Una visione europeista e lungimirante che è il cuore della sua riflessione e restituisce la capacità di comprendere, come pochi, le dinamiche sociali e politiche del proprio tempo. E’ l’eredità preziosa di Gerardo Bianco emersa nel corso della presentazione della raccolta dei suoi Discorsi politici e parlamentari, tenutasi questa mattina a Montecitorio. “Gerardo Bianco – spiega il presidente della Camera Lorenzo Fontana – è sempre stato un uomo con un alto senso delle Istituzioni, che ha servito con lealtà. Questo volume ripercorre le diverse fasi del suo impegno, in anni decisivi per la storia della Repubblica. Emerge con forza il suo impegno nella promozione del dialogo tra le forze politiche, il consolidamento della democrazia, il rafforzamento dell’unità nazionale e l’interesse costante ai problemi del Mezzogiorno. Penso alla sua ferrea difesa della centralità del Parlamento, da lui definito come ‘massimo potere democratico, controllato dal popolo. Era animato dalla sincera convinzione che qualsiasi riforma istituzionale dovesse preservare l’autonomia e l’indipendenza delle Camere dai condizionamenti dei partiti. Le sue parole ci ricordano che il confronto parlamentare è il fulcro di una democrazia vitale. E che la democrazia si nutre delle idee e del rispetto reciproco”. Fontana evidenzia, infine, il “contributo di Bianco alla discussione sul progetto europeo. La sua adesione ai principi dell’integrazione comunitaria si traduce in considerazioni ancora attuali, che esortano a costruire un’Europa più coesa e in grado di trasformare le sfide in opportunità di crescita”.
Anna Ascani, vicepresidente della Camera dei deputati, consegna il ritratto di un uomo dalla sensibilità raffinata capace di lasciare il segno della sua intelligenza nell’universo della cultura e della politica “E’ stato un militante del parlamentarismo, attento all’innovazione ma anche coraggioso nel conservare ciò meritava di essere conservato. Riteneva che lo stesso costituzionalismo dovesse essere insieme nuovo e antico, in gradi di sostenere lo sforzo delle trasformazioni a cui era chiamata la politica”. Chiarisce come il Sud e l’Europa fossero al centro della sua ricerca. “In più di un discorso sollecitava i compagni a non essere stanchi epigoni del passato ma ad affrontare le nuove sfide che arrivavano da Est e Ovest. La sua lezione sull’Europa è uno dei lasciti più importanti della sua testimonianza politica”
Patrizia Toia ribadisce la centralità del federalismo europeo nella sua analisi “Credeva in un’Europa federale, consapevole delle minacce rappresentate dai nazionalismi. Più volte aveva sottolineato come l’Europa non dovesse dimenticare le responsabilità nei confronti del resto del mondo. Al tempo stesso aveva ribadito il valore della pace come bene da salvaguardare”
Ortensio Zecchino pone l’accento sul successo che sempre riscuoteva sul piano umano “Tutti sapevano quale robustezza culturale avesse alle spalle ma tutti toccavano con mano la sua umanità ed ironia. Era amato non solo dal pubblico strettamente legato ai palazzi. Non gli piaceva la definizione di uomo di cultura prestato alla politica. Era convinto che la politica fosse un modo per rendere concreta la cultura”. Ricorda la sua profonda conoscenza della cultura classica e lo studio attento del De Sanctis, “quel De Sanctis di cui gli ‘raccontava’ già sua madre e che ha rappresentato per lui un riferimento costante. Del resto, De Sanctis è stato uno dei grandi interpreti dell’idea che la politica non possa fare a meno della cultura. Di qui il forte legame con la sua visione”. Evidenzia, infine, la sua strenua difesa dell’autonomia del Parlamento “come quando si oppose alle decisioni della segreteria del Partito che voleva imporre determinati candidati o quando D’Alema e Occhetto si recarono da lui per imporgli, nel rispetto della disciplina di partito, di concedere il consenso all’autorizzazione a procedere contro Craxi. Ne fu scandalizzato e pronunciò l’indomani un discorso in cui sottolineò i pregi e difetti del personaggio Craxi. Il giorno dopo fu messo sotto processo nella segreteria del partito”
Il latinista Luigi Miraglia evidenzia la forza della sua humanitas, ricorda come per Bianco il passato, il presente e il futuro fossero sempre strettamente collegati. “Bianco ribadisce la necessità di recuperare la lezione del mondo classico, la tradizione culturale dell’Occidente, in un itinerario che parte dal legame con le radici per approdare al tema della globalizzazione, autentica espressione della varietà del genere umano. Per lui l’istruzione non può che essere formazione e rappresenta l’unico baluardo contro la criminalità. Allo stesso modo la ragione è strumento per contrastare spinte irrazionali che pure caratterizzano il mondo della scuola”
A moderare il confronto la giornalista Carmen La Sorella, legata a Gerardo Bianco da un rapporto di grande amicizia. E’ lei a ricordare come Bianco sia stato “Un testimone del nostro tempo, con il suo pensiero, un autentico galantuomo, convinto che la democrazia si difende quanto più il Parlamento è forte. Al tempo stesso ha sempre riconosciuto alle donne il ruolo che spettava loro nella società”
Ed è un ricordo carico di affetto anche quello che consegna Giuliano Amato. Pone l’accento sulla sua simpatia che faceva sì che in tanti lo chiamassero Gerry White, sulla volontà di garantire una costante consultazione delle parti sociali. “Era emblema di una dignità che la politica aveva, sempre capace di trovare interlocutori e desideroso di costruire insieme. Anche nei passaggi dalla Dc al Partito Popolare e poi alla Margherita, non era mai integralista, sottolineava il valore dell’identità del partito ma non imponeva mai la propria posizione. E’ stato un cattolico vero che riconosceva la centralità dell’altro e dunque la necessità di comprendere le ragioni della persona con cui si dialoga. Un riconoscimento dell’altro che oggi non è così diffuso in politica. Era, infine, consapevole di quanto fosse importante portare i valori legati alla fede cattolica in politica”.