Ma il Pd in Irpinia c’è o, come ha sempre affermato anche Ciriaco De Mita, non esiste? Più che un partito, a mio avviso, esso somiglia ad un clan di uomini d’affari, stipendiati dalle Istituzioni. Certamente esso è lontano dai problemi dell’Irpinia. Dopo scontri durati anni, e senza il protagonismo dei circoli, è stato eletto un segretario. Finalmente, avevo detto tra me. Poi ecco le delusioni. Stimo Nello Pizza, neo segretario del Partito democratico irpino più come avvocato che come politico. Mi chiedo, conoscendo la sua onestà intellettuale, come abbia fatto ad accettare un incarico ben sapendo che esso aveva origini da un tesseramento illegittimo consumatosi nella lontana Irlanda, cioè con l’acquisto di tessere pagate con card provenienti da una società irlandese. Resta il mistero dell’acquirente. Pizza afferma che la decisione di far rientrare nel pacchetto delle tessere è stata assunta dai vertici del partito. Se così fosse, ciò non cancella il probabile imbroglio commesso. Andiamo oltre. A mio avviso il segretario di un partito deve poter godere di un potere autonomo. Pizza lo ha? O come risulterebbe da alcune sue decisioni è prigioniero di un’ alleanza (non di Secondigliano) che si profila tra i nuovi padroni delle tessere? E ancora. La città è nelle mani di un uomo solo al comando. E’ priva di un sistema di comunicazione, come avviene in tutti i capoluoghi d’Italia. Solo lui, il sindaco, informa attraverso i suoi monologhi facebook (sistema Deluchiano) in cui da quasi tre anni si ripetono promesse, senza che nessuna di esse sia stata mantenuta. Torno da Pizza. Per ricordargli che prima di questa attuale barbarie politica il partito di maggioranza (allora la Dc) faceva riferimento alla figura politica del segretario cittadino (l’ultimo è stato Francesco Barra) che esercitava un filtro tra i cittadini e l’amministrazione. Perché Nello Pizza continua a rimandare la decisione? Chi glielo vieta? Ribadisco la mia stima nei suoi confronti e vado oltre. Immagino che il vertice di un partito debba occuparsi non solo della distribuzione delle postazioni di potere, ma soprattutto dei problemi della realtà in cui opera. Fino ad ora questo argomento è stato del tutto eluso, pur comprendendo il poco tempo trascorso dall’insediamento della segreteria. Tuttavia su tre importanti settori che riguardano il futuro dell’Irpinia il silenzio è complice dell’ inefficienza. Ovviamente non solo il segretario del Pd accusa ritardi, ma sono gli stessi consiglieri regionali e la deputazione al Parlamento dei pentastellati. Nessuno, infatti, si interessa allo “scippo delle acque”, alla mobilità su ferro e su gomma, al credito un tempo rigoglioso e, infine, non ultimo, allo spopolamento delle zone interne. A che cosa è dovuto il mutismo? Penso che tutto dipenda dall’assenza della classe dirigente. Un tempo essa analizzava i problemi, studiava le soluzioni e le proponeva nelle competenti sedi istituzionali. Oggi, senza classe dirigente ci si limita a reggere il moccolo in modo servile a protagonisti di altre realtà regionali. Così è avvenuto nel corso di una recente consiglio comunale monotematico sui trasporti. L’imbarazzo dei consiglieri regionali eletti in Irpinia in quella sede denunciava non solo la non conoscenza del problema, ma soprattutto l’inadeguatezza a reperire le soluzioni. Sarebbe stato sufficiente confrontarsi con Pietro Mitrione, figura storica della mobilità ferroviaria in Irpinia, per evitare di fare una figuraccia. Il problema vero, a mio avviso, è che non si possono servire due padroni, o il governatore della Campania o l’Irpinia. Così anche per lo spopolamento che sta aggredendo le zone interne. Qui i vescovi delle diocesi campane hanno sostituito i politici. Sono in trincea a combattere la battaglia per frenare l’emigrazione giovanile, mentre Petitto e compagni, anche Petracca in aggiunta, disegnano strategie per futuri posizionamenti. Ricordate le ultime politiche e il successo in Irpinia dei cinquestelle? Chi li ha visti più sul territorio. Roma caput mundi. Napoli ha i suoi sceriffi e l’Irpinia è diventata orfana di classe dirigente.
di Gianni Festa