di Stefano Carluccio
In Irpinia il cambiamento climatico non è più un tema astratto, né un allarme rinviato al futuro. È una realtà quotidiana che incide sui campi, sui paesi, sui boschi e sulle infrastrutture, modificando in profondità un territorio che per decenni si è distinto per abbondanza d’acqua e clima relativamente stabile. I segnali sono ovunque: la pioggia che arriva tutta insieme, il caldo che si intensifica, le sorgenti che calano, i vigneti che maturano prima, i castagneti che soffrono e i fiumi che alternano piena e magra con ritmi sempre meno prevedibili.
Le precipitazioni non sono diminuite in maniera drastica, ma il modo in cui cadono è completamente diverso. Le piogge si concentrano in pochi episodi violenti, spesso preceduti da lunghi periodi di siccità. Il terreno, indurito dal caldo, non riesce ad assorbire l’acqua che scende in eccesso, generando ruscellamenti, allagamenti improvvisi e frane. I torrenti, dal Sabato al Calore, mostrano portate fortemente irregolari: abbondante acqua nei mesi freddi, livelli minimi in estate. Una condizione che pesa sia sull’approvvigionamento idrico sia sull’equilibrio degli ecosistemi locali.
È però l’agricoltura il settore in cui il cambiamento climatico si manifesta con maggiore evidenza. Nei vigneti, cuore economico e identitario dell’Irpinia, i cicli vegetativi sono anticipati e le escursioni termiche notturne, fondamentali per la qualità dell’uva, risultano meno marcate. Le ondate di caldo estive mettono sotto stress l’Aglianico, una varietà che ha sempre fatto della resistenza uno dei suoi punti di forza. Molti agricoltori spiegano che la vendemmia viene ormai avviata con una o due settimane di anticipo rispetto ai tempi tradizionali, con conseguenze sull’equilibrio tra zuccheri e acidità e quindi sulla struttura dei vini. Per un territorio che ha costruito la propria reputazione sulla lentezza delle maturazioni, si tratta di una trasformazione tutt’altro che marginale.
Anche i castagneti attraversano una fase difficile. Dopo aver superato la crisi causata dal cinipide, oggi affrontano nuovi problemi: la scarsità d’acqua estiva riduce lo sviluppo dei ricci, le gelate tardive di primavera danneggiano le gemme, l’alternanza tra periodi umidi e periodi secchi favorisce l’insorgenza di malattie fungine. La produzione diventa più incerta e i costi di gestione aumentano. Situazione simile per i noccioleti, che risentono della minore disponibilità idrica e dell’aumento delle temperature nei periodi critici per la fruttificazione.
Gli allevatori dell’Alta Irpinia osservano pascoli che ingialliscono prima del previsto, foraggi meno nutrienti e la necessità di ricorrere a mangimi aggiuntivi per far fronte a estati sempre più secche. Anche la qualità del latte e dei derivati risente degli sbalzi climatici, con un impatto diretto sulle aziende che operano in un settore già fragile.
Il territorio nel suo complesso si rivela più vulnerabile. Le piogge intense che seguono lunghi periodi di siccità innescano frane e smottamenti lungo strade provinciali e comunali, spesso già in condizioni precarie. I paesi situati nei fondovalle conoscono un aumento degli allagamenti improvvisi. Le estati più calde alimentano incendi boschivi che avanzano con rapidità, complice la vegetazione secca. I boschi irpini, una delle ricchezze più importanti della provincia, mostrano segni di stress idrico prolungato che ne riducono la capacità di proteggere i suoli e di assorbire anidride carbonica.
Anche la vita quotidiana nei comuni è cambiata. Le sorgenti non garantiscono più la regolarità di un tempo e la distribuzione dell’acqua potabile viene razionata più spesso, soprattutto nei mesi estivi. Le infrastrutture soffrono le escursioni termiche: asfalti che si deteriorano velocemente, edifici che presentano infiltrazioni, reti idriche che cedono sotto la pressione irregolare. I bilanci comunali, già limitati, vengono appesantiti da lavori di manutenzione straordinaria sempre più necessari.
Nonostante le criticità, non mancano reazioni positive. Molti produttori stanno adottando tecniche di agricoltura rigenerativa, con l’obiettivo di aumentare la capacità del suolo di trattenere l’umidità e di ridurre l’impatto degli sbalzi climatici. Alcuni comuni investono in opere di prevenzione idrogeologica e aggiornano i loro piani di protezione civile. Le associazioni ambientaliste promuovono la cura delle sorgenti, iniziative di riforestazione e percorsi di sensibilizzazione nelle scuole. I consorzi agricoli sperimentano varietà più resistenti e sistemi di irrigazione più efficienti.
L’Irpinia è un territorio che ha conosciuto prove difficili: il terremoto, la crisi industriale, lo spopolamento. Ha sempre saputo reagire con determinazione. Il cambiamento climatico rappresenta una sfida diversa perché richiede programmazione, investimenti e una visione condivisa. Non basta adattarsi di anno in anno; occorre pianificare, modernizzare le reti idriche, proteggere i boschi e sostenere l’innovazione agricola.
Il clima non tornerà quello di un tempo, ma il modo in cui l’Irpinia deciderà di affrontare questa trasformazione determinerà il suo futuro. La sfida è già in corso: sta al territorio scegliere se subirla o se trasformarla in un’occasione per costruire un nuovo equilibrio tra ambiente, comunità e sviluppo.




