di Virgilio Iandiorio
Il poeta di Ariano Irpino, Nicola Prebenna, è risultato tra i vincitori del Premio Vitruvio-Le Muse – Confronto internazionale di Poesia, Narrativa, Saggistica XX Edizione 2025 Organizzato da: Associazione “Azione Culturale” di Lecce.
La silloge con cui Prebenna è risultato tra i vincitori del premio, sezione A libro edito di poesia, si intitola PER CIELI NUOVI E TERRA NUOVA, pubblicato nel 2024. Il nome del vincitore assoluto sarò reso noto alla cerimonia di premiazione che si terrà a LECCE il prossimo 20 settembre.
Il titolo del libro di poesie di Nicola Prebenna è preso dai versetti di Isaia: Ecco infatti io creo/ nuovi cieli e nuova terra;/ non si ricorderà più il passato,/ non verrà più in mente, ( 65,17); Sì, come i nuovi cieli/ e la nuova terra, che io farò,/ dureranno per sempre davanti a me/ – oracolo del Signore – / così dureranno la vostra discendenza e il vostro nome. (Isaia 66,22). Anche l’Apostolo Pietro ha scritto: “E poi, secondo la sua promessa, noi aspettiamo nuovi cieli e una terra nuova, nei quali avrà stabile dimora la giustizia. (seconda Lettera di Pietro 3,13). E nell’Apocalisse è scritto: “Vidi poi un nuovo cielo e una nuova terra, perché il cielo e la terra di prima erano scomparsi e il mare non c’era più” ( 21,1).
Il nostro Prebenna non è nuovo a volere indicare, con i titoli dei libri, la sua scelta, la sua formazione, la sua collocazione letteraria. In questo nostro tempo dove sembrano scomparsi i “centri di gravità permanente”, e che tutto navighi nell’etere senza meta, Nicola Prebenna è come se ci fornisse, con i titoli dei suoi libri, le coordinate del suo dire in poesia. Non solo per poterlo individuare, ma anche per seguirlo lungo la sua strada di pensieri, sentimenti, ansie e sogni, che traduce in parole.
Nella nostra vita c’è un “prima” che noi diciamo “la nostra storia”. C’è un “adesso”, che è l’ora che scorre velocemente. Noi vorremmo parlare del “dopo”. Il “dopo” è la nostra immaginazione, le nostre rimozioni, la nostra prefigurazione; esso è letteratura, filosofia, fiction. Il “dopo” offre inquietudine; oppure l’idea del riposo. Con il “dopo” la maggior parte della gente convive irriflessivamente. E così la mattina, quando ci svegliamo e diciamo “buongiorno”, noi pensiamo inconsciamente alle cose che sono “dopo”.
Come tutte le cose del mondo nascono e muoiono anche la nostra vita è destinata a finire. Eppure la metafora della vita che nasce e che finisce, non si può adattare al nostro essere. Perché in noi c’è qualcosa che non muore con l’ultimo nostro respiro. Nicola Prebenna indica nell’aspirazione alla santità qualcosa di divino che è in noi e che ci consente di vivere anche oltre la morte corporale.
Nicola Prebenna non ha pretesa di superiorità rispetto ai lettori. Non si sente poeta-vate, o poeta-veggente che sa interpretare i segreti celati nella natura e nell’animo dell’uomo, e afferrare il mistero del reale.
Il poeta sente la comunanza con gli altri uomini, condividendo con essi uno stesso destino di sofferenza. Il suo piacere consiste nel sapere suscitare nei lettori attraverso i suoi versi, quelle angosce intime che ogni essere umano condivide e in virtù delle quali si riconosce uomo.