Con il suo durissimo, implacabile intervento al Senato nei confronti di Salvini – in cui ha accusato di mancanza di senso istituzionale e di preoccupante ambizione verso un debordante potere personale – e con la sua successiva salita al Colle il premier Conte ha riportato nei binari istituzionali la crisi di governo aperta dal leader leghista alcune settimane. E si è posto come un difensore delle istituzioni parlamentari e della collegialità di governo. Rispettoso dell’Ue. I toni sprezzanti degli ultimi tempi hanno liquidato ogni possibilità di ricucitura fra partner, compresi i rabberciati tentativi di distensione portati avanti da parte leghista negli ultimi giorni. Arricchiti da offerte di votare insieme la riduzione dei parlamentari e da presunte incoronazioni di Di Maio a premier. Salvini appare oggi in un vicolo cieco. Tuttavia forse mai, come in questo caso, le forze politiche brancolano nel buio. Oscillano tra le ipotesi più varie. Si sussurrano formule di governo tra le più diverse – alcune anche spericolate – a dimostrazione del fatto che la politica, di fronte all’urgenza degli avvenimenti, sembra aver perduto ogni capacità di visione. E si affida perciò solo a dei giochi tattici. Le stesse rapide oscillazioni del barometro della crisi tra le combinazioni più diverse, quando non opposte, hanno dimostrato nei giorni scorsi quanto sia complicato ritrovare il bandolo della matassa. Le difficoltà della situazione politica e la sua singolarità sono state, del resto, ampiamente dimostrate da due ordini di fattori. Da una parte, i team addetti all’informazione hanno enormemente intensificato le indiscrezioni improbabili o vere fake news, a scopo di pura disinformazione e di “intossicazione” degli eventi, per verificare reazioni o provocare passi falsi altrui. Dall’altra, tuttavia, appaiono reali le difficoltà di decifrazione di una situazione in cui molti protagonisti fanno il doppio gioco. Senza contare, infine, gli imprevisti non esclusi dalla diffusa volontà di molti parlamentari di non essere mandati a casa.
Nella confusione generale, si sono intensificati i tentativi per una intesa il più possibile durevole tra M5S e Pd per un governo di legislatura. Così come quella di un governo rappresentativo o comunque sostenuto da un ampio schieramento parlamentare. Soluzioni diverse, che permetterebbero di mettere comunque in sicurezza i conti pubblici. E di tenere al riparo le stesse istituzioni dal rischio di una eccessiva concentrazione di potere nelle mani di uno solo, come invece richiesto da Salvini.
Certo i tentativi non saranno facili, anche per alcune forti diversità tra i protagonisti. Tuttavia, ora che i pentastellati sembrano aver chiuso a possibili ritorni di fiamma verso Salvini, anche le resistenze nell’ambito del Movimento sono destinate a ridursi dopo il vertice con Grillo. Ciò tenuto conto del forte interesse di molti parlamentari a non rischiare le urne. Resistenze non minori sono invece ancora presenti nel Pd. Non tutti sembrano essere disposti a deporre le armi. Ad abbandonare la loro tradizionale litigiosità interna. E a dimostrarsi consapevoli dell’importanza della posta in gioco: impedire una deriva non certamente dittatoriale da parte di Salvini, ma comunque tendenzialmente autoreferenziale e autoritaria.
Ora la palla passa a Mattarella, non a caso invocato come “supremo garante degli equilibri costituzionali”. A lui tocca il difficile compito di interpretare e indirizzare le tensioni politiche esplose nelle ultime settimane. Il Quirinale ha già fatto trapelare che non vi saranno forzature né “papocchi”. Tuttavia, resta da sciogliere il nodo principale, cioè il tipo di governo. Se cioè il Paese andrà verso un esecutivo politico, istituzionale o di scopo. Ognuna di queste tipologie ha sostenitori ed avversari. Al di là delle altisonanti dichiarazioni pubbliche, incertezze e timori la fanno da padroni. Basterà un niente, nei numerosi conciliaboli riservati fra esponenti di prima linea o nelle parole che saranno pronunciate nelle segrete stanze del Quirinale. Allora, nonostante molti invochino spavaldamente ma ipocritamente le elezioni, il pendolo potrebbe davvero precipitare verso l’esito temuto da quasi tutti!
di Erio Matteo