Era stata accusata di un reato assai grave: abbandono di persona incapace.
Questa era infatti la contestazione mossa ad una quarantenne di Avellino, A.F., che nel 2010 era stata nominata tutrice di un zio che aveva un grave deficit psichico.
La vicenda aveva avuto una grande risonanza nella Città di Napoli quando nel mese di Febbraio del 2019 i Servizi Sociali, allertati da alcuni condomini, avevano rinvenuto il disabile in uno scantinato, sito in via Vecchia Roma n. 3, in un ambiente del tutto privo di suppellettili, nonché di energia elettrica ed acqua.
Il tugurio era inoltre sommerso dai rifiuti, invaso da insetti e topi e con escrementi di cane che ne rendevano l’odore nauseabondo e l’ambiente del tutto invivibile.
Il disabile, classe 1961, veniva quindi immediatamente prelevato ed allocato in una Casa Famiglia in provincia di Caivano.
Sin da subito gli Inquirenti concentravano la loro attenzione su A.F., nipote del disabile, alla quale veniva contestato il reato di aver abbandonato una persona incapace di provvedere a se stessa, contravvenendo al suo dovere di badare alla stessa, essendo stata nominata anche sua tutrice.
L’indignazione era ancora più grande a seguito della constatazione che la nipote/tutrice gestiva interamente anche la pensione e l’indennità di accompagnamento dello zio invalido, ammontante a pù di mille euro al mese.
Nella giornata di ieri il Tribunale di Napoli, Sesta Sezione Penale, presieduto dal Presidente Dott. Pellecchia, ha mandato assolta la nipote per non aver commesso il fatto.
In particolare il Tribunale ha aderito in pieno alla tesi sostenuta dal difensore della quarantenne, l’Avvocato Avellinese Rolando Iorio, che in una serrata arringa ha evidenziato come lo zio disabile abitasse in tutt’altro luogo rispetto a quello ove era stato rinvenuto dai Servizi Sociali, e che frequenti erano le sue fughe da casa volte a ritornare nei luoghi dove aveva vissuto da giovane.Nessuna colpa poteva quindi sollevarsi nei confronti della nipote che prontamente si adoperava ogni volta per recuperare lo zio. Il Pubblico Ministero presente in aula aveva chiesto una condanna a due anni di reclusione. La donna invece è stata assolta con formula piena per non aver commesso il fatto.