschea del XIV secolo in stile mudejar; Albayzín, il quartiere arabo con strade strette e case bianche; Sacromonte, famoso per le sue grotte e la musica flamenco; l’Alhambra, fortezza e dimora monumentale araba simbolo della città in stile nazarì; la cattedrale, in cui l’arte gotica abbraccia quella rinascimentale e manierista.
Si impara anche vivendo esperienze: contemplare il tramonto del Mirador de San Nicolás; assaggiare Tapas, Pastelitos de hojaldre e salmorejo nei locali del centro; partecipare agli eventi del Milnoff, storico Festival di Flamenco della città.
Non potevano mancare le visite a Cordova (la città con più Patrimoni Unesco in Spagna, nota soprattutto per la Cattedrale-Moschea, con influenze arabe, visigote e cristiane), o ai piccoli centri delle aree interne, come Soportújar, il paese delle streghe o Pampaneira, in cui lungo le strette strade scorrono corsi d’acqua, tipici dell’architettura moresca. Creatività o paura del caldo? Parafrasando Borges, un tenue fruscio di acqua sembra esorcizzare memorie di deserti, ma racconta anche di astuzie lontane in grado però di creare ora una atmosfera unica.
Un viaggio come questo è sicuramente anche l’occasione per conoscere e condividere buone pratiche. Basta alzare lo sguardo. Camminando per le vie del centro si notano grandi vele ombreggianti montate tra i palazzi del centro storico; il verde domina nel cuore della città, e ovunque sono piantati alberi di arancio, anche davanti alla Cattedrale; molte case hanno mantenuto la struttura delle antiche Carmen, e prevedono un giardino/orto con alberi da frutto e fiori. Soluzioni semplici e di impatto, sia pratico che estetico.
Visitare una scuola e partecipare a laboratori con studenti del posto è stata poi una opportunità unica per confrontarsi tra pari con le espressioni culturali materiali e immateriali del territorio: si è spaziato dal flamenco e alla tarantella di Montemarano, esplorando anche il mondo della ceramica Fajalauza, prodotto tradizionale dell’artigianato di Granada, caratterizzata dai suoi motivi colorati bianchi e blu e dall’uso di decorazioni ricorrenti, come il melograno, frutto simbolo della città.
Ogni visita è stata occasione di dialogo, di immersione nella cultura locale, di scoperta delle radici storiche che ci uniscono e delle sfumature che ci distinguono. Infondo, l’Europa è come una palette di colori: siamo sfumature di pantone diverse di un’unica tinta, abbiamo qualcosa in comune con gli altri Paesi ma allo stesso tempo qualcosa che ci rende unici. E forse proprio raccontarsi a chi italiano non è o vedersi lontano da casa ci aiuta meglio a capire chi siamo.
“Di una città non godi le sette o le settantasette meraviglie, ma la risposta che dà a una tua domanda”, afferma Calvino nel suo capolavoro “Le città invisibili”. Ogni viaggio è sempre un viaggio verso sé stessi, e chi viaggia ha il dovere di capire, non solo di vedere.
Per acquisire consapevolezza di essere cittadini europei è allora fondamentale capire che l’Europa non è un’astrazione politica o economica, ma un insieme di persone, idee, energie in movimento. L’Erasmus non è una pausa dalla scuola: è scuola, nella sua forma più viva e dinamica.
Fare un progetto Erasmus significa superare i confini, non solo geografici, ma mentali. Significa offrire agli studenti e ai docenti l’opportunità di apprendere in un contesto internazionale, di sviluppare competenze trasversali, di costruire ponti invece di muri. In un mondo che spesso punta sulle differenze per dividere, l’Erasmus ci insegna a valorizzarle per unire.
Granada, con la sua storia e la sua accoglienza, ci ha insegnato molto. Ma soprattutto ci ha ricordato che l’Europa non è fatta di stereotipi, ma di esperienze vere, di relazioni autentiche, di progetti che lasciano il segno. E per questo, vale sempre la pena partire.
*docente del liceo Colletta