Sono storie di fragilità e rinascita quelle che consegna Donata De Bartolomeis in “La bambina che salvò la principessa”, edizioni Il papavero. Storie di uomini e donne che hanno trovato la forza di vincere paure e debolezze, acquistando consapevolezza del legame tra corpo ed emozioni, facendo della loro fragilità un punto di partenza per tornare a fiorire. Naturopata specializzata in Kinesiologia emozionale, esperta di discipline olistiche, Donata De Bartolomeis ribadisce più volta la necessità di imparare a guardare al di là della superficie, quello che fa ogni giorno con i pazienti che varcano la porta del suo studio. Lo sottolinea Francesco Sellitto, presidente dell’Ordine dei Medici di Avellino, “Ho sempre ammirato la sua capacità di guardarsi dentro con coraggio e allo stesso tempo di guardare dentro gli altri con lucidità, piena di empatia (….) Le sue sono favole per adulti, per anime in cerca di senso, per chi ha toccato il fondo e ha trovato, dentro di sè, quel filo sottile ma potentissimo di resilienza”. “Credo sia questo il senso di questo libro: che nessuno sia privo della speranza di raggiungere il benessere, anche se il dolore fosse grande e profondo, sepolto nelle pieghe dell’io o frutto della cultura di un popolo o degli archetipi universali. La cura – spiega la psichiatra Annalisa Soddu – può passare anche attraverso un libro come questo anche grazie allo strumento della parola; la perizia usata nello scrivere, la perizia nell’uso della parola può dare al lettore un input benefico che può avviare il processo che porta al benessere”. Pasquale Areniello pone l’accento sulla capacità dell’autrice di entrare in sintonia con la sensibilità di chi gli sta di fronte “Donatella ha fatto suo il motto di Terenzio, appreso fra i banchi di scuola “Homo sum humani nihil a me alienum puto” e in nome di questo principio si è sempre calata, lei operatrice, nella persona che ha davanti, onde percorrere insieme, da alleati e da ‘compagni di tenda’, la strada che porta verso l’armonia. “Questo libro -chiarisce l’autrice – è un abbraccio a chi ha conosciuto quella solitudine silenziosa, a chi ha camminato sull’orlo del baratro delle proprie insicurezze, del proprio disagio. Sono storie di persone che sembravano smarrite, incapaci di vivere la vita che desideravano, soffocate da emozioni non dette e paure non confessate”. Storie come quelle di Luana, la bambina mancata, costretta fin da piccola ad essere sostegno del madre, fino ad assumere un posto che non era sua, ad essere sempre forte e a non chiedere mai nulla “La lacrime escono senza preavviso, non dagli occhi ma dal cuore. Perchè è vero. Lei non era stata figlia. Era stata madre di sua madre. Era stata la stampella, il rifugio, la spalla, il confidente. E nel farlo aveva perso sè stessa”.
De Bartolomeis ci ricorda che solo la verità libera anche quando fa male, che a volte basta avere il coraggio di rinunciare a essere eroi per accettare sè stessi con la propria storia. Storie come quella della bambina che salvò la principessa entrata nel suo studio per sapere di più del suo potere energetico. Aveva visto morire il padre e con lui anche la luce negli occhi della madre. Da allora aveva deciso di indossare una corazza per salvare la madre, una corazza che si portava dietro anche al lavoro e nel rapporto col marito e le figlie, poichè lei era quella forte, quella che regge tutto, che non si spezza mai “Ha accolto le sue fragilità come si accoglie una bambina che torna a casa dopo tanto tempo. Si lascia andare. Si lascia anche proteggere. Non cerca più draghi da uccidere o draghi da salvare. Perchè ha capito che la prima da salvare era lei”. Il viaggio che l’autrice invita a compiere attraverso strumenti come la spelealogia del sè e le costellazioni familiari è sempre quello di guardarsi dentro. Come prova a fare Luca che chiede aiuto dopo essere stato lasciato dalla fidanzata, un giovane che ha sempre cercato di controllare le emozioni, ordinato e spoglio, vittima di una madre troppo fredda e austera, che mai gli aveva manifestato il suo affetto. Ciò che conta, ci ricorda l’autrice, è essere presenti “Non per guidarlo ma per non abbandonarlo. Perchè il problema dell’infanza non è sempre il male subito ma più spesso è l’amore mancato. E la soluzione, a volte, è qualcuno che resta”. Comprendiamo così che persino rimedi come l’aromaterapia o la cristalloterapia sono atti di ascolto “E’ imparare a danzare con il respiro del rosamarino, la malinconia della lavanda, il fuoco del timo, il mistero dell’incenso. E’ ritrovare il proprio ritmo attraverso quello della natura”