Di Franco Festa
Siamo stati sommersi da auguri di ogni tipo, in ogni luogo. Un diluvio appena terminato che, naturalmente, non ha lasciato nessun segno. Ora, passata la sbornia di Natale e di Capodanno, si tratta di rimettersi in cammino, di ritrovare un possibile orientamento civile, di riconoscersi in qualche progetto per il futuro. Non sarà semplice, perché ci aspetta un’altra inondazione, un’altra alluvione di ipocrisie, di promesse, di petti gonfi a nostra difesa, di giuramenti gridati ad alta voce. Parlo delle prossime elezioni comunali. Mitragliate di bugie vi colpiranno da ogni lato, pattuglie di questuanti vi inseguiranno per implorare la vostra attenzione, profeti di un futuro radioso cercheranno di convincervi che un altro mondo è possibile. Ciò che conta è che vi conserviate freddi, capaci di distinguere, di esercitare un minimo di senso critico. Nulla, garantito, cambierà davvero, chiunque vinca. La condizione per cambiare qualcosa è altrove, e non la troverete scritta su nessun manifesto, non vi sarà rivelata in nessun convegno. Non perché sia impossibile da realizzare, ma perché è a portata di mano. Solo che le nostre mani sono ingombre di inutili oggetti, le nostre menti inchiodate in calcoli brevi e in ragionamenti che non durano lo spazio di un mattino, sperdute in meschini universi virtuali. Riprendere il cammino insieme ad altri, scoprire che le difficoltà degli altri sono simili alle nostre, che gli altri non sono ostacoli, nemici, ma alleati, opportunità, qui è il punto vero. Ogni cambiamento può nascere solo se usciamo dal guscio di un individualismo esasperato, dalla passività o dal desiderio di un successo personale a ogni costo, se comprendiamo che le nostre mani servono per essere strette a quelle degli altri, le nostre menti sono utili se le apriamo a un progetto comune. Come canta l’immenso Giorgio Gaber: “Nelle case non c’è niente di buono, appena una porta si chiude dietro un uomo…C’è solo la strada su cui puoi contare, la strada è l’unica salvezza, c’è solo la voglia e il bisogno di uscire, di esporsi nella strada e nella piazza”. Chiunque si misuri sul palcoscenico della politica deve cancellare dalle proprie mire che gli altri sono stupidi individui da ammansire, da stupire, da meravigliare, ma sono invece soggetti attivi pronti a impegnarsi, per costruirlo davvero un futuro diverso. E’ la partecipazione la chiave vera di ogni mutamento, quello che si costruì intorno al primo Di Nunno, quello che mancò quando Di Nunno cadde, in una congiura di palazzo. Non basta un volto nuovo, serve un percorso nuovo, un nuovo ruolo per i giovani innanzitutto, che segni un reale cambio di passo. Non abbiamo bisogno di alleanze posticce che si dissolveranno al primo colpo di tosse, o di programmi luminosi (c’è chi usa le luminarie, chi usa le parole) destinati a restare sulla carta. L’unica vera necessità è uscire per la strada, tra la gente, lavorare per vincere l’apatia e la rassegnazione che dominano la città, ricostruire percorsi di autentica democrazia, convincere i cittadini che sono solo essi i reali protagonisti di un difficile ma possibile cambiamento.