“La Chiesa non può essere lontana dalla vita, non può che sporcarsi le mani. O la Chiesa è vicina alle comunità o non è Chiesa di Gesù. Perone ci ha restituito uno spicchio della nostra storia, in tempi in cui esiste solo l’attimo fuggente e le nuove generazioni non hanno memoria soprattutto perchè gli adulti dimenticano il passato”. Lo sottolinea il vescovo Arturo Aiello nel presentare al Circolo della stampa il volume di Pietro Perone dedicato a “Don Riboldi. Il coraggio tradito”, Edizioni San Paolo, insieme ad Aldo Balestra, viceredattore capo del Mattino, al prefetto Paola Spena, al presidente della Provincia Rizieri Buonopane e al deputato Gianfranco Rotondi. “Lo avevo incontrato più volte – ricorda – nelle assemblee della Conferenza Episcopale Campana. I suoi interventi non erano mai banali, mi hanno sempre colpito questi occhi luminosi che cercavano luce”. Pone l’accento sulle responsabilità dei padri di oggi “Siamo padri manchevoli. Non siamo bravi narratori di ciò che è stato, siamo incapaci di accendere le idealità nei nostri giovani apparentemente anaffettivi. Il compito dei padri è di incoraggiare i figli a non avere paura. Questo libro è il grazie di un figlio nei confronti di un padre ed è bello che ciò accada”. Ricorda il documento della Conferenza Episcopale Campana di cui fu promotore don Riboldi “Per amore della Chiesa non tacerà “Un documento per parlare agli uomini e alle istituzioni dei mostri del tempo”. E’ quindi Rotondi a ricordare come il merito di Perone sia stato quello di restituire don Riboldi alla sua dimensione di uomo di Chiesa mai politicizzato. “La sua è stata un’azione pastorale, caricatasi di un valore civile”. Ricorda una sua partecipazione ad uno dei convegni organizzato da don Gerardo Capaldo “Già allora era trasgressivo nel partecipare ad incontri di circoli non allineati. Tanto è vero che De Mita chiese se non fosse socialista. Quel che è certo è che tutta la politica è stata toccata dalla lezione di don Riboldi. Quello che ci offre Perone è un interessante quadro storico di un tempo in cui la sinistra, proprio attraverso il dialogo con Don Riboldi, cercava di spezzare l’egemonia della Dc nel mondo cattolico”. Il prefetto Spena ricorda come “fu un pastore che non è sceso mai a compromessi, che ha lottato a viso aperto contro la criminalità, a partire dai gesti concreti, politico nel senso più puro del termine”. Da Perone l’appello a tornare a parlare di politica “Siamo in un periodo in cui si parla sempre meno di camorra come se il fenomeno fosse stato risolto, in cui la criminalità è scomparsa dai raid della politica. Mentre invece con i fondi del Pnrr i clan continuano a fare affari pari a quelli che fecero dopo il terremoto del 1980. Ricordare don Riboldi significa ricordare una stagione di grandi speranze che bisognerebbe ripetere. Sarebbe bello che questo ricordo facesse rinascere la mobilitazione contro criminalità organizzata”. Sottolinea che “non ci si può rassegnare al fatto che la camorra sia un fatto strutturale della società, camorra significa violenza e sopraffazione. Si può sconfiggere se si creano condizioni sociali, economiche e politiche affinchè non rinasca. Don Riboldi dimostrò che poteva essere sconfitta, la camorra di Cutolo fu smantellata. Ma successivamente non furono create le condizioni sociali e politiche perchè la criminalità non rinascesse. Gli stessi che marciarono con don Riboldi, quando si sono ritrovati al potere, non sono stati all’altezza non sono riusciti a fare sì che quella stagione di speranze rappresentasse la svolta”
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