di Stefano Carluccio
Nel cuore dell’Appennino meridionale, l’Alta Velocità Napoli-Bari attraversa la provincia di Avellino come un’infrastruttura carica di promesse. La nuova linea ferroviaria, uno dei progetti strategici del Sud Italia, è spesso presentata come simbolo di modernizzazione, rilancio e riequilibrio territoriale. Ma mentre i cantieri avanzano, le aspettative si scontrano con interrogativi concreti: quali saranno i reali benefici per i territori interni? L’Irpinia riuscirà a trasformare l’attraversamento ferroviario in un’occasione di sviluppo, o rimarrà ai margini di un corridoio che la sfiora senza integrarla davvero?
L’Alta Velocità Napoli-Bari, promossa da Rete Ferroviaria Italiana e finanziata anche con fondi europei e PNRR, è una delle opere infrastrutturali più imponenti in corso in Italia. Un investimento da oltre 6 miliardi di euro, con l’obiettivo di collegare le due metropoli in meno di due ore, attraversando l’entroterra campano e la Daunia. Il tracciato tocca territori di grande complessità orografica e marginalità socio-economica, come l’Irpinia e l’Appennino sannita. Proprio qui, nel tratto compreso tra Apice e Hirpinia-Orsara, si concentrano alcuni dei lavori più impegnativi: gallerie profonde, viadotti lunghi chilometri e una nuova stazione ad alta capacità prevista nel comune di Grottaminarda, poi ribattezzata stazione “Hirpinia”.
La stazione Hirpinia, annunciata come il punto di accesso all’Alta Velocità per l’intera provincia di Avellino, è al centro del dibattito pubblico locale. Si tratterà di una stazione di superficie, con collegamenti a lunga percorrenza e una funzione anche logistica. Tuttavia, i nodi da sciogliere sono ancora numerosi. Il primo riguarda l’accessibilità. Ad oggi non esiste una rete viaria adeguata per garantire collegamenti rapidi ed efficienti tra la futura stazione e i principali centri urbani dell’Irpinia, come Avellino, Ariano Irpino, Lioni e Montella. Le attuali arterie stradali, spesso soggette a lavori o interruzioni, non permettono spostamenti agevoli né veloci, riducendo così l’impatto positivo dell’opera sul territorio.
Un altro elemento di incertezza è rappresentato dalla mancanza di una strategia di intermodalità. Senza un sistema coordinato tra ferrovia, trasporto pubblico su gomma e viabilità ordinaria, il rischio è che la stazione Hirpinia diventi una cattedrale nel deserto, utile solo a chi vi transita senza fermarsi. Il progetto prevede la creazione di un centro logistico intermodale e l’integrazione con il sistema merci, ma anche qui la progettualità concreta sembra ancora lontana. In particolare, la connessione tra le aree industriali dell’Irpinia e la nuova rete ferroviaria non appare definita in modo funzionale e sistemico.
Nonostante questi limiti, l’Alta Velocità resta una grande opportunità, soprattutto in una provincia come quella di Avellino, che negli ultimi decenni ha subito un progressivo isolamento. La crisi delle infrastrutture esistenti, a partire dalla linea ferroviaria Avellino-Benevento-Salerno, ha reso difficili i collegamenti interni e verso le aree metropolitane. Una fermata su una linea AV/AC rappresenta, almeno sulla carta, un’occasione per restituire centralità a un territorio spesso dimenticato dalle grandi politiche infrastrutturali. Ma per evitare che resti solo un’occasione mancata, serve visione e governance.
Molti sindaci dell’area coinvolta, insieme a comitati civici e rappresentanze di categoria, chiedono che l’Alta Velocità venga accompagnata da un vero piano di sviluppo territoriale. Infrastrutture complementari, incentivi per la logistica e l’industria, valorizzazione turistica dei borghi e dei parchi naturali: sono queste le richieste che emergono con forza dalle comunità locali. In assenza di un simile disegno, l’opera rischia di servire solo il traffico passante, lasciando i territori interni a osservare da lontano il treno dell’alta velocità senza potervi salire davvero.
La questione dell’occupazione è un altro aspetto cruciale. I cantieri dell’Alta Velocità stanno creando lavoro temporaneo, ma si teme che i benefici occupazionali si esauriscano con la fine dei lavori. Le imprese locali faticano ad accedere alle commesse, e le opportunità reali per i giovani irpini sono ancora limitate. Senza politiche di accompagnamento, il rischio è che anche questa grande opera si trasformi in una macchina che produce valore altrove, senza radicarsi economicamente nel territorio attraversato.
Infine, va considerato l’impatto ambientale e paesaggistico. I lavori di scavo e di realizzazione delle gallerie hanno già modificato porzioni significative del territorio, con disboscamenti, movimenti terra e impatti visivi permanenti. Anche se RFI ha previsto opere di mitigazione e compensazione ambientale, i danni potrebbero essere duraturi, specialmente nelle aree di maggiore pregio naturalistico. È fondamentale che venga mantenuta alta l’attenzione sul rispetto degli ecosistemi locali e sulla sicurezza idrogeologica delle aree interessate.
In definitiva, l’Alta Velocità Napoli-Bari rappresenta una sfida cruciale per l’Irpinia: un’occasione di connessione, rilancio e visibilità, ma anche un banco di prova per le politiche pubbliche di coesione territoriale. Perché l’opera non sia solo una linea veloce che attraversa il vuoto, occorre riempire quel vuoto di senso, di servizi, di strategie condivise. La velocità, da sola, non basta. Serve direzione, e serve volontà politica. Il treno dell’Alta Velocità non deve soltanto passare: deve fermarsi, aprire le porte e lasciare qualcosa di concreto dietro di sé.
Stefano Carluccio