Ha subito una battuta d’arresto il progetto del governo israeliano di annettersi il 30% del territorio della Cisgiordania che doveva essere messo in cantiere a partire dal primo luglio. Probabilmente è mancato il via libera di Trump che, stretto fra la ripresa galoppante della pandemia negli USA e le proteste seguite all’omicidio di George Perry Floyd, ha ben altre preoccupazioni in questo momento. Però non possiamo considerare irrilevanti le proteste delle organizzazioni internazionali e delle associazioni che si battono per i diritti umani da cui emerge una sempre più pressante richiesta di sanzioni internazionali per responsabilizzare il governo di Israele ed evitare quest’ulteriore strappo alla legalità internazionale. In questo contesto acquista grande rilievo il recente intervento della Corte Europea dei diritti dell’Uomo che, con la sentenza Baldassi ed altri contro la Francia, depositata l’11 giugno, ha posto la parola fine ad un equivoco che per troppo tempo aveva agitato il mondo politico riconoscendo la piena legittimità della campagna di boicottaggio, disinvestimento e sanzioni (BDS) nei confronti di Israele. Il tema affrontato dalla Corte EDU impattava una questione delicata, quella dei limiti della libertà d’espressione a fronte di messaggi o di iniziative politiche di incitamento all’odio o alla discriminazione, questione tanto più attuale in questo momento storico caratterizzato da rigurgiti di razzismo cavalcato da movimenti politici di ispirazione neofascista o neonazista.
Da tale punto di vista la Corte Europea dei Diritti Umani aveva già ben tracciato i confini della libertà di espressione in relazione a messaggi d’odio o discriminatori. Attraverso una consolidata giurisprudenza la Corte aveva categoricamente escluso che la libertà di espressione, principio cardine di ogni società democratica, potesse tutelare i messaggi d’odio (hate speeches) e di incitamento alla violenza o alla discriminazione, ritenendo, invece, legittimo e necessario l’intervento punitivo nei confronti degli odiatori. Forte di questa sua competenza la Corte non ha avuto difficoltà a condannare la Francia per l’assurda condanna di un gruppo di militanti del movimento BDS (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni) che aveva distribuito dei volantini in un supermercato invitando i consumatori a non acquistare prodotti israeliani. La Corte ha concluso la sua valutazione sulla liceità dell’appello al boicottaggio dei prodotti israeliani sottolineando che il rispetto del diritto internazionale pubblico da parte di Israele e la situazione dei diritti umani nei Territori Palestinesi Occupati sono argomenti di interesse generale, che fanno parte del dibattito contemporaneo che si sta svolgendo in Francia come in tutta la comunità internazionale.
La sentenza Baldassi è particolarmente significativa perché restituisce alla libertà del dibattito pubblico tutte le iniziative politiche volte a contrastare, con metodi pacifici e non violenti, le ricorrenti violazioni del diritto internazionale dei diritti umani commessi dallo Stato di Israele e a rendere edotta l’opinione pubblica delle questioni in campo. In particolare questa sentenza è importante perché riconosce piena legittimità ad un’iniziativa politica, il BDS osteggiata con lo stigma incredibile dell’antisemitismo. La pretesa di iscrivere le critiche alle politiche perseguite dai governi israeliani nel campo dell’antisemitismo, cioè di qualificarle come espressioni di razzismo, negli ultimi anni ha portato a un’escalation delle campagne diffamatorie anti-BDS in Europa. Al punto che nel maggio 2019 il parlamento tedesco ha approvato una mozione equiparando il movimento BDS all’antisemitismo. Una risoluzione analoga è stata approvata dal parlamento austriaco nel febbraio 2020. Dopo l’intervento della Corte EDU non è più possibile calunniare o criminalizzare il BDS ed ogni altro movimento che punti ad attivare l’opinione pubblica internazionale ed a stimolare i Governi ad adottare delle misure di responsabilizzazione nei confronti di Israele in conformità con il diritto internazionale. E’ pacifico che il diritto internazionale è un diritto imperfetto perché non vi sono sanzioni e non esiste un’autorità capace di farlo rispettare, tuttavia i suoi principi, sanciti dall’umanità all’uscita dalle tenebre della seconda guerra mondiale e della Shoà, sono l’unico fondamento che possa assicurare la coesistenza pacifica fra le nazioni e la soluzione delle crisi generate dalla violenza delle armi. In definitiva spetta all’opinione pubblica assicurare il rispetto del diritto internazionale ed il movimento del BDS rappresenta un fattore di maturazione e crescita dell’opinione pubblica mondiale. Per questo, come tutti i movimenti politici che hanno a cuore la difesa dei diritti umani, il boicottaggio di Israele, lungi dall’appartenere al campo degli “hate speeches” deve essere incluso nei “love speeches”.
di Domenico Gallo