Si è celebrata, oggi presso il tribunale di Avellino, davanti al collegio presieduto dal giudice Sonia Matarazzo una nuova udienza del processo a carico degli imputati coinvolti nell’inchiesta sull’asta Giudiziaria per il ristorante Pagliarone di Monteforte irpino. Costantino Giordano, Renato Freda (indicato come prestanome dei Galdieri), Nicola Galdieri e Armando Aprile (in passato socio di Livia Forte nel filone delle “Aste Ok”) sono stati accusati dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli di vari reati, tra cui turbativa d’asta, estorsione aggravata e favoreggiamento dell’associazione a delinquere. Gli imputati sono difesi dagli avvocati Alberico Villani, Gaetano Aufiero, Patrizio Dello Russo, Claudio Davino, Antonio Brigante e Gerardo Di Martino.
In aula ascoltati tre testimoni: la moglie di Gennaro Pascale, il suo socio e un dipendente che hanno confermato della presunta richiesta dei 120mila avanzata da Nicola Galdieri per garantire che Armando Aprile non partecipasse all’asta del ristorante.
La prima a comparire in aula è la moglie di Gennaro Pascale ex socio di Costantino Giordano. Rispondendo alle domande del Pubblico Ministero, la donna ha ribadito più volte di non aver mai avuto rapporti con gli imputati, né alcun interesse nella gestione delle aste giudiziarie.”Avendo due bimbe piccole, non potevo occuparmi della società: se ne occupava mio marito. Infatti, a un certo punto, decidemmo di andare da un notaio per cedere le mie quote societarie a mio marito” La donna ha poi descritto i rapporti tra il marito e Livia Forte: “Livia Forte era cliente di mio marito”, aggiungendo: “Non so altro”.
Invece l’avvocato Aufiero ha continuato a porre domande in merito alla natura del rapporto con Livia forte. “Non so perché Livia Forte fosse interessata a quell’asta. Sapevo chesi interessava di aste, lo sapeva tutta Avellino, ma non mi sono chiesta perché non avesse fatto rilanci, né, successivamente, l’ho chiesto a mio marito”.
Sempre rispondendo alle domande dell’avvocato Aufiero, la testimone ha precisato: “Non avevo il numero di cellulare di Livia Forte, non mi è mai capitato di parlare al telefono con lei. Non so se mio marito abbia parlato, nel 2019, relativamente alla questione del Pagliarone, con Livia Forte: non me ne ha mai parlato”.
Il secondo testimone a comparire in aula è stato il titolare di una catena di distribuzione di bevande e socio di Gennaro Pascale Ho saputo che c’era stato un disguido con una nostra cliente, Livia Forte, così ho accompagnato Pascale al ristorante ‘It’s OK’. In quell’occasione erano presenti anche Armando Aprile, Nicola Galdieri, Livia Forte e Costantino Giordano. Quando abbiamo iniziato a parlare, abbiamo cercato di farle capire che quanto accaduto non era stato intenzionale né mirato a danneggiarla, ma si trattava soltanto di una casualità. Avevano litigato perché il Pagliarone aveva organizzato una serata musicale nello stesso giorno in cui era prevista un’iniziativa analoga presso il ristorante ‘It’s OK’. A me non sembrava affatto una questione così grave da giustificare una simile reazione. Dal canto mio, spiegai a Livia Forte che la scelta della data fu del tutto casuale e non mirata a danneggiare il suo locale. Lei, invece, era convinta che fosse stato fatto apposta”.
Successivamente, le domande della Pm si sono concentrate sul punto cruciale dell’intera vicenda: la presunta richiesta, da parte di Nicola Galdieri, di 120.000 euro per garantire che Armando Aprile non partecipasse all’asta del ristorante. “Io rimasi raggelato, così come Gennaro Pascale”, ha dichiarato il testimone. “Pregai Gennaro di tenermi fuori da queste dinamiche, perché si trattava di una situazione spiacevole. So che Gennaro era contrario al pagamento. Io, però, gli dissi chiaramente che era il momento di andarcene. Non ho saputo altro, perché – nonostante il nostro rapporto di fraterna amicizia – lo pregai di non coinvolgermi più in questa vicenda. In seguito, ho appreso che accettarono di versare una somma a Galdieri, ma non conosco i dettagli. Tuttavia, gli consigliai di denunciare l’accaduto”.
