“I territori più esposti coincidono con la Valle del Sabato, l’area montorese e solofrana, oltre al capoluogo e ai comuni limitrofi”. A precisarlo il procuratore di Avellino, Domenico Airoma che stamane ha presentato i dati di uno studio effettuato di concerto con l’istituto superiore della Sanità, tramite un accordo di collaborazione stipulato nel 2024.
L’Accordo ha consentito la realizzazione di un’indagine epidemiologica-ambientale finalizzata al fine di condividere dati e informazioni per l’identificazione di possibili sorgenti di contaminazione sul territorio di competenza della Procura di Avellino, che possano aver inciso sulla salute della popolazione residente ed in tal modo consentire all’Ufficio inquirente di orientare al meglio l’attività investigativa. Oggi sono stati presentati i risultati preliminari del primo anno di attività e le attività tuttora in corso.
Nel primo anno di attività, ISS e Procura hanno completato la caratterizzazione ambientale dei 86 comuni del territorio di competenza, censendo 296 siti potenzialmente contaminanti. Il dato più allarmante è che il 51% della popolazione — circa 166.500 persone — vive entro un chilometro da uno o più di questi siti.
La distribuzione è fortemente disomogenea. Tra i luoghi censiti figurano:
- 5 siti con abbandono illegale di rifiuti in scavi o su suolo;
- circa 50 concerie;
- 19 discariche comunali;
- 15 industrie agroalimentari;
- 11 autodemolitori;
- e circa 60 impianti di lavorazione dei metalli o attività metallmeccaniche.
Duecentonovantasei siti potenzialmente sorgenti di contaminazione su un’ area di duemila chilometri quadrati, circa 86 comuni interessati ed in particolare i rischi per il 51% della popolazione (166.507 persone) che risiedono ad un chilometro dagli stessi. La maggiore concentrazione nella parte occidentale della provincia di Avellino, mentre in 30 comuni non c’è traccia di siti industriali. I risultati finali saranno poi oggetto di un Rapporto Finale che verrà nel mese di aprile 2026 (termine dell’ Accordo di collaborazione). Al momento dell’avvio dell’indagine l’ultimo anno di disponibilità dei dati di mortalità e ricoveri ospedalieri presso I’ISS era il-2021 il censimento degli impianti viene riferito al periodo 2016-2018, anche se molti di questi risultano risultano tuttora presenti sul territorio.
LA MAPPA
Nell’intera area sono stati censiti 296 siti con potenziali sorgenti di contaminazione ambientale e il 51% della popolazione risultata risiedere nel raggio di un chilometro da questi siti. La distribuzione sul territorio di questi siti è molto disomogenea, cosi come il potenziale impatto delle attività presenti è molto variegato, in base alla tipologia dell’impianto”. I comuni sono stati suddivisi in sei classi di un Indicatore di Rischio Comunale ambientale (IRC), costruito ad hoc sulla base della popolazione residente nel raggio di un chilometro da questi siti e la pericolosità dei siti stessi che ımpattano sul territorio comunale.
I risultati finali saranno poi oggetto di un Rapporto Finale che verrà nel mese di aprile 2026 (termine dell’Accordo di collaborazione).Sulla base delle linee guida delle Conferenze Ministeriali OMS di Ostrava (2017) e Budapest (2023), è stato sviluppato un Indicatore di Rischio Comunale (IRC) fondato sull’Indice di Pericolosità (IP) dei singoli siti, espresso su scala da 2.500 a 1.
I punteggi più elevati, IP = 2500, sono stati attribuiti ai siti con abbandono di rifiuti nei comuni di Conza della Campania, Domicella e Montefalcione.Gli 86 comuni sono stati suddivisi in sei classi di rischio, dalla più bassa (Classe 1) alla più alta (Classe 6).
In Classe 6, ossia il livello di rischio più elevato, figurano Avellino e Atripalda, mentre in Classe 5 rientrano, tra gli altri, Calitri, Montella, Monteforte Irpino, Montemiletto, Domicella e Forino.
All’estremo opposto, classe 1 comuni come Aquilonia, Caposele, Gesualdo, Sorbo Serpico e Volturara Irpina sono inseriti in Classe 1, con un rischio considerato minimo.
L’analisi sanitaria, condotta su dati ISS relativi al periodo 2010–2021, restituisce un quadro complesso.
