Vasche idromassaggio, sale da biliardo, un’ampio e verde cortile interno, una piscina esterna che è stata riempita di cemento prima che arrivassero le forze dell’ordine. La palazzina-bunker del clan Esposito di Sessa Aurunca (Caserta), sgomberata dalla forze dell’ordine dopo la confisca di due anni fa, era una cittadella in miniatura, con l’ingresso protetto da un pesante cancello metallico di colore verde, i vetri delle finestre blindati; non c’era il lusso sfrenato, come nelle ville kitsch dei boss di Casal di Principe, quella in stile Scarface di Walter Schiavone o quella ultramoderna del nipote Nicola Schiavone (primogenito di Sandokan, ndr) ma gli interni erano arredati in modo molto decoroso, e soprattutto è l’ubicazione della palazzina degli Esposito a dare la misura di quello che era il potere mafioso che la cosca esercitava a Sessa e dintorni. Tre degli 8 appartamenti erano occupati dai fratelli di Mario (Biagio e Giuseppe) e dalle rispettive famiglie; nel terzo c’erano altri parenti stretti.
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