La Procura di Avellino ha chiuso le indagini su un giro di riciclaggio di somme per milioni di euro create grazie ad operazioni inesistenti. Un’indagine che ha portato a due misure cautelari e venticinque indagati. Quelli per cui il pm della Procura di Avellino Luigi Iglio si prepara a chiedere il processo. ll procedimento,+ si è sviluppato nell’arco di tre anni, con il supporto delle Fiamme Gialle della Tenenza di Solofra e della Procura di Salerno.
La struttura del meccanismo di riciclaggio svelata dagli investigatori
Secondo quanto ricostruito dagli investigatori, al vertice del sistema vi era un’impresa “capofila” con sede nel Lazio. Questa emetteva fatture per operazioni inesistenti, destinate a tre società “ponte” o “buffer”. Le imprese intermediarie smistavano poi la documentazione a una rete di almeno diciassette società “cartiere”, intestate a prestanome privi di reale attività imprenditoriale, senza sedi né personale, e non registrati al Fisco.
I movimenti economici risultavano formalmente giustificati dalle fatture, ma in realtà consentivano la circolazione e la monetizzazione di somme tramite vaglia postali. Un dipendente delle Poste, operante nel salernitano, avrebbe agevolato alcune operazioni, ed è stato raggiunto da una misura interdittiva.
La Procura aveva chiesto otto misure cautelari (tre in carcere, tre ai domiciliari e due interdittive). Il giudice per le indagini preliminari di Avellino, Giulio Argenio, ne ha concesse sette, di cui due ai domiciliari, oltre a sette interdittive. Per uno degli indagati la richiesta è stata respinta.Gli indagati, assistiti dagli avvocati Gaetano Aufiero, Mimmo Iommazzo, Massimiliano Russo, Stefano Vozella, Roberto Flammia e Raffaele Moretti, avranno ora venti giorni di tempo per presentare memorie difensive o chiedere di essere ascoltati dai magistrati. Resta fermo, come stabilito dalla legge, il principio di presunzione di innocenza fino a eventuale sentenza definitiva.