Il secondo tavolo della Due Giorni del Corriere si è tenuto questo pomeriggio al Carcere Borbonico a partire dalle 17: a moderare il direttore del Corriere Gianni Festa, al suo fianco il vicepresidente della Regione Campania Fulvio Bonavitacola, il senatore Enzo De Luca, il vicepresidente dei Cinque Stelle Michele Gubitosa (commissione parlamentare antimafia), l’onorevole Gianfranco Rotondi, l’ex presidente della Provincia di Avellino e il deputato del Pd Tony Ricciardi. In platea,
in prima fila, oltre al prefetto Rossana Riflesso, il commissario straordinario del Comune di Avellino Giuliana Perrotta, il questore Pasquale Picone, anche il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi, con il quale il direttore si è poi intrattenuto per una successiva intervista singola.
“Viviamo un periodo in cui i cittadini guardano con sfiducia alle istituzioni”, ha esordito il direttore Festa. “Senza credibilità la politica perde la sua funzione più importante, guidare la società verso il bene comune. Oggi con i nostri autorevoli ospiti vogliamo capire quali sono le cause di questa crisi e quali strumenti concreti possono ridare fiducia ai cittadini”.
Rotondi: “Ho chiesto di parlare io per primo perché devo poi andare nelle Marche per la campagna elettorale, mi hanno chiamato perché quando il risultato è in bilico chiamano sempre noi democristiani. Berlusconi è stato il fondatore del centrodestra, ma anche del centrosinistra, perché non ci sarebbe mai stata l’unione in chiave antiberlusconiana. Ma molto è cambiato anche rispetto a quel tempo. Noi eravamo gemellati con la democrazia cristiana tedesca, ma quella è ancora protagonista della politica tedesca, la Dc italiana no. La socialdemocrazia tedesca è l’alternativa di governo, qui li hanno sciolti per via giudiziaria. In Italia si sono spenti i partiti perché si sono separate le identità culturali dalle organizzazioni politiche, sono rimaste le sigle, ma non i partiti. E’ il vero tramonto della democrazia repubblicana. Sono feice che la premier Meloni ostenti la sua matrice di destra, perché spero che seguano l’esempio anche le altre culture politiche. L’unica via di uscita per la terza repubblica è un ritorno alle identità culturali che diano origine anche a movimenti politici”.
Bonavitacola sul ruolo delle Regioni come enti di programmazione e sull’autonomia differenziata: “La sinistra tendenzialmente non era entusiasta delle Regioni, ma poi si convinse, perché si trovò una formulazione condivisa sulla spartizione dei poteri. Era il 1970. La sinistra si rese conto che poteva andare al governo dell’Italia e quindi nacquero le regioni rosse, Umbria, Emilia Romagna, Toscana… Oggi il bilancio lo si deve fare sulla spartizione di quei poteri. Abbiamo un episodio recente, che ha riguardato proprio il presidente della Regione Campania, sul terzo mandato. La Corte Costituzionale ha preso una decisione secondo me sbagliata, ma lo ha potuto fare perché non è chiaro il confine di quei poteri. Serve una distinzione più chiara. Abolire le Regioni? E’ una cretinata. Vi immaginate durante il Covid cosa sarebbe successo? La gestione è stata invece un successo perché le Regioni hanno retto nel far funzionare le strutture sanitarie locali, gli ospedali… abbiamo dato una prova importante. E in tante altre materie possiamo pensare che possano decidere a Roma? Per esempio sulla scelta delle aree idonee ad ospitare pale eoliche e altre fonti di energia rinnovabile. Quindi resta questo problema di ridefinizioni dei compiti. Ci sono Regioni che funzionano ed altre no, come ci sono classi dirigenti capaci e altre no”.
Enzo De Luca sul cambiamento dei partiti politici nel Mezzogiorno. “Non possiamo essere indifferenti al crescente astensionismo, che ha raggiunto picchi del 50%. Non possiamo affidarci alle candidature senza cultura e senza storia”.
