“La legge da sola non può bastare”. Lo sottolineano con forza l’avvocato Giovanna Perna e la psicoanalista Laura Storti, in occasione dell’inaugurazione della mostra “Com’eri vestita?”, promossa dal Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Avellino, alla presenza degli studenti del liceo Colletta. Una mostra che si carica di un valore più forte all’indomani della proposta legislativa finalizzata a riformare la disciplina del consenso in ambito di violenza sessuale. E’ Giovanna Perna del Comitato Pari Opportunità a sottolineare come “La riforma nasce dall’esigenza di disciplinare meglio questo tema, più volte oggetto di sentenze discusse. Ma è chiaro che speravamo che non ci fosse bisogno di legiferare sulla necessità del consenso da parte della donna. Purtroppo, la strada da fare per contrastare le violenze di genere è ancora lunga”.
E’ la psicoanalista Laura Storti a ribadire come “Il dato con cui dobbiamo fare i conti è che la violenza contro le donne e il crimine dello stupro continuano a persistere, nonostante i progressi normativi. Paghiamo il prezzo di una cultura come quella italiana che continua ad essere profondamente maschilista. Basti pensare che solo nel 1996 abbiamo ottenuto il riconoscimento dello stupro come reato contro la persona, e non più contro la morale pubblica. Da quel momento, molte sono state le leggi varate per tutelare le donne, ma non sono bastate a ridurre in maniera significativa il fenomeno della violenza. Le leggi sono necessarie ma non bastano. Perché la violenza contro le donne è un fenomeno che è sempre esistito, in ogni epoca, in ogni parte del mondo, e colpisce donne di tutte le classi sociali e di ogni cultura. Allo stesso modo gli aggressori provengono da ogni ceto sociale e da ogni livello culturale. E’ un dato che non possiamo ignorare. Questa nuova legge stabilisce chiaramente che, laddove non vi sia consenso, un atto sessuale è considerato stupro. Semplice e diretto: “Se dico sì, dico sì; se dico no, dico no.”. Eppure, ci ricorda Storti, “Il problema risiede in un’area grigia del consenso, un’opacità che va ben oltre la semplice verbalizzazione di un “sì” o di un “no”. E’ evidente che il consenso in ambito sessuale è un concetto complesso. La sessualità, infatti, non consente un consenso pienamente informato. Noi, nella vita quotidiana, firmiamo consensi informati per le analisi mediche o per interventi chirurgici, ma quando si tratta di sessualità, il quadro cambia radicalmente. Il consenso è ambiguo perché, in fondo, non è facile definire a cosa si acconsenta in una relazione e come si manifesti questo consenso. Non si può non tenere conto del fatto che l’individuo è sempre diviso tra una parte cosciente, razionale, e una parte inconscia, che ci guida nei desideri e nelle pulsioni. Posso volere una cosa e, nello stesso tempo, desiderarne un’altra. E il desiderio è un fenomeno inconscio. Così, quando due ragazzi si incontrano una sera, anche se fossero in grado di firmare un accordo preventivo—come avviene in alcuni paesi—la realtà dell’esperienza sessuale resterebbe sempre un’incognita. Il corpo, in questi casi, è estraneo al soggetto, come diceva Jacques Lacan. È un mistero, una reazione che sfugge al controllo. Ecco perché la legge, pur necessaria, non può essere sufficiente”. Di qui la consapevolezza che “La vera sfida sta nella consapevolezza, nella comprensione di sé, del proprio corpo e del corpo altrui, nel rispetto reciproco. Riconoscere l’alterità nell’altro e rispettarla è il primo passo per costruire una cultura che non tolleri la violenza. Mentre spesso l’altro è percepito come un nemico, come qualcosa di estraneo e minaccioso. E’ una dinamica inconscia che ci appartiene. Come ci spiegava Lacan, il desiderio è qualcosa di profondamente personale e intimo, ma anche complesso e ambivalente. La legge può essere un passo avanti, ma non basta ad arginare il fenomeno della violenza. È necessaria una maggiore consapevolezza della propria sessualità, dei propri desideri, dei propri modi di godere. In questo senso, il movimento #MeToo ha avuto un’importanza fondamentale. Ha mostrato alle donne che è possibile dire “no”, ma ora è necessaria una riflessione più profonda. Ogni donna vive un’esperienza unica e personale. Non esiste mai una risposta universale alla sofferenza, anche a quella che deriva da un incontro sessuale negativo. Ogni donna dovrà parlare del proprio trauma singolare e affrontarlo in modo personale. Perché è attraverso l’elaborazione del trauma che si ricostruisce se stessi. Niente sarà più come prima, ma il processo di cura e consapevolezza è essenziale per andare oltre”.
