SANT’ANGELO DEI LOMBARDI – A ridosso delle celebrazioni per l’80° anniversario della Liberazione, il Comune di Sant’Angelo dei Lombardi, la Pro loco Alta Irpinia e la casa editrice Delta 3 organizzano nel capoluogo altirpino la presentazione del volume di Michele Vespasiano “La guerra dal cielo : Storie di aerei, bombe e aviatori caduti in Alta Irpinia”.
Assieme al Sindaco Rosanna Repole, al presidente della pro loco Tony Lucido, e all’editore Silvio Sallicandro, ad affiancare l’autore ci saranno illustri relatori, da Junio Valerio Tirone, ricercatore dell’Università di Trento, allo storico irpino Annibale Cogliano, che ha approfondito le vicende politiche del Novecento in numerosi suoi libri, da Salvio D’Acunto, professore di economia politica all’Università “Vanvitelli”, a Simon Pocock, il saggista inglese autore della ponderosa ricerca “Campania 1943”.
Attraverso i racconti di aviatori caduti e le testimonianze delle comunità locali, il libro porta alla luce una pagina spesso ignorata della Seconda Guerra Mondiale: i bombardamenti e le tragedie nelle aree interne del Sud Italia, che pur lontane dai fronti principali furono duramente colpite. L’autore ricostruisce così l’impatto umano del conflitto in Alta Irpinia, un territorio finora marginalizzato nella narrazione storica ufficiale.
«Questo studio – scrive Vespasiano – permette di conoscere luoghi e persone dimenticati dalla storiografia e restituisce dignità a chi ha vissuto e sofferto quegli eventi. Rende omaggio alle vittime di guerra, alla loro resilienza e al contributo inconsapevole che hanno dato alla costruzione del Paese».
Nel richiamare le parole di Piero Calamandrei, che nell’Assemblea Costituente definì le vittime del conflitto “il popolo dei morti”, base morale della democrazia repubblicana, Vespasiano ricorda che tra quei morti ci furono donne, bambini e anziani dell’Alta Irpinia. Martiri di una guerra non voluta e protagonisti di una memoria finora poco riconosciuta, ma che merita spazio nel racconto collettivo della nostra storia.
SINOSSI DEL LIBRO (compare sulla bandella del libro)
Vespasiano esplora un aspetto spesso sottaciuto della Seconda Guerra Mondiale: la devastazione nelle aree più interne del Mezzogiorno italiano.
Attraverso i racconti di aviatori caduti e le testimonianze delle comunità locali, ne viene fuori un quadro vivido di umanità e sacrificio che ha segnato profondamente le popolazioni dell’Alta Irpinia, un territorio finora considerato irrilevante nello scenario bellico strettamente connesso alle vicende conseguenti per lo più allo sbarco alleato a Salerno.
Restituendo voce e dignità a chi ha vissuto l’orrore della “guerra dal cielo”, il libro offre una diversa prospettiva delle vicende belliche che hanno percorso questa parte della provincia irpina, trasformandole in un viaggio attraverso storie di generosità, coraggio e sofferenza. Storie private e condivise che rivelano una microstoria capace di arricchire la più vasta narrazione nazionale.
Questo studio permette di conoscere luoghi e persone spesso ignorati dalla storiografia ufficiale e ne riporta alla memoria i nomi, che altrimenti continuerebbero a restare nell’ombra. Rende, inoltre, omaggio alle vittime di quegli anni di guerra, alla loro resilienza e all’ignaro contributo che diedero al Paese.
Durante i lavori dell’Assemblea Costituente, Piero Calamandrei sottolineò come proprio queste vittime, il “popolo dei morti”, rappresentassero la principale fonte di legittimazione della rinata democrazia italiana. Vero. L’Autore ci ricorda che tra queste vittime vi furono anche donne, bambini e anziani dell’Alta Irpinia, che non hanno mai ricevuto il doveroso riconoscimento che pure gli si dovrebbe tributare nella memoria condivisa.
Ivana Picariello
INTRODUZIONE (dal libro)
La vicenda dei bombardamenti durante la seconda guerra mondiale è stata a lungo una memoria dolorosa, che solo negli ultimi anni ha ricevuto la dovuta attenzione. Le incursioni aeree, impiegate in modo limitato durante la Grande Guerra, ma poi sviluppate con precisione nei vent’anni successivi, si rivelarono uno degli strumenti più cruciali adottati dai comandi militari alleati. Il regime fascista, seppure dotato di armamenti meno adeguati, non fu da meno, basando gran parte della propria strategia bellica sulla guerra aerea. Tuttavia, nono stante la pomposa propaganda che aveva messo in campo, non fu accorto nel preparare il Paese alla difesa contro i bombardamenti nemici. Viene da considerare che fu un triste paradosso, nonostante l’esaltazione posta sulla guerra dall’aria, che il regime non abbia dedicato altrettanta attenzione alla protezione dagli stessi mezzi che aveva ritenuto così fondamentali. Ciò portò l’Italia, principalmente tra il 1943 e il 1945, dalle città ai piccoli borghi, a esse re vulnerabile agli attacchi aerei alleati. Ciò causò un alto numero di vittime civili, sulle quali, volutamente, negli anni a seguire è mancata l’enfasi commemorativa riservata, invece, ai soldati in divisa caduti sui vari fronti di guerra.
