Diventa l’occasione per riflettere sulle battaglie della sinistra tra passato e presente la presentazione del volume di Luigi Anzalone “Nostalgia di futuro nella notte del mondo”, Pensa edizioni, nella cornice del Carcere Borbonico. Lo sottolinea con forza Antonio Bassolino, ex sindaco di Napoli, che ricorda lo sgomento di fronte alla vicenda del bracciante abbandonato dal suo datore di lavoro, dopo essere stato ferito a un braccio. “E proprio per difendere i braccianti che ho scelto di fare politica. Non sopportavo di vedere i caporali tastare i polsi dei lavoratori per capire se erano forti abbastanza”. E ribadisce come “Sinistra e centrosinistra hanno un senso se hanno la testa ben salda nel mondo del lavoro. Ma se siamo deboli a casa nostra non possiamo immaginare neppure di stabilire alleanze”. Spiega come lo sconcerto di fronte allo scenario politico attuale derivi anche dal “livello elevato di astensionismo. Il dato di fatto è che vota meno della metà della popolazione. La vera lotta deve essere quella di sottrarre voti all’astensionismo. Solo così potremo immaginare di essere alternativa al governo”.
Chiarisce come si tratta di un libro che si fa invito a riflettere sull’oggi, a partire dagli echi della memoria. Una storia, quella di Bassolino, che si incrocia presto con quella di Luigi Anzalone, nel segno della comune fede nel Pci. “Anche io a Napoli stato protagonista, come Gino ad Avellino, della battaglia del Manifesto a Napoli perchè ci fosse nel PCI una pubblica dialettica. Una battaglia per la quale dobbiamo essere grati a Pietro Ingrao, il primo ad aprire il confronto nel 1966 sul dissenso interno, spianando la strada a quella che sarebbe stata la vicenda del Manifesto. Ero giovanissimo e, alla presenza del segretario Luigi Longo, sottolineai come l’unica scelta possibile era quella di rompere con l’Unione Sovietica e i partiti comunisti dei paesi dell’Est Europa. Poco dopo fui mandato ad Avellino per farmi le ossa tra i contadini, ma era chiaro che si trattava anche di una punizione per la mia audacia. Rimasi alla Federazione del Pci di Avellino per cinque anni”. Un tempo nel quale il legame con l’Irpinia è diventato sempre più forte “Questa è oggi una seconda patria, ho scoperto una passione politica vera che non esiste in tanti luoghi d’Italia, ci si rincorreva nelle piazze fino alla mezzanotte. Tanti i ricordi di maratone e sfide interminabili. Una volta avevo cominciato il giro dei comizi a Calabritto alle 4 del pomeriggio, arrivai a Bisaccia a mezzanotte, a causa della nebbia vedevo soltanto gli scialli neri delle donne che ascoltavano mentre contemporaneamente Salverino De Vito teneva il suo comizio al cinema”. Evidenzia come “il confronto era aspro ma lo scontro non superava mai un certo limite, poichè quando si va al di là di quel limite, si assiste alla comune rovina delle parti in lotta”.
E sottolinea come “quelle battaglie sono un patrimonio da salvaguardare”. Ribadisce la statura di un leader come Berlinguer “Anche lui venne ad Avellino più volte e scelse di celebrare qui il 25 aprile del 1976. Devo dire grazie a lui se sono tornato a Napoli”. Snocciola aneddoti e memorie “tante le notti passate in albergo a preparare discorsi con Berlinguer. Un giorno, poi, mi chiese di andarlo a trovare a Roma, lo trovai con delle Clarks sportive che, ai piedi di un austero come lui, suonavano strane. Mi spiegò che erano un regalo delle figlie e che le indossava solo in casa”.
Non ha dubbi Bassolino: “Con l’uccisione di Aldo Moro muore anche la politica di Berlinguer, basata sull’ incontro tra masse popolari. Il suo rapporto con Zaccagnini e Moro era fortissimo. Più di una volta mi aveva confidato di fidarsi di loro anche personalmente”. Racconta come “Quando venne in visita nelle aree colpire dal sisma dell’80, le donne con gli scialli neri lo guardavano con un rispetto e una venerazione quasi religiosa. Riusciva a dialogare con le diverse parti della societa'”.
