Il pianeta Terra, lo conosciamo tutti. Esso è il pianeta più complesso e più bello del sistema solare. Non fosse altro perché ospita la vita umana. Il funzionamento della biosfera dipende da un molteplicità di fattori: atmosfera, antroposfera, idrosfera, litosfera, ecc. La troposfera, la parte più vicina al pianeta dell’atmosfera, è uno strato sottile, meno di un millesimo del diametro terrestre – possiamo assomigliarlo al velo di acqua che resta vicino a un pallone quando viene estratto dall’acqua – è quella che in un certo senso mette insieme tutto il sistema. Fa comunicare tutte le componenti fra di loro e le mette insieme. Essendo così sottile è anche la più vulnerabile. Infatti è quella che stiamo sporcando di più. Il clima è sempre cambiato e sempre cambierà, come si vede dal grafico. Negli ultimi 850.000 anni fino ad oggi si è evoluto con questo alternarsi molto regolare di periodi glaciali e periodi interglaciali. Oggi siamo alla fine di un periodo interglaciale, cioè caldo. Guardando la regolarità dei picchi si può pensare a una pulsazione regolare determinata dall’equilibrio di tutte le suddette componenti. La specie umana da circa 2 secoli fa comincia a modificare questo sistema in tantissimi modi: immissione di anidride carbonica, inquinamento di aria e acqua, deforestazione, dissesto idrogeologico, allevamenti intensivi e chi più ne ha più ne metta. L’aumento della concentrazione dell’anidride carbonica ha comportato l’aumento della temperatura nell’atmosfera di circa un grado. Un grado per la nostra esperienza può sembrare poco. Invece, per la biosfera, è moltissimo. Intanto non si è mai avuto un tale aumento in tutte le ere interglaciali e non si è mai avuto negli ultimi 10.000 anni: quelli che hanno visto prosperare la nostra civiltà. Ora da circa mezzo secolo gli scienziati ci avvertono che tale riscaldamento anomalo è estremamente probabile che sia dovuto alle attività umane. In letteratura scientifica “estremamente probabile” significa una probabilità che va dal 95 al 100%. Dobbiamo smettere di produrre gas serra in particolare l’anidride carbonica dovuta all’uso delle fonte fossili e il metano dovuto agli allevamenti intensivi. Se lo facessimo da domani mattina – cosa impossibile – gli effetti del riscaldamento globale è stato calcolato durerebbero ancora per 45 anni. Possiamo dire che questa caldissima estate è la fresca di quelle che avremo nei prossimi 45 anni. Inoltre dobbiamo smettere di deforestare, altrimenti a fine secolo, dicono gli scienziati avremo4o5gradi in più. Altro che accordo di Parigi che determina il massimo aumento a 2 gradi in più. Un aumento di 4 o 5 gradi in un secolo è qualcosa di mai visto e significherebbe sconvolgimento totale del clima. Significherebbe eventi sempre più intensi e più estremi. Significherebbe raggiungere alcuni punti di non ritorno. Significherebbe un altro pianeta. Nel 2003 l’ondata di calore in Europa comportò 30.000 morti e trenta miliardi di danni all’agricoltura. Le buone notizie sono che possiamo risolvere il problema: la cosiddetta green economy. Cioè decarbonizzazione totale entro il 2050, economia circolare nell’uso delle risorse, acquisti a chilometro zero, riforestazioni, efficienza energetica, sobrietà. Non sto qui a elencarli tutti, ma è stato stimato che questo cambiamento costerebbe lo 0,1% del PIL globale. Quindi praticamente pochissimo. Perché non lo facciamo? Dal 1992 i governanti di questo mondo si riuniscono in convegni per risolvere il problema. Ne escono con trattati, accordi e paroloni roboanti, ma mai vincolanti e finora dopo trenta anni nessun risultato. Qualcuna ha detto che questi accordi sono solo dei Bla, bla bla. E non le si può dare torto. Allora io dico che non dobbiamo aspettarci grandi mosse da governanti ma che il cambiamento deve avvenire dal basso, da dentro di noi, dai giovani. Cambiamenti che abbattano i principi del PIL che deve crescere sempre, del consumo che deve crescere ad ogni costo. Questo è impossibile in un pianeta finito e inoltre né il PIL né il consumo hanno mai dato il benessere. O meglio lo hanno dato solo a pochissime persone se oggi l’1% della popolazione mondiale detiene il 50% delle ricchezze di tutto il pianeta. Questo tipo di economia ha in sé il germe dell’autodistruzione. Noi dovremmo vergognarci quando guardiamo i nostri bambini e, dopo aver chiesto loro perdono, dobbiamo impegnarci con tutto le nostre forze a smettere di sprecare. Oggi sprechiamo il 65% dell’energia prodotta, il 30% dell’acqua, il 35% del cibo, e soprattutto sprechiamo il tempo. Dobbiamo impegnarci a utilizzare il massimo possibile le fonti rinnovabili. Dobbiamo permettere ai giovani di eredi-tare un pianeta vivibile e non ricchezze pari a quelle di qualche oligarca – non serviranno.
di Michele Zarrella