E’ il comandante dei carabinieri di Avellino Angelo Zito a porre l’accento sulla rete costituita da Istituzioni, forze dell’ordine e servizi sociali, a partire dai Centri Antiviolenza per contrastare femminicidi e qualsiasi forma di abuso. “Queste iniziative testimoniano l’impegno dell’Arma sul fronte della violenza nei confronti delle donne, della violenza di genere, degli atti persecutori e dei maltrattamenti in famiglia. Seguiamo il 75–80% dei casi in tutta la provincia. Malgrado ciò, i casi sono ancora numerosissimi: maltrattamenti in famiglia, atti persecutori e anche violenze sessuali. E’ la conferma che la sola azione repressiva non è sufficiente. Pur disponendo di una legislazione moderna, in continua evoluzione — come dimostra, ad esempio, l’ultima novità introdotta dal legislatore in tema di consenso libero e attuale — e di una normativa in materia di atti persecutori che possiamo dire faccia scuola in Europa, ciò non basta. Nonostante gli operatori di Polizia siano sempre più preparati e i magistrati sempre più specializzati, i casi non diminuiscono. Evidentemente si tratta di un fattore culturale, di qui la necessità di incidere sulla cultura, sulla mentalità, sulla crescita della personalità dei nostri ragazzi, dei nostri cittadini. Eventi come questi consentono di portare avanti un percorso di sensibilizzazione tra operatori giuridici e popolazione comune, nelle scuole, tra i giovani, contribuendo a far cambiare in meglio, a far evolvere, la cultura e la mentalità di tutti. Altrimenti i casi continueranno a non diminuire. I dati dell’Arma fanno registrare un aumento di questi reati, nonostante la sensibilizzazione e l’attività di contrasto. Nel solo 2025 — dall’inizio dell’anno fino a oggi, con dati aggiornati al 17 e 18 novembre — siamo intervenuti in 149 casi di maltrattamenti in famiglia, 106 atti persecutori e ben 14 casi di violenza sessuale. Si tratta, però, di dati non completi, perché a questi va aggiunto un ulteriore 20–25% relativo ai procedimenti di competenza della Polizia di Stato”
Mentre il comandante della Guardia di Finanza Leonardo Erre ribadisce come “sia necessario partire dal valore del rispetto dell’altro. Un valore che dovete imparare ad applicare nel vostro quotidiano”. La consigliera pari opportunità della Provincia Emanuela Pericolo e la vice-capo di gabinetto Elisabetta De Felice sottolineano come “Sia necessario contrastare discriminazioni e pregiudizi che ancora caratterizzano la nostra società. Tante di noi donne devono ancora fare i conti con luoghi comuni legati all’aspetto fisico”. A partecipare all’incontro anche il Presidente dell’Ordine degli Avvocati, Fabio Benigni, che sottolinea l’impegno dell’avvocatura per far conoscere le novità legislative e formare le nuove generazioni e la Coordinatrice Campagne Amnesty International, Tina Marinari di Amnesty International che spiega come “Bisogna ribadire la cultura del rispetto, capire che l’altra persona ha il diritto di decidere del proprio corpo”. Di forte suggestione la mostra che sceglie di partire dalla domanda “Com’eri vestita?”, posta alle vittime di violenza in ogni contesto, dalle aule di giustizia alle caserme come a voler cercare un nesso tra violenza subita e abiti indossati. Un pregiudizio che la mostra, nata da un progetto di Jen Brockman, direttrice del Centro Prevenzione Abusi Sessuali dell’Università del Kansas, scardina in tutti i modi, attraverso testimonianze selezionate accuratamente. Testimonianze, lette dagli studenti del Colletta, che dimostrano come i violentatori siano datori di lavoro, familiari, colleghi, padroni di casa, amici e non abbia alcuna rilevanza l’abito indossato, che si tratti di un pigiama o di un talleur, di una tuta sportiva o di una camicia o pantaloni larghi.
Nel pomeriggio, sempre presso il Carcere Borbonico (Sala Grigia), spazio al confronto su “Solo Sì vuol dire Sì”, un approfondimento di alto livello scientifico e giuridico sul tema del consenso. con Giovanna Perna-Presidente del Comitato Pari Opportunità dell’Ordine degli Avvocati di Avellino, Emanuela Pericolo, Consigliera della Provincia di Avellino, Angelo Zito, Comandante Provinciale dei Carabinieri di Avellino. Relazioneranno Fausto Giumetti – Università degli Studi di Napoli “Federico II”, Francesco Raffaele – Procuratore Aggiunto presso la Procura della Repubblica di Avellino, l’avvocato Biancamaria D’Agostino – Consigliere Nazionale Forense, il Prof. Gian Marco Caletti – Ricercatore in Diritto Penale, Università di Bologna (in collegamento), Laura Storti – Psicoanalista, SLPcf e AMP; docente dell’Istituto Freudiano, Mariarosaria Famoso – Coordinatrice della Casa di Accoglienza per donne maltrattate “Antonella Russo”.
La mostra sarà visitabile il 21 e 22 novembre, dalle ore 9:00 alle 13:00 e dalle 16:00 alle 19:00.