Confessa come nel 1993 la sua vita è cambiata, “da uomo di partito sono diventato uomo delle istituzioni, sono stato sindaco di tutti, ponendo l’accento sul rapporto con la gente che mi derivava dalla mia esperienza nel Pci. Ho portato nelle istituzioni quello che avevo imparato, stando sempre dalla parte dei più deboli”. Rende omaggio all’amico Marco Bologna a cui era profondamente legato ed evidenzia la necessità di guardare avanti, come suggerisce anche il titolo del volume di Anzalone.
E’ il direttore del Corriere dell’Irpinia Gianni Festa a evidenziare la scelta di Anzalone di partire dalla forza del paradosso, attraverso quella “Nostalgia di un futuro” che è essa stessa una provocazione, poichè “alle spalle c’è un secolo come il Novecento segnato da guerre e tragedie come la Shoah”. E non risparmia la sua amarezza di fronte al momento che vive la città in cui “una cupola famelica mortifica i cittadini onesti, nel segno di un potere tossico”.
“Anzalone – chiarisce il preside Giovanni Sasso – immagina un futuro che sia libero e umano, un futuro che è un’utopia scaturita anche dall’amore per il nipote Enrico e dal sogno di potergli lasciare un mondo migliore. La sua è una proposta di una polis democratica, accogliente e interetnica, quella che per lui deve essere la città di domani. Di qui la necessità di guardare alla catastrofe con spirito razionale, partendo dalla lezione di Giordano Bruno”. Quindi Sasso si sofferma sull’idea di spaesamento nella notte del mondo delineata da Anzalone, sul desiderio di ritorno a casa che si fa nostalgia. “Non si può non prendere atto – spiega – che esiste un disorientamento che viviamo ogni giorno nella nostra città da vincere per realizzare cambiamenti profondi. È necessario oggi partire da una dimensione etica, da un impegno giornaliero per superare il tempo del presente. L’uomo è chiamato, dunque, a rovesciare il suo senso del tempo. Un impegno etico in cui diventa fondamentale educare la dimensione razionale e quella del cuore”.
Antonio Gengaro, esponente del Pd, si sofferma sull’importanza di ripartire dalla lezione dei grandi protagonisti della politica, da Moro a Berlinguer e ricorda la straordinaria rinascita del paese all’indomani delle morti di Falcone e Borsellino nel segno della battaglia per la legalità Pone l’accento sulle speranze accese dalla stagione dei sindaci, a partire dalla sfida lanciata da Bassolino, che “ha avuto il merito di dare vita a una classe dirigente”. E rilancia con forza: “Se non c’è dimensione etica in cui collocare il proprio agire politico, la politica stessa perde la sua finalità. Ma è chiaro che c’è bisogno di rinnovamento, di stare all’interno di processi democratici e di trasparenza. Se sappiamo intercettare il desiderio di cambiamento, possiamo raccogliere i frutti di quanto seminati”. Quindi, non risparmia accuse al centrodestra “che si è sporcato le mani con quest’amministrazione. Mentre non ho voluto spartire nulla con loro”.
