“La corruzione, i fenomeni corruttivi e criminali organizzati, non sono cancri proliferati per caso su un tessuto sociale sano, sono un rapporto a due: c’è un corrotto e un corruttore, che spesso cerca e si propone”, molto duro il Procuratore della Repubblica di Avellino Domenico Airoma sul fenomeno della corruzione.
L’incontro promosso dal presidio di Libera Pratola Serra, nel quale è intervenuto il numero uno della Procura irpina, è stato l’occasione per approfondire le dinamiche relative alle infiltrazioni criminali.
“Se sono qui questa sera, per parlare a una comunità che ha attraversato una vicenda riconducibile a questo ambito, è per dire che la corruzione, i fenomeni corruttivi e criminali organizzati, non sono cancri proliferati per caso su un tessuto sociale sano, sono un rapporto a due: c’è un corrotto e un corruttore, che spesso cerca e si propone“.
Oltre l’azione della magistratura, Airoma lancia un monito ai cittadini sul senso e la cultura della legalità: “La magistratura non può sostituire i comportamenti che ogni cittadino deve assumere tutti i giorni. Il fenomeno va descritto nella sua complessità. Sono tornati di moda i codici etici e morali, ma l’etica non si insegna, è un abito che si acquista faticosamente con l’esempio e il sacrificio, anche dando il buon esempio. In piccole comunità serve molto, interessarsi sull’attività amministrativa è fondamentale. Meglio ancora se lo si fa tramite organismi associati. Usciamo dalla logica di sudditanza secondo cui le cose non si possono cambiare e bisogna adeguarsi, tirando fuori il massimo tornaconto personale”.
I fenomeni legati alla criminalità organizzata sono mutati nel tempo, cambiando obiettivo e modalità di azione:
“Vorrei trasferire ai cittadini un bagagliaio di esperienze che ho maturato nel corso della mia carriera, di cui una parte trascorsi nella Direzione Distrettuale Antimafia. C’è stato un tempo in cui la criminalità organizzata di stampo mafioso si interessava prevalentemente al traffico di sostanze stupefacenti, al pizzo, ma fa parte della preistoria delle organizzazioni criminali. Il controllo sul territorio portava queste consorterie ad avere uno scontro violento con lo Stato. Quella stagione è stata superata e, forse, il tornante epocale è proprio quando la camorra in particolare, fiutò il business dei rifiuti. Un altro aspetto che accertammo al tempo, sul traffico dei rifiuti – quando si trattava di sostanze tossiche – è che erano gli imprenditori a cercare i casalesi – clan egemone nel traffico -, i proprietari terrieri, i contadini che li cercavano per far interare i rifiuti nel loro terreno“.