Giuseppe Gargani: “La crisi dei partiti è evidente. Registrerei la fine di queste organizzazioni politiche che garantiva il rapporto tra cittadini e istituzioni. Ritengo che ci siano molte cause nazionali e internazionali per il passato che hanno determinato questa crisi ideologica e organizzativa, oggi ci sono solo movimenti elettorali, che rispondono ad un populismo provocato da Tangentopoli. La narrazione fatta su Tangentopoli è sbagliata: i magistrati di Milano ritenevano che il finanziamento ai partiti fosse di per sé corruzione, ma se i cittadini avessero capito che la grand parte dei politici non era corrotta, non si sarebbe rivoltata contro le istituzioni. Credo che la soluzione data dal ministro Nordio per la divisione dei ruoli che ieri è stata approvata in terza lettura dalla Camera, sia in parte giusta, perché hanno ruoli diversi, ma c’è carenza grave di aver stabilito che i rappresentanti del Csm verranno sorteggiati. Tutto questo porta a individuare oggi una carenza politica che è sotto gli occhi di tutti. Per tutto quello che è accaduto nella città di Avellino dove il civismo ha superato qualcunque caratterizzazione politica. In passato c’era una classe dirigente votata alla politica e preparata, oggi la carenza, anche qui, è che non c’è una preparazione di una classe dirigente politica, che sappia risolvere i problemi. Da De Sanctis in poi ci sono state in Irpinia grandi personalità politiche che hanno controbuito a modificare l’ambiente e ad affrontare le poltiiche del Mezzogiorno. Avevamo una lungimiranza. Era una classe dirigente che sapeva quale era il ruolo di capoluogo di Avellino e delle aree interne. Oggi dobbiamo riscoprire una realtà che chiede di essere ben gestita. Noi dobbiamo trasmettere alla nuova generazione questo grande amore per la nostra vecchia civiltà, quindi uno come me della vecchia classe dirigente non può non dire che questa inziativa della Due Giorni è un impegno prezioso per la società civile”.
Michele Gubitosa sul conflitto tra magistratura e governo: “Non c’è un conflitto governo magistratura, ma Meloni sta portando avanti delle bandierine elettorali, ma così corriamo il rischio che non si risolva il problema. La maggioranza ha accompagnato la riforma annunciando il problema delle condanne sbagliate, molti citano il libro di Palamara che dice che pm e giudici hanno più poteri del governo, ma dipendenti infedeli ci sono in tutti i settori. Questo problema comunque c’è, c’era e ci sarà: questo provvedimento Nordio non lo risolve. Se li dividi sulla carta, il problema non si risolve. C’è anche un problema di fuga di notizie, ma anche questo non si risolve con la divisione delle carriere”.
Clemente Mastella sull’implosione della Dc e sull’equilibrio delle forze politiche e sulla sua idea di centro: “La Dc era un sistema stellato, con pianeta e satelliti. Ma forse è finita perché era semplicemente invecchiata, bisogna guardare ad orizzonti nuovi. Nessuno è riuscito a mettere in piedi partiti che ne fossero eredi, l’unica esperienza abbastanza solida fu il Ccd con Casini e poi la Margherita. Poi la fusione a freddo con l’ex Pci ha prodotto un Pd che arriva al massimo al 20%. Ora se uniamo gli sforzi ce la facciamo. Se pensate ai trasporti vediamo che siamo fermi ed è avvilente. Ma se queste nuove classi dirigenti riprendono il filone demitiano, credo che Avellino e Benevento possano ancora eccellere nella qualità e nell’intelligenza creativa”.