Il testimone ha poi aggiunto: “Decisero di pagare per paura: era meglio evitare lo scontro. Temevano ritorsioni da parte di Galdieri. Se qualcuno ti chiede del denaro e tu glielo dai, è evidente che lo fai perché hai paura di qualcosa. Noi siamo persone comuni, in mezzo alla strada, con figli e mogli: è normale temere che possa succedere qualcosa”.
In merito all’asta giudiziaria ha dichiarato: “Sapevo che l’aggiudicataria era stata la moglie di Pascale e poi venni a sapere che, alla fine, si decise di pagare. Il Pagliarone andava discretamente bene. Intorno al 2019, però, Giordano e Pascale non erano più in sintonia nella gestione della società. Ci furono vari tentativi da parte di Giordano di rilevare l’attività e si ventilò l’ipotesi di cedere l’intera proprietà. Giordano disse di non essere interessato all’acquisto, mentre Pascale dichiarò che, per proseguire la gestione, era necessario trovare un nuovo socio”.
Cercando di motivare un’incongruenza relativa al momento in cui conobbe Nicola Galdieri, il testimone ha dichiarato: “Io ho incontrato Galdieri per la prima volta da ‘It’s OK’; successivamente l’ho rivisto al Pagliarone. L’ho incontrato poche volte nella mia vita, e sempre a distanza di molto tempo, ma il primo incontro fu da ‘It’s OK’. Al Pagliarone mi sentivo a disagio: non volevo far trasparire la mia intenzione di andarmene, ma la nostra interlocuzione fu breve. Non volevo discutere di certe cose e, alla fine, non cenai nemmeno lì. Quando entrai nel ristorante, c’era già Costantino Giordano; pochi minuti dopo arrivò Galdieri. Quando fissai l’appuntamento, però, sapevo che doveva esserci soltanto Giordano”.
Poi è iniziato il controesame della difesa. Il primo a porre le domande è stato l’avvocato Aufiero: “Io attualmente sono proprietario del Pagliarone per il 67%, mentre la restante quota appartiene a Pascale. Non ho mai prestato denaro a Pascale. Per quanto ne so, dal 2012 Pascale è mio socio anche in un’altra attività. I nostri rapporti sono tuttora eccellenti”. Relativamente alle dichiarazioni rese ai carabinieri, il testimone ha affermato: “Sono stato sentito solo una volta dai carabinieri”.
Sull’incontro con Galdieri, in cui aveva già detto di esserne rimasto sconvolto, ha aggiunto: “Era la prima volta che assistevo a una richiesta economica formulata in quel modo. Nel 2022, però, non riferii ai carabinieri quell’episodio — facendo riferimento esclusivamente a quanto accaduto nel 2019, e non a quello del 2017 — perché mi furono poste domande specifiche, alle quali risposi con altrettanta precisione”. In risposta alla richiesta di chiarimenti dell’avvocato Aufiero circa la sua conoscenza di Galdieri e contestando alcune affermazioni presenti nel verbale, il testimone ha dichiarato: “Sì, non ho raccontato altre circostanze in cui ho visto Galdieri perché i carabinieri non me lo hanno chiesto. Sicuramente, non era una situazione di estrema tranquillità emotiva; non ho menzionato l’antefatto perché non mi è stato chiesto, ma al momento dell’incontro al ristorante e della richiesta economica non ero a conoscenza di molte dinamiche”.
Infine, sul rapporto con Livia Forte, il testimone ha affermato: “Sapevo che Livia Forte aveva partecipato all’asta per il Pagliarone, ma non so perché, a un certo punto, decise di non rilanciare più, nonostante si fosse presentata all’asta, e non gliel’ho chiesto. Attualmente non ho più contatti con lei”. Successivamente è stato il turno dell’avvocato Alberico Villani, difensore di Armando Aprile, di porre domande. Anche in questo caso, il penalista ha sottolineato che il testimone aveva un rapporto confidenziale con Livia Forte: “Sì, avevamo un rapporto confidenziale”. Anche le domande degli avvocati Brigante e Davino si sono concentrate sull’attività professionale del testimone.
L’udienza è quindi stata aggiornata al 26 settembre, quando proseguiranno le testimonianze e le ulteriori fasi del processo.