“Se nel 2024 i consumi delle famiglie sono rimasti quasi fermi al palo rispetto all’anno precedente, il 2025 inizia con il segno negativo in tutti i settori commerciali e con una conferma della difficoltà strutturale dei negozi di vicinato”. Così Giuseppe Marinelli, presidente provinciale della Confesercenti di Avellino.
“I dati Istat – prosegue il dirigente dell’associazione di categoria – sui conti economici del IV trimestre 2024 e sulle vendite della distribuzione commerciale a gennaio segnalano un progressivo rallentamento della spesa e più in generale dell’andamento delle attività produttive, che vanifica la moderata ripresa dei consumi registrata nel 2021, dopo l’emergenza Covid.
Una tendenza piuttosto generalizzata nel Paese, anche se in misura differente tra aree geografiche, con l’Irpinia in particolare affanno, a causa di criticità croniche e della mancanza di introiti supplementari provenienti dal turismo.
Per il commercio, dunque, l’avvio dell’anno è nettamente in salita. I dati Istat certificano il peggiore gennaio degli ultimi tre anni, un risultato decisamente al di sotto delle attese. A soffrire sono ancora una volta le imprese operanti su piccole superfici che, secondo nostre stime, rilevano nel mese un calo del volume di vendite di circa un punto percentuale.
Per quanto riguarda i settori merceologici, il segmento alimentare risulta meno esposto ai cali congiunturali, mentre i beni non alimentari sono più colpiti dal calo delle vendite, sia in valore che in volume.
I gruppi di prodotti che registrano il calo più consistente sono le dotazioni per l’informatica, telecomunicazioni e telefonia (-3,5%) e calzature, articoli in cuoio e da viaggio (-3,3%).
Dalle analisi del centro studi della Confesercenti nazionale emerge, inoltre, che sulla dinamica dei consumi ha inciso anche la maggiore pressione fiscale registrata nel 2024, che è passata in quota di Pil dal 45,6 al 46,8% (+1,3 punti). Nel dettaglio, la quota delle imposte dirette sul Pil è passata dal 15,1% al 15,7%, mentre per le imposte indirette l‘aumento è stato dal 13,7 al 14,1%. Aumenti che hanno interamente assorbito la manovra sul cuneo fiscale, che ha consentito di contenere allo 0,2% l’aumento dei contributi”.
“Alla luce dei dati ufficiali – conclude Marinelli – appare ancora più evidente che la strada da percorrrere sia quella di una riforma fiscale per le fasce sociali più fragili e di un alleggerimento dei tributi per le piccole attività”.