Nel complesso, la mortalità generale e quella per i principali gruppi di patologie tumorali (apparati circolatorio, digerente e urinario) risultano inferiori alla media regionale.Tuttavia, emergono eccessi di mortalità e ospedalizzazione per malattie respiratorie acute in entrambi i generi, e un aumento dei ricoveri per asma.Si segnalano inoltre eccessi di mortalità per tumori del testicolo e del sistema nervoso centrale, nonché un incremento dell’ospedalizzazione per queste stesse patologie. Per le altre malattie, tumorali e non, i dati restano al di sotto della media regionale.
Le analisi proseguiranno con approfondimenti comunali e l’integrazione di dati provenienti dal Registro Tumori dell’ASL di Avellino, dai Registri Tumori zonali, dai biomonitoraggi umani per metalli e diossine e dalle rilevazioni ambientali ancora in corso.
Il Procuratore Airoma: “L’Irpinia è verde solo a metà”
Durante la conferenza stampa, il Procuratore della Repubblica di Avellino, Domenico Airoma, ha riassunto con parole nette la sintesi dell’indagine: “L’Irpinia è verde solo a metà. Esiste un’area ancora incontaminata e non presenta rischi ambientali significativi, ma purtroppo c’è anche un’altra zona che invece mostra criticità e che deve essere oggetto di approfondite indagini”.
Airoma ha chiarito che i territori più esposti coincidono con la Valle del Sabato, l’area montorese e solofrana, oltre al capoluogo e ai comuni limitrofi. “Si tratta soprattutto della parte occidentale della provincia: il capoluogo, i comuni limitrofi, la Valle del Sabato e tutta l’area solofrana e montorese”.
Sul fronte della contaminazione, il procuratore non ha nascosto la gravità dei riscontri: “Sono state intercettate sostanze inquinanti nell’aria e nei corsi d’acqua. Non dimentichiamo che c’è stato persino un comune che ha dovuto sospendere l’attingimento dell’acqua potabile: un dato davvero preoccupante”.
Dal punto di vista giuridico, Airoma ha ribadito la responsabilità penale anche per chi aggrava un danno ambientale già esistente: “Non dobbiamo pensare che, se una realtà è già contaminata, questo giustifichi ulteriori comportamenti inquinanti. Chi contribuisce a peggiorare una situazione compromessa ne risponde penalmente. E c’è anche la responsabilità per l’omessa bonifica”.
L’inchiesta, ha aggiunto, si muove in stretta collaborazione con la Procura Generale guidata dal procuratore Aldo Policastro: “Questo significa che stiamo lavorando insieme, con obiettivi comuni e con un metodo scientifico condiviso. Il nostro compito, in questa fase, è individuare i principali focolai di rischio ambientale per la salute, così da restringere il campo dei potenziali responsabili”.
Il Procuratore Generale di Napoli, Aldo Policastro, ha evidenziato la necessità di un approccio coordinato, definendolo “modello della sinergia”: “A livello distrettuale sto convocando periodicamente riunioni dedicate all’ambiente. Ho rafforzato il gruppo ambiente e stiamo lavorando per la tutela del territorio, del demanio e delle foreste. Anche per il fiume Sarno stiamo potenziando gli strumenti tecnico-scientifici a nostra disposizione”.
Policastro ha poi sottolineato il rischio di infiltrazioni criminali nelle fasi di bonifica: “La criminalità organizzata è sempre pronta a inserirsi nei grandi affari. È entrata nella gestione illecita dei rifiuti e può entrare anche nelle attività di bonifica. La vigilanza deve restare alta, sia nella repressione sia nella prevenzione, per evitare infiltrazioni quando si interviene per ripristinare i territori”.
Infine, il procuratore generale ha ribadito che sviluppo economico e tutela dell’ambiente possono convivere: “La buona industria e il buon sviluppo non sono nemici della salute e dell’ambiente. Ma l’imprenditore deve considerare tra i costi anche quelli legati alla tutela della salute dei lavoratori, dei cittadini e dell’ambiente. Se il profitto diventa l’unico obiettivo, il danno ambientale è inevitabile”.
L’indagine, nel suo complesso, delinea un territorio segnato da forti disomogeneità: aree verdi e sane convivono con zone di alto rischio, in particolare lungo l’asse industriale occidentale.
Il quadro sanitario appare “in linea con i dati regionali”, ma con criticità localizzate che meritano approfondimenti urgenti.