La queerness familiare come realtà con cui fare i conti. E’ il messaggio lanciato da Michela Murgia in “Dare la vita”, romanzo pubblicato postumo da Rizzoli, presentato questo pomeriggio nell’ambito degli Incontri in Biblioteca. A raccontare il libro, curato da Alessandro Giammei (uno dei suoi figli d’anima), professore di letteratura italiana all’università di Yale e membro della famiglia queer di Michela Murgia, alcune rappresentanti del collettivo Purple Square “Siamo un movimento, la tempesta di Michela Murgia, fatta di tante goccioline di pioggia. Quando abbiamo perso un’intellettuale e scrittrice come lei abbiamo continuato a organizzarci in Rete, abbiamo continuato a leggere i suoi scritti. Sono quasi 10mila gli iscritti ad oggi al gruppo nazionale, per tenere vivi Murgia e il suo insegnamento, raccoglierne il testimone, che in breve si è ramificato in gruppi sparsi per l’Italia. Poi Rizzoli ci ha chiesto, dopo l’uscita del libro di accompagnare le presentazioni di ‘Dare la vita’. Murgia rivela in questo libro la sua grande capacità di comprendere l’universo contemporaneao, a partire dall’idea di soglia. La queerness intesa come famiglia basata sulle relazioni è già una realtà. Interrogarci, discutere intorno a questa radice significa sfidare il concetto di normalità e naturalità a cui siamo abituati”. La scrittrice propone “un altro modello di maternità”, e spiega come si possa dare la vita senza generare biologicamente, come i “legami d’anima” possano sommarsi ai legami di sangue. Di qui l’importanza di garantire diritti anche alle famiglie queer, abbiamo bisogno di un patto sociale, di un riconoscimento che già esiste in altri paesi. Michela Murgia ci ha lasciato delle domande sulle quali interrogarsi, a partire dal potenziamento del Welfare State che deve garantire assistenza ai cittadini e non lasciarsi soli, soprattutto nella malattia. Fondamentale la centralità da lei posta sul noi che deve guidarci nella società di oggi”. A confrontarsi sul volume anche il libraio Giancarlo Piacci.
Una riflessione anche sul concetto di maternità, a partire dalla propria esperienza personale come racconta Murgia “Nel mondo in frantumi dei miei vent’anni, io credevo di essere nata con una sola cosa intera per le mani: l’istinto materno, la vocazione all’essere ventre, come le brocche d’olio in magazzino, o come le tombe spezzate di Tharros, gravidanze interrotte in attesa di un giudizio universale. Nel mondo in frantumi dei miei vent’anni non dovevo cercare alcun perché all’esistere, mi sarebbe bastato trovare un per chi. Sposa di qualcuno, madre di chiunque, io non sapevo cosa fosse la vocazione a essere me. Quando i vent’anni passano un figlio smette di essere materiale da sogno e diventa un atto sovversivo”. Di qui l’invito a riscoprire la possibilità di diventare madre anche quando il grembo non è più fertile, a scegliersi ogni giorno.
Murgia, che come autrice ha esordito nel 2006 per Isbn edizioni con Il mondo deve sapere. Romanzo tragicomico di una telefonista precaria (che ha ispirato il film Tutta la vita davanti di Paolo Virzì), negli anni è stata protagonista in tv, sui social, a teatro e in radio, ed stata è anche autrice, insieme a Chiara Tagliaferri, del podcast Morgana, con cui ha scritto due libri: Storie di ragazze che tua madre non approverebbe (Mondadori, 2019) e Morgana. L’uomo ricco sono io (Mondadori, 2021).
Tra le sue opere, anche, Ave Mary (2011), Chirù (2015), Istruzioni per diventare fascisti (2018), Stai zitta (2021), Noi siamo tempesta (2019) e God Save the queer. Catechismo femminista (2022) e l’ultimo libro, Tre ciotole – Rituali per un anno di crisi (2023).