Sono le pagine di Andrea Massaro ad accompagnarci alla riscoperta della tradizione dell’Assunta ad Avellino “La devozione ed il culto tributati in Avellino a Maria SS. Assunta in Cielo affondano le radici in un passato ultra-millenario, risalendo a quella tradizione mariana che già agli inizi del IV secolo godeva di una speciale liturgia presso la Chiesa di Antiochia. Infatti, essa arrivava da quella comunità paleocristiana orientale con Modestino da Antiochia, Patrono della città e della Diocesi Avellino. Non meraviglia, quindi, che la Cattedrale sorta tra il 1153 ed il 1166 a ricordo della evangelizzazione antiochena veniva dedicata alla Vergine, venerata come l’Immacolata, ma anche e soprattutto quale gloriosa “Reina degli Angioli, in Cielo Assunta e Coronata”, come ci tramanda il De’ Franchi nel suo Avellino illustrata da’ Santi e da’ Santuari’. Nell’ampia e felice descrizione riservata all’interno della Cattedrale il De’ Franchi si sofferma sull’immagine ‘antichissima della Sovrana Reina, assisa in sede maestosa…’
La bella statua, realizzata da Nicola Fumo nel 1700 in un sol pezzo di legno di tiglio cotto nell’olio, è sempre stata oggetto di splendidi festeggiamenti in occasione dell’Assunta, a cura del “magnifico governo della città”, come in proposito riferisce il Sarro, durante i quali, accanto alla solennità delle manifestazioni di fede, apparivano i segni del culto esteriore che, in ogni epoca, volevano e vogliono testimoniare il carattere popolare del rapporto devozionale tra la cittadinanza e la sua Celeste Patrona.”
Gli addobbi nella cattedrale
La festa era caratterizzata dall’allestimento di grandi addobbi soprattutto nella Cattedrale di Avellino, per ospitare degnamente la Sacra Immagine della Madonna: venivano montati dei troni sontuosi, con stoffe riccamente decorate, degni dell’evento. A partire dal 1910 fu affidata ai fratelli Festa, dall’Arciconfraternita dell’Immacolata, in accordo con Mons. Padula, il compito di realizzare una maestosa scenografia nella piazza Amendola, dinanzi alla Dogana, così da ricreare una Cattedrale Gotica e accogliere la statua della Vergine dopo la solenne processione del 15 agosto, lasciandola lì sino all’alba del 16 Agosto.
Il rito dei fuochi
Una festa, quella del Ferragosto, segnata dal rito dei fuochi che rappresentavano il banco di prova per i fuochisti provenienti da tutta la Campania. La spettacolare gara di fuochi pirotecnici riusciva a coinvolgere ogni anno il pubblico delle grandi occasioni. Si sparava alle Selve, al Tuoppolo, a via Zigarelli, meno fortunata fu, invece, la scelta di contrada Zoccolari che non piacque ai cittadini. I fuochisti erano quasi tutti di origine campana ma non mancavano pugliesi e calabresi. Uno spettacolo a parte era quello dei fuochi pagati dai fedeli durante la processione. La batteria delle 12 del 15 agosto veniva, infine, offerta dai confratelli dell’arciconfraternita dell’Immacolata. Lunghi filari di batterie venivano disposti a Santo Spirito, al castello, al Carmine, al carcere, alla Villa Comunale, a piazza Duomo. Erano migliaia i cartocci e i bengala che venivano accesi lungo il viale della Villa, mentre davanti al palazzo vescovile si preparavano i castelletti, costruzioni in legno a cui venivano attaccati tronetti, bengale, girandole e razzi. Gli unici anni in cui non si rinnovò la tradizione dei fuochi furono il 1900, il 1915, il 1916, il 1917, 1918, il 1930 e quindi dal 1940 al 1944, per essere ripristinati col Ferragosto del 1945. E si continuò a sparare fino al 1981 quando la commissione di vigilanza cominciò a sollevare problemi legati alla sicurezza. Nel 1995 lo stop, dopo il sopralluogo dei vigili del fuoco, quello che apparve a tutti la fine di un’epoca, poi, il ritorno. Quest’anno il nuovo stop con la sostituzione dei fuochi con uno spettacolo di droni luminosi
La banda musicale
Particolarmente apprezzati i concerti della banda musicale, che si esibiva fin dal 1898 nel caratteristico chiostro alla cinese. Tantissime le bande che si alternarono in città, da quella della Regia Guardia di Finanza, diretta da Manente alla banda della pubblica sicurezza di Marchesini, dalla Fanfara dei Bersaglieri di Roma al corpo musicale dei vigili urbani, fino alla banda dell’aeronautica militare. I concerti erano allora degli autentici eventi, capaci di calamitare l’attenzione dell’intera cittadinanza. E anche nel caso delle bande musicali la tradizione si interruppe soltanto negli anni della guerra. Nel 1899 fu, invece, il cinematografo la grande novità del Ferragosto avellinese, fu allestito nel teatro comunale, offerto dai fratelli Mele, noti proprietari dei Magazzini Italiani di Napoli. E proprio quella del 1899 dovette essere un’edizione del Ferragosto particolarmente riuscita se è vero che l’illuminazione veniva triplicata: oltre al tradizionale Centro, dove spiccava uno sfavillante chiosco “alla cinese” per la banda di Avellino, erano illuminate con migliaia di lampadine colorate tutte le maggiori vie cittadine. Fu con le tappe in città del Carro di Tespi volute da Gioacchino Forzano, direttore del Teatro La Scala di Napoli, per portare il teatro al popolo, che si diffuse in città la passione per la lirica. A piazza Garibaldi, per cinque lire era possibile applaudire Corrado Racca che recitava in “Villafranca” e “Campo di maggio” o il tenore Renato Giglio ne “La Tosca”. Nel 1972 fu il Petruzzelli di Bari ad esibirsi in città, dinanzi al Palazzo De Peruta, portando in scena “Rigoletto” e “Barbiere di Siviglia”. Tante le opere allestite all’interno del Regina Margherita, “Aida”, “La Boheme”, “Elisir d’amore”. Si esibirono cantanti come Ferrauto Caviello, Francesco Nascimbene, Giovanni Malipiero, Lucilla Ghersa, Benvenuto Franci. Una tradizione, quella della lirica, che si concluse nel 1985, oggi ormai perduta. Nel 1952 partì il primo concorso delle bancarelle dei balconi fioriti ed illuminati. Per 25 anni la Fiera caratterizzò, nei giorni della festa, il Corso di Avellino. L’8 agosto del 1977 fu l’allora primo cittadino Massimo Preziosi a decretare con un’ordinanza lo sgombero delle Bancarelle dalla principale strada cittadina. Da allora è stato un succedersi di soluzioni provvisorie, Viale Italia, poi via de Concilij, poi, addirittura a Mercogliano e Monteforte, quindi a via Zoccolari e campo Genova, fino alla progressiva fine della tradizione.
La devozione dei soldati avellinesi
Con l’inizio del primo conflitto mondiale, i soldati avellinesi partiti per il fronte, vollero affidarsi alla protezione della loro Celeste Madre e Patrona, decidendo di offrirle le proprie fedi nuziali che furono fuse per consentire la realizzazione di un medaglione, con su scritto “dalle trincee della 3 Compagnia del 135 fanteria – di fronte al nemico sul Carso – a Maria SS. Assunta in Cielo in Avellino 1915”. Questo medaglione nei giorni 14 e 15 agosto, viene posto sul collo della Madonna per ribadire la forza della fede della comunità