Quest‘anno i capi di Governo e di Stato, convocati dalla finanza internazionale al Word Economic Forum di Davos per celebrare le sorti magnifiche e progressive dell’economia mondiale, hanno avuto la festa guastata a causa dell’improntitudine di una Ong.
OXFAM, la più importante Ong al mondo, ha pubblicato in coincidenza con l’apertura dei lavori il suo rapporto annuale che denuncia una strepitosa crescita della disuguaglianza su scala globale. Il rapporto si basa in gran parte sui dati di una delle più grandi banche al mondo: Credit Suisse. Del resto solo una banca può conoscere le vere disponibilità dei patrimoni dei ricchi. Secondo questi dati, di tutta la ricchezza globale creata nell’ultimo anno, l’82% è andato all’1% più ricco mentre il 50% meno abbiente non ha beneficiato di alcun aumento. Attualmente 42 persone possiedono la stessa ricchezza dei 3,7 miliardi di persone meno abbienti; l’1% più ricco continua a possedere più ricchezze di tutto il resto dell’umanità.
Per quanto riguarda l’Italia, a metà 2017 il 20% più ricco degli italiani deteneva oltre il 66 per cento della ricchezza nazionale netta; il successivo 20 per cento ne controllava il 18,8%, lasciando al 60% più povero appena il 14,8% della ricchezza nazionale; la quota di ricchezza dell’1 per cento più ricco degli italiani superava di 240 volte quella detenuta complessivamente dal 20 per cento più povero della popolazione. Nel periodo 2006-2016 la quota di reddito nazionale disponibile lordo del 10 per cento più povero degli italiani è diminuita del 28 per cento, mentre oltre il 40 per cento dell’incremento di reddito complessivo registrato nello stesso periodo è fluito verso il 20 per cento dei percettori di reddito più elevato.
Gran parte del rapporto è dedicato all’analisi delle cause del livello di diseguaglianza e delle proposte per rendere il mondo un pò più giusto.
Le cause sono riassunte in alcuni punti molto precisi. Al primo posto c’è «l’indebolimento delle norme che tutelano i lavoratori» (vedi Job’s act) a cui segue la «corsa al ribasso dei salari». Un altro fattore importante che incrementa la disuguaglianza è la «corsa al ribasso dell’imposizione fiscale». Al riguardo il rapporto riporta un dato impressionante: considerando i 20 paesi più ricchi (G20) «l’aliquota fiscale media sui redditi societari era del 40 per cento nel 1990 ed è scesa al 28,7 per cento nel 2015», un taglio di quasi 12 punti in 15 anni.
Alla luce di questi dati, il rapporto OXFAM fornisce alcune raccomandazioni per costruire un’economia più giusta e più umana: proteggere i diritti dei lavoratori, specialmente delle categorie più vulnerabili; assicurare che i ricchi e le grandi corporation paghino la giusta quota di tasse, attraverso una maggiore progressività fiscale e misure solide di contrasto all’evasione ed elusione fiscale; aumentare la spesa pubblica per servizi come sanità, istruzione e sicurezza sociale a favore delle fasce più vulnerabili della popolazione.
Poiché ci avviciniamo ad una scadenza elettorale, sarebbe interessante capire se le principali forze politiche nei loro programmi recepiscano qualcosa di questa raccomandazioni volte a creare un’economia e quindi una società più umana. Abbiamo già accennato su queste pagine (12 gennaio 2018) all’inconcludenza del diluvio di promesse elettorali che in questi giorni viene versato sul capo degli italiani. E’ comprensibile che i partiti cerchino di accaparrarsi il consenso degli elettori promettendo questo o quel beneficio, tuttavia è incomprensibile che delle forze politiche immettano sul mercato politico delle proposte che sono l’esatto contrario dei rimedi suggeriti da OXFAM per combattere le disuguaglianze. Quando si promette di abolire la progressività fiscale introducendo una tassa piatta (flat tax) che abbassa notevolmente l’asticella del prelievo fiscale rendendola uguale per tutti, in pratica si propone un programma politico che punta ad accrescere le disuguaglianze sotto due profili. In primo luogo perché rende i ricchi più ricchi esentandoli dal dovere di concorrere alle spese pubbliche in ragione della loro capacità contributiva (art. 53 Cost.). In secondo luogo la flat tax, svuotando l’erario (che è un bene pubblico fondamentale), sottrae risorse alla spesa pubblica per servizi come sanità, istruzione e sicurezza sociale che sono essenziali per soddisfare i bisogni fondamentali della generalità dei cittadini. Per votare a favore della tassa piatta bisogna che sia piatto l’encefalogramma dell’elettore. Tassa piatta: cervello spento.
di Domenico Gallo edito dal Quotidiano del Sud