Il 24 gennaio prossimo il Parlamento italiano, unitamente ai rappresentanti delle Regioni, si riunisce in seduta comune per l’elezione del nuovo Presidente della Repubblica. Intanto si conclude il settennato, che possiamo definire senza enfasi luminoso, del Presidente Sergio Mattarella. Il quale è stato un’esemplare, splendida, paradigmatica figura di Capo dello Stato, nato dalla Resistenza antifascista, di cui il Dettato costituzionale recepisce contenuti e significati, sentimenti e concetti. In anni difficili, drammatici persino (e che durano ancora: si pensi all’attuale tempesta del Covid), questo professore universitario siciliano, taciturno, riflessivo e riservato, segnato dalla morte di suo fratello Piersanti, assassinato dalla mafia quando era presidente della Regione Sicilia, è stato la guida autorevole, sicura, sapiente del nostro popolo nel quale ha saputo innanzitutto far rinascere fiducia e speranza nelle istituzioni e rinverdire il patriottismo come amor di patria privo di boria. Lo ha fatto, il Presidente Mattarella, coniugando il suo alto senso dello Stato di diritto, che si sostanzia e s’invera nel Welfare State, la sua eccezionale cultura e sensibilità e umanità di cattolico e cristiano autentico, la sua intelligente e progressiva visione dei valori democratici e di libertà con una sapiente e accorta capacità di equilibrio e di mediazione mai al ribasso, in modo da assicurare la salvezza comune, il bene pubblico, il soccorso e la vicinanza a chi meno ha. Tra coloro che si sono succeduti alla guida della Repubblica, Sergio Mattarella si colloca allo stesso elevato livello del Presidente Sandro Pertini. Pertini e Mattarella, pur così diversi per temperamento, formazione politicoideale, modus agendi, sono pleno iure i Dioscuri della Democrazia repubblicana come la forma migliore di reggimento dei popoli. E’ quanto mai auspicabile che il Parlamento, nella scelta del nuovo Presidente, non si lasci imbrigliare dalla logica delle consorterie e delle camarille, tenute insieme da non nobili interessi e interessucoli di un ceto politico per tanti versi tutt’altro brillante per ingegno e per senso dell’etica pubblica.
Non faccio nomi, non mi compete. A me interessa, e credo non solo a me, l’alta qualità etico-politica della persona che sarà eletta come primo Cittadino della Repubblica. A tal riguardo, ma non solo per esso, mi interessa anche sottolineare che questo è un anno davvero particolare, in quanto segna un duplice trentesimo anniversario: quello di “Mani Pulite” e quello dell’assassinio di Giovani Falcone, della sua consorte, di Paolo Borsellino e degli uomini e donne delle loro scorte. Mani Pulite, comunque la si giudichi, fece toccare con mano a quale livello di immondo degrado fosse giunta la politica in Italia consegnata ormai a malfattori di vario genere e rango, rastrellatori del denaro pubblico, affaristi indegni, bricconi inveterati, in un suburbio di ladroni. Falcone e Borsellino rappresentano le più grandi e splendenti figure di geniali magistrati e di eroi nella lotta contro la mafia e il crimine organizzato, a cui infersero colpi mortali..
E’, dunque, troppo chiedere che il nuovo Presidente della Repubblica, al pari innanzitutto di Pertini e Mattarella, incarni gli ideali, i valori, i principi, i sentimenti, la prassi esistenziale e politica che si esprime, prim’ancora che in ambiziosi progetti economici, sociali e civili, nella politica pulita, rispettosa della legge e del bene, pubblico, inaugurando per l’Italia un Annus legalis atque novus, diverse volte iniziato per immediatamente interrompersi.
di Luigi Anzalone