La proposta politica di Luigi Anzalone per le prossime amministrative nel Comune di Avellino, quella di una “rivoluzione gentile” costituisce una risposta convincente ai tanti “indignati” del mondo cattolico che, in ordine al degrado civile e sociale della città, non intendono rimanere alla finestra, in una comoda e sterile osservazione. Il pensiero programmatico di Anzalone – da una postazione di politico di frontiera – anticipa, all’interno di un orizzonte locale – il monito del cardinale Gualtiero Bassetti, presidente della Cei, lanciato al termine del Consiglio permanente della Cei.
In sostanza l’alto prelato, a fronte dell’attuale confusione politica, sollecita la ricerca di una via d’uscita, per individuare strumenti ed obiettivi di un impegno comune per affrontare i non pochi ed urgenti problemi umani ed economico-sociali che la situazione italiana presenta. Rivoluzione gentile di Anzalone, coraggiosa e progettuale proposta quella di Bassetti, intendono far luce sulla “cecità” di non pochi elettori cattolici convinti del proprio legittimo odio verso chi ha sbagliato o non la pensa come loro. La campagna elettorale appena conclusa con prevalenti toni vendicativi e di vicendevole esclusione è stata caratterizzata dal tentativo di carpire il voto in sintonia con lo stato d’animo prevalente degli elettori. Attualmente l’odio della demolizione e della vendetta deve necessariamente cedere il passo ai percorsi di costruzione e ricostruzione del tessuto sociale, sia a livello nazionale che su quello locale. Questo auspicio non è “buonismo” di circostanza ma è consapevolezza, confortata dall’autorevole esperienza storica e politica di personaggi che, ancora oggi, rappresentano un esempio di altissimo magistero politico. Mi riferisco ad Alcide De Gasperi e alle sue parole pronunciate il 5 giugno 1953, in un contesto politico italiano certamente diverso, ma con non pochi tratti simili a quelli attuali: “nella dura campagna elettorale appena conclusa troppi hanno predicato l’odio della demolizione e della vendetta. Ma il popolo italiano ha bisogno di fraternità e di amore. Tutti ne abbiamo bisogno: i milioni di poveri che reclamano un’opera di redenzione sociale, i milioni del ceto medio che mantengono a fatica il decoro della vita; i milioni di giovani senza futuro, contesi dalle opposte fazioni che ne stuzzicano il rancore e il risentimento.” Ci vuole più amore, più fraternità, l’attualità dell’appello degasperiano è innegabile e costituisce un monito per tutti, vinti e vincitori, per imboccare la via della responsabilità ed affrontare le difficoltà che si frappongono nella costruzione del bene comune. I pronunciamenti di Anzalone e di Bassetti –programmatici i primi e urgente monito i secondi –mi inducono a pormi sommessamente una domanda: che fine hanno fatto i postulati del cattolicesimo sociale, filone portante anche se non unico, del Partito Democratico che, ancora tramortito dal recente responso elettorale negativo, non riesce ancora a delineare una posizione dignitosa – culturale e programmatica – di responsabilità concreta rispetto alle istanze del momento politico attuale, né sul piano nazionale né su quello locale? È auspicabile, frattanto, che tutta la comunità irpina, accolga con grande disponibilità il monito di mons. Arturo Aiello lanciato nel corso dell’omelia della Domenica delle Palme. Venga accolto da tutti, forze politiche, forze sociali, realtà associative anche di diversa ispirazione, dalle famiglie, dalla scuola, dalle parrocchie e da tutti gli ambiti relazionali, pubblici e privati. La Pasqua è meraviglioso preludio alla primavera, al risveglio, alla ripresa feconda della vita: è tempo di abbandono della comoda indifferenza per imboccare – con l’urgenza dei tempi presenti – la via dell’impegno e della responsabilità.
di Gerardo Salvatore edito dal Quotidiano del Sud