Un giorno di festa lo scorso otto dicembre, fiera dell’Immacolata. Con i ragazzini che non andando a scuola, da queste parti si ritrovano sotto la piazzetta a giocare a pallone in quel campetto di calcio a cielo aperto. Proprio quel giorno, in villa comunale, si è verificato un episodio, gravissimo, di bullismo. Che è comunque andato oltre. Un 14enne, brutalmente picchiato da un gruppo di coetanei, è finito in ospedale. Un pomeriggio di divertimento si è invece tramutato in incubo. A quel ragazzo, che ha subito diverse contusioni, perché lo hanno fatto rotolare per le scalinate della piazza, tentavano di togliergli il pallone. Solo per il gusto della prevaricazione.
I genitori avrebbero denunciato tutto alla stazione dei carabinieri della cittadina ufitana, hanno deciso di scrivere una lettera aperta destinata alla comunità grottese e alle istituzioni.”Scriviamo queste righe con la voce tremante e il cuore pesante, perché ciò che è accaduto a nostro figlio la sera dell’8 dicembre, nella villa comunale di Grottaminarda, non è soltanto un episodio di violenza: è una ferita profonda, che tocca non solo la nostra famiglia ma l’intera comunità. Nostro figlio ha quattordici anni. È un ragazzo come tanti: studia, si impegna, è educato, rispettoso. Come ogni adolescente, cerca nei luoghi pubblici uno spazio di libertà, un momento per stare con gli altri, un pomeriggio di gioco con un semplice pallone. Ma quel pallone, che per lui rappresentava un piccolo gesto di normalità, è diventato il pretesto per una violenza brutale e ingiustificabile.Quella sera un gruppo di ragazzi poco più grandi ha deciso che nostro figlio non aveva il diritto di giocare – scrivono raccontando quanti accaduto al figlio -. Non perché avesse fatto qualcosa, ma semplicemente perché così avevano stabilito loro.
Hanno tentato di sottrargli il pallone, volevano metterlo in un angolo a guardare, umiliato e in silenzio. Lui ha trovato il coraggio di dire “no”, di difendere la sua dignità. E per questo è stato rincorso, spinto giù per una scalinata, fatto cadere e poi colpito mentre era a terra: calci e pugni sferrati su tutto il suo corpo, dalla testa alle gambe. Gli hanno afferrato un braccio torcendoglielo fino a strappargli dalle mani quel pallone che volevano con la forza. E mentre lo facevano, lo insultavano, lo deridevano, lo schiacciavano psicologicamente prima ancora che fisicamente.Nostro figlio ha taciuto. È tornato a casa con le lacrime negli occhi, ma nessuna parola sulle labbra. Aveva paura. Era stato minacciato di non dire nulla. Solo dopo la telefonata di aiuto a un amico che gli ha consigliato di confidarsi con i genitori, quando il dolore è diventato impossibile da nascondere, ci ha mostrato le ecchimosi diffuse sul corpo.
In ospedale hanno parlato di policontusioni, tumefazioni, dieci giorni di prognosi. Ma nessun referto può restituire la paura, la vergogna, il senso di impotenza che un ragazzo così giovane si è trovato a vivere.Quello che ci tormenta è che non si è trattato di un caso isolato. Nei giorni precedenti, lo stesso gruppo aveva già cercato di intimidirlo. E il pensiero che tutto ciò sia accaduto in un luogo pubblico, alla luce del giorno, sotto gli occhi di una città che forse non immagina fino in fondo ciò che accade nei suoi spazi, ci riempie di un’angoscia che non possiamo più tenere per noi.Questa lettera non nasce dalla rabbia, ma dal dolore. E da un’esigenza profonda: quella di non lasciare che episodi così gravi scivolino via nell’indifferenza. Chiediamo alle istituzioni di intervenire, di ascoltare, di proteggere. Chiediamo che i luoghi frequentati dai nostri figli tornino ad essere spazi sicuri, non territori dove la violenza di gruppo può agire indisturbata, dove la prepotenza diventa legge e il silenzio l’unica risposta possibile.Non vogliamo che un altro ragazzo debba vivere ciò che ha vissuto nostro figlio. Non vogliamo che un altro genitore debba guardare i lividi sul corpo di suo figlio chiedendosi come sia possibile che tutto questo accada a due passi da casa.Chiediamo alle scuole, alle autorità, ma anche a tutti i cittadini di non voltarsi dall’altra parte. Confidiamo nella preziosa e fattiva collaborazione delle Forze dell’ordine – concludono – in cui crediamo fermamente e che, per questo, abbiamo prontamente allertato. Perché la sicurezza, la dignità e il futuro dei nostri figli non possono e non devono essere oggetto di compromesso”.