Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania, sezione distaccata di Salerno, ha accolto il ricorso presentato dalla M. C. S.r.l. con il core business ad Atripalda contro la decisione del Prefetto di Avellino. Il gruppo imprenditoriale era stato escluso dalla White List, per presunte irregolarità riconducibili alla normativa antimafia. Ma i giudici del Tar di Salerno hanno annullato il provvedimento emesso dalla Prefettura in data 10 luglio 2024.
Il ricorso iniziale era stato presentato il 7 febbraio 2024, in opposizione a un precedente diniego prefettizio risalente all’8 dicembre 2023. Nel corso del procedimento, la società ha presentato motivi aggiuntivi anche contro un ulteriore provvedimento, adottato il 1° marzo 2024, in seguito a un’istanza di autotutela. È intervenuta, inoltre, un’ordinanza cautelare del TAR (n. 158/2024), successivamente confermata dal Consiglio di Stato (n. 2567 del 5 luglio 2024), che ha condotto la Prefettura a riesaminare la vicenda, coinvolgendo anche gli uffici territoriali di Roma e Firenze, interessati da provvedimenti analoghi nei confronti di società collegate alla medesima proprietà.L
Il Tribule amministrativo regionale ha dichiarato superati e improcedibili, gli atti impugnati dell’8 dicembre 2023 e del 1° marzo 2024, in quanto sostituiti dal provvedimento del 10 luglio. Ha invece accolto i motivi aggiuntivi riferiti a quest’ultimo, ritenendolo carente di motivazione. Secondo i giudici, la Prefettura di Avellino non ha adeguatamente giustificato l’esclusione delle misure di collaborazione previste dall’articolo 94-bis del Codice Antimafia. Ad avviso dei giudici amministrativi non vi è stata un’adeguata valutazione circa la possibilità che eventuali contatti con ambienti criminali siano stati meramente episodici e che la situazione dell’impresa risulti sanabile, anche alla luce delle misure correttive già adottate.
Ora la Prefettura di Avellino ha la possibilità di adottare un nuovo provvedimento, nel rispetto delle indicazioni fornite dal TAR. Una eventualità, quest’ultima, che l’avvocato Giuseppe Morbidelli, difensore dell’azienda, si è già detto pronto ad impugnare: “Il TAR ha confermato ciò che abbiamo sempre ribadito: l’insussistenza di prove riguardo a una presunta vicinanza dell’azienda ai clan. I pentiti? Diciamo esattamente ciò che abbiamo sempre sostenuto: le loro affermazioni erano prive di riscontri nei fatti e nei percorsi seguiti dalla società. Si tratta di “sentito dire”, dichiarazioni attribuite da un pentito ad altri pentiti, nulla più di una catena di Sant’Antonio. Inoltre, non c’è mai stato alcun processo penale, né alcuna condanna definitiva”, conclude il legale.