di Michele Ciasullo, Floriana D’Ambrosio e Stefania Coppola Andreottola
Introduzione
La medicina di oggi vive un tempo straordinario e difficile. Mai come ora la scienza ha saputo offrire tanto: diagnosi rapide, cure personalizzate, intelligenze artificiali che analizzano dati e predicono scenari. Eppure, in questa corsa verso il futuro, qualcosa rischia di restare indietro: l’essere umano.
Troppo spesso la cura si misura in parametri, numeri e procedure. Eppure la malattia non è mai solo un insieme di sintomi: è una storia, un volto, una paura, una speranza. È l’incontro tra fragilità e fiducia.
L’Umanesimo di Prossimità nasce da questa consapevolezza: non per opporre la tecnica all’umanità, ma per unirle in una nuova alleanza. Una medicina capace di vedere la persona prima della patologia, di curare con la scienza ma anche con la presenza, di restituire al medico la sua missione più antica e al paziente la sua dignità più profonda. È tempo di una medicina che non separi la competenza dalla compassione.
Principi Fondanti
La persona prima della malattia
Ogni paziente è una storia unica. Dietro ogni diagnosi c’è un nome, una voce, un mondo. La medicina non può ridurre l’essere umano a un caso clinico: la diagnosi è solo un capitolo, non il libro intero. Curare è leggere quel libro con rispetto e attenzione, parola per parola.
La prossimità come metodo
Curare significa avvicinarsi. Non solo con le mani o con la mente, ma con il cuore. Essere prossimi vuol dire esserci: con uno sguardo, con il silenzio giusto, con una parola che consola. È la medicina invisibile che sostiene tutte le altre.
Tecnologia al servizio, non al comando
Le macchine, i dati, gli algoritmi sono strumenti preziosi. Ma restano strumenti. Non sostituiscono la presenza del medico né l’incontro tra due persone. Se guidata da coscienza ed etica, la tecnologia diventa una mano che amplifica la nostra umanità, non che la rimpiazza.
Educazione integrale alla cura
Un medico deve conoscere il corpo, ma anche l’anima. Deve sapere di chimica e di compassione, di biologia e di bellezza. Filosofia, letteratura, arte ed etica dovrebbero tornare nei luoghi della formazione sanitaria, perché curare è anche comprendere ciò che rende umano l’essere umano.
Partecipazione e corresponsabilità
La cura non è un atto unilaterale. È un cammino condiviso, dove medico e paziente collaborano come compagni di viaggio. Il paziente non è destinatario passivo di decisioni, ma protagonista di scelte condivise. La fiducia nasce nel dialogo, non nella delega.
Comunità e solidarietà
La guarigione è sempre anche un fatto collettivo. Nessuno guarisce da solo: le famiglie, le comunità, le reti di vicinanza sono parte integrante della cura. La medicina deve guardare non solo al corpo del singolo, ma al corpo sociale, per costruire salute insieme.
Etica della dignità
Ogni vita, in ogni condizione, porta in sé un valore inalienabile. La dignità della persona deve guidare ogni scelta medica, ogni gesto, ogni parola. Senza discriminazioni, senza riduzioni utilitaristiche. Perché la cura, prima di essere una scienza, è un atto d’amore verso la vita.
Linee di Visione
Una medicina che ascolta: che dedica tempo alla relazione, che considera la parola parte della terapia.
Una medicina che accompagna: vicina nei momenti della guarigione e in quelli della fragilità, della cronicità, della fine della vita.
Una medicina che integra: scienza, tecnologia e umanità in un unico orizzonte.
Una medicina che ispira fiducia: fondata sulla competenza, sulla trasparenza, sulla sincerità e sul coraggio della prossimità.
Conclusione
L’Umanesimo di Prossimità non è un ritorno nostalgico al passato, ma una spinta verso il futuro. È la scelta di credere che la medicina non sia solo ciò che cura il corpo, ma ciò che custodisce la vita nella sua interezza.
Una medicina che unisce la precisione della scienza alla tenerezza dell’ascolto. Che non teme la tecnologia, ma la orienta con la bussola della coscienza. Che non si accontenta di guarire, ma si impegna a prendersi cura.
Solo una medicina che sa vedere l’uomo prima della malattia sarà davvero all’altezza del nostro tempo. Perché la cura più potente che possiamo offrire è la nostra umanità.
Proposta aperta:
Chi condivide questa visione può contribuire con idee, parole, esperienze.
Questo manifesto non è un punto d’arrivo, ma un invito:
a pensare, a sentire, a costruire insieme una medicina più umana e più vicina.
Michele Ciasullo
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