Ricciardi sulla crisi della politica: “I bisogni ci sono ma la politica non c’è. C’è stato un tempo nel quale alle esigenze e alle domande riuscivi a dare 4 risposte, oggi riesci a darne lo 0,1. Noi abbiamo vissuto in una democrazia bloccata, immaginando che Avellino fosse l’ombelico del mondo, ma non lo è mai stato. C’è stato un taglio della rappresentanza in Parlamento delle aree interne. La democrazia ha un costo, e ha bisogno di pesi e contrappesi. Vale anche per la riforma della giustizia. La politica potrebbe tornare a generare l’ascensore sociale, ma deve smettere di essere politica per censo, ma di massa. Io sono l’ultima generazione che ha fatto le giovanili del partito e grazie a questo ho girato l’Italia e imparato la politica che per censo non avrei potuto fare”.
Cosimo Sibilia, tra i fondatori in Irpinia di Forza Italia, poi cosa è diventato quel partito?: “Ho fondato Forza Italia nel 1994 e dopo 27 anni c’è stata qualche difficoltà e fondamentalmente è maturata una incompatibilità con il coordinatore regionale attuale, quindi ho fatto un passo indietro. In quei 27 anni ho difeso la nostra provincia, per esempio quando c’è stata l’emergenza rifiuti, la battaglia contro la discarica sul Formicoso. Abbiamo difeso la nostra provincia anche durante la crisi della sanità con la chiusura degli ospedali. Sono stato l’ultimo presidente eletto della Provincia e oggi faccio fatica a vedere un presidente che non ha una giunta, non ha un consiglio… Stiamo andando verso il precipizio. Lo vediamo anche nella nostra nostra città. Dobbiamo andare oltre gli steccati ideologici. Apprezzo la coerenza di Fratelli d’Italia che alle ultime Amministrative di Avellino ha presentato una lista di bandiera. Ma alla fine ha vinto una parte civica con i voti di parte del resto del centrodestra”.
Bonavitacola sull’emergenza idrica in Irpinia: “La Regione ha fatto moltissimo, senza questi interventi oggi probabilmente l’Alto Calore sarebbe un ricordo. Non voglio fare l’analisi di responsabilità per questa esposizione debitoria così importante, ma posso dire che dopo 40 anni abbiamo chiuso un accordo con la Puglia per i ristori ambientali. Abbiamo deciso che il 50% per cento del ristoro venisse trasferito all’Alto Calore Servizi. Abbiamo assunto su di noi alcuni costi importanti di alcune grosse reti, 80 milioni di euro per il contrasto alla dispersione di acqua. La situazione è ancora molto critica: è chiaro che le ricadute di una politica di investimenti che non è stata fatta negli anni passati non può avvenire rapidamente. Ma sarebbe un’assurdità che proprio nel territorio che è il più grande bacino idrico d’Europa, fossimo costretti a rinunciare alla gestione pubblica, cosa che avverrebbe se Alto Calore non ce la facesse a restare in piedi. Non vedo cosa avremmo potuto fare, come Regione, di più. Confido nelle amministrazioni locali e in una loro presa di coscienza e di responsabilità”.
Gubitosa sul percorso dei Cinque Stelle ad Avellino: “L’esperienza del nostro sindaco Vittorio Ciampi finì presto perché era un’anatra zoppa, cioé fu eletto senza avere anche la maggioranza dei consiglieri. Poi si è visto cosa è successo: è stata eletta un’amministrazione che non aveva a cuore gli interessi dei cittadini. Ma più che parlare del passato, penserei al futuro: ora dobbiamo capire cosa fare per la nostra provincia, per le future Amministrative di Avellino, dobbiamo essere uniti, anche a prescindere dalla destra e dalla sinistra. Se un’idea è giusta non può essere questo il discrimine. Bisogna guardare meno agli interessi dei partiti e essere uniti per gli interessi dei cittadini”.
Ricciardi sulle aree internte: “Serve una progettazione nuova. La piattaforma logistica è una cosa di 30 anni fa, come anche la Lioni Contursi. Quello che serve per guardare al futuro è capire meglio su cosa lavorare. Questa provincia non è uguale a tutte le sue latitudine. Ricordo la narrazione delle 100 Irpinie: ci sono pezzi che sono cresciuti e altri che si sono svuotati. Citando don Milani non puoi fare parti uguali tra diseguali”.