Di spessore anche l’intervento dell’onorevole Alberta De Simone, anima della sinistra irpina, che ricorda la battaglia condotta contro la Lega, dopo la vicenda dell’Irpinia gate. “Condussi una battaglia frontale mentre grandi protagonisti della politica non fiatarono. Mi arrivò perfino una diffida a non mettere piede in Veneto e Lombardia. La vittoria più bella fu quella di capovolgere la situazione e riuscire a riavere fondi”. Ribadisce come “l’autonomia differenziata è uno scandalo a cui opporsi”. Afferma che il dramma della sinistra è stato “aver lasciato soli i lavoratori e aver abbracciato altre cause, tradendo i valori storici della sinistra”. Torna con la memoria alla notte pesante che oggi viviamo, segnata da stragi in Palestina, dalla guerra interminabile in Ucraina a causa delle risorse contese, dominata da figure come Biden e Trump che sembrano preludere al tramonto dell’Occidente. Quindi pone l’accento sull’entropia ecologica delineata da Anzalone, sul capitalismo che rischia di distruggere la natura. Pone l’accento sulla forza di sognatori come Lincoln che seppero immaginare una società migliore. “Siamo nell’epoca del nichilismo, – spiega – dobbiamo tornare alla Dea Mater per salvare il pianeta, rispettando i limiti posti dalla natura. La scienza deve fermarsi quando si rischia di distruggere l’umanita” . Un esempio, chiarisce, arriva dal concetto di epidemie nella storia, “Se in passato erano interpretate come castigo di Dio, oggi sappiamo che sono legate al rapporto distorto con la natura” fino agli eroi moderni, da Moro a Berlinguer al rinascimento napoletano con Bassolino e al sogno di Bloch, la fine dello sfruttamento dell’uomo.
A parlare dell’emergenza che vive la città è anche il consigliere regionale Maurizio Petracca che ricorda di aver cominciato a fare politica nella stagione in cui ancora resistevano le ideologie “da allora tutto è cambiato a partire dalle condizioni storiche e politiche. È cambiato anche il clima delle campagne elettorali. Oggi tutto appare legato alla gestione spicciola del potere. Si è perso di vista il senso della strutturazione di una proposta. In passato la discussione in consiglio era serrata ma si faceva sempre sintesi, lo scontro era legato a visioni e proposte diverse di sviluppo”. E sottolinea con orgoglio di aver svolto in città un “lavoro rivolto al futuro, per la prima volta il campo progressista si è presentato coeso, proponendo un unico candidato”. Ragiona su come “il centrodestra era già al governo della città con Festa e Nargi”. Sottolinea come “guidare il comune con una macchina ingessata dall’inchiesta non sarà facile. In passato nessuno si sarebbe ripresentato dopo simili accuse”. Ricorda come sia necessario non disperdere il lavoro realizzato ad oggi e si dice sicuro che “in un tempo non lontano torneremo a governare la citta che ha bisogno di essere di nuovo guida per il territorio” .
A parlare dei pericoli della destra e della necessità di difendere la democrazia il senatore Enzo De Luca che pone l’accento sull’individualismo che governa la società: “Viviamo una crisi strutturale sociale ed economica da affrontare educando al rispetto delle regole nella comunità, insegnando il valore della partecipazione e partendo dal confronto”
E’ quindi Anzalone a concludere l’incontro, in una sala gremita malgrado la calura, ricordando la lezione del filosofo Minichiello, a cui rende omaggio nel volume e l’istanza di libertà incarnata dall’incontro tra due leader di spessore come Moro e Berlinguer: “Dobbiamo recuperare – spiega – un passato gravido di futuro. Questo andare alle stelle è desiderio di tornare alla casa originale. L’uomo ha nostalgia del paradiso da cui è stato cacciato, cerca di risolvere questa nostalgia cercando una casa nel mondo. Ciò che desidera è il ritorno all’Eden. Il futuro che noi desideriamo appartiene, dunque, a un passato della storia umana. Poichè la nostalgia vera è di un passato non avvenuto”. Ribadisce come il sistema capitalistico- borghese non funziona e “dobbiamo immaginare un diverso modello di sviluppo, in cui la società non sia dominata dalla tecnica. Se non vogliamo un mondo di guerre c’è bisogno di un modello centrato sui valori del cuore e dello spirito”. Tante le emozioni e gli eventi che hanno segnato la sua storia come il salvataggio, insieme a Bassolino, di sette bambini palestinesi condannati a morte e sottolinea la necessità di ripartire dalla idee dei maestri: “Dobbiamo pensare in grande, lottare per un’Italia che comprenda la lezione arrivata da Francia e Regno Unito, dove è stato respinto un modello di reazione. Sono convinto che l’avvenire appartiene in larga misura a noi”.