Questo studio raccoglie l’invito di Claudia Baldoli a proseguire in ambito locale il lavoro di scavo, «nel tentativo di tracciare un quadro d’insieme», al fine di riunire gli elementi principali della questione: le motivazioni dei bombardieri, la preparazione approntata dal regime fascista per difendere le città e la popolazione civile e le conseguenze della guerra aerea per la popolazione. E in questo quadro offre un contributo, certamente parziale, per la conoscenza di quanto avvenne, in principal modo nel 1943, in Alta Irpinia, parte del più ampio territorio della provincia di Avellino e della regione Campania. Un lavoro servito a raccogliere storie di aviatori, di bombe sganciate e di vittime innocenti. Soprattutto civili, la cui morte rientrava nella “strategia del terrore”, attuata dall’aviazione angloamericana nel tentativo di suscitare l’indignazione delle popolazioni contro il Governo nazionale.
Nell’agosto 1940, Anthony Eden, in quel periodo segretario di stato per la guerra, scrisse a Churchill: «È mia convinzione che sia di importanza primaria sviluppare la nostra offensiva contro gli italiani nel Mediterraneo via terra, mare e aria. L’Italia è il partner debole [dell’Asse], e abbiamo più possibilità di buttarla fuori dalla guerra bombardandola rispetto a quante ne abbiamo con la Germania».
La ricostruzione sistematica su cosa abbiano comportato i bombardamenti alleati sull’Italia Meridionale durante la Seconda Guerra Mondiale è un capitolo sul quale solo negli ultimi anni la storiografia ha mostrato attenzione. Eppure è un tema assai utile alla comprensione del conflitto e delle tragiche conseguenze che ricaddero sulle comunità, già provate dalla dimostrazione pervasiva dell’alta capacità tecnologica del nemico e da una diffusa campagna di propaganda (anche allora furono propalate fake news, come l’impiego da parte degli alleati di donne pilota) che determinarono l’auspicato crollo del morale e della fiducia nel regime.
Nonostante la molteplicità di studi dedicati a specifici episodi locali, se si eccettuano i pregevolissimi volumi di Simon Pocock3, manca tuttora una narrazione organica che restituisca una visione d’insieme del tragico fenomeno della morte di numerosi cittadini inermi.
Le ragioni di tale ritardo sono da ricercarsi in molteplici fattori. In primo luogo ha certamente pesato la volontà di non screditare il ruolo avuto dagli Alleati nella fine della guerra e nella liberazione dell’Europa. Tale sensibilità è stata particolarmente accentuata nel momento in cui il Governo della “nuova” e “democratica” Italia doveva presentarsi di fronte agli interlocutori dei Paesi alleati, al tavolo della Conferenza di Parigi (1946) e a quello per la successiva stipula dei trattati di pace (1947). Interlocutori che avrebbero potuto rinfacciare al nostro Paese il peso e la responsabilità che aveva avuto per le tante atrocità commesse durante il regime nazifascista. Un’altra ragione è da ricercarsi nella distorsione causata dall’acceso dibattito politico-ideologico, che per lungo tempo ha contribuito ad ostacolare una riflessione critica e se rena sugli eventi accaduti.
Detto, senza remore o pregiudizi, che gli orrori della guerra sono imputabili all’esclusiva colpevolezza del regime fascista, reo di aver condotto il Paese verso la catastrofe, non possono essere sottaciuti o addirittura dimenticati i sacrifici subiti dalle popolazioni, sulle quali, a partire dalla fine del 1942, si è riversata una sistematica campagna di bombardamenti strategici (area bombing) che andarono a colpire indiscriminatamente centri abitati e infrastrutture sociali (strade, acquedotti, ferrovie, ponti, ecc.). A questa strategia si sommarono, poi, numerosi episodi di mitragliamenti e azioni aeree che potremmo definire di microterrorismo, causa di ulteriori stragi tra persone inerme, ancor più bambini.
Pertanto, la rilettura critica e rigorosa dei bombardamenti alleati sull’Italia del Sud – e quindi sull’Irpinia –, ma soprattutto la loro diffusa conoscenza, rappresenta un passo fondamentale per restituire voce a chi quelle azioni belliche le ha patite fino a morirne e per ricostruire la memoria collettiva e inserirle nelle più complesse dinamiche che hanno segnato la fine della Seconda Guerra Mondiale.