Droga e cellulari in carcere: due inchieste diverse, stesse modalità per 32 arresti totali. La prima ordinanza, emessa dal G.I.P. del Tribunale di Napoli su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, è stata eseguita da personale del Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria, del Servizio Centrale Operativo della Polizia di Stato, delle Squadre Mobili di Frosinone e Napoli, nonché della S.I.S.C.O. di Napoli, nei confronti di 20 persone accusate di associazione di tipo mafioso, traffico di stupefacenti, detenzione di armi comuni da sparo ed accesso indebito a dispositivi idonei alla comunicazione da parte di soggetti detenuti.
L’attività è stata avviata ad aprile 2021 a seguito del rinvenimento di alcuni cellulari presso il carcere di Secondigliano, indagine per cui è stato delegato il Nucleo Investigativo Centrale della Polizia Penitenziaria. L’attività investigativa è entrata poi in convergenza con un’indagine parallelamente svolta dalla Squadra Mobile di Frosinone, anch’essa poi delegata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli, inizialmente originata da una sparatoria avvenuta il 19 settembre 2021 all’interno del Carcere di Frosinone. Da qui sono state avviate attività finalizzate all’identificazione del responsabile che introdotto all’interno del carcere un’arma da fuoco grazie ad un drone. La prosecuzione delle indagini ha consentito di portare alla luce una struttura criminale in grado di garantire l’approvvigionamento di apparecchi telefonici, sia smartphone che piccoli cellulari, nonché di rilevanti quantità di stupefacente in molteplici strutture penitenziarie, anche con detenuti classificati di massima sicurezza, dislocate in tutta Italia. Nell’attività erano coinvolti affiliati ai clan Esposito-Nappi di Bagnoli che avrebbero avuto il monopolio della distribuzione nelle strutture carcerarie coinvolte Frosinone, Napoli – Secondigliano, Cosenza, Siracusa, Lanciano, Augusta, Catania, Terni, Rovigo, Caltanissetta, Roma-Rebibbia, Avellino, Trapani, Benevento, Melfi, Asti, Saluzzo, Viterbo e Sulmona.
Le manovre del drone per introdurre cellulari, SIM e caricabatterie all’interno del carcere sono orchestrati da un detenuto confinato nello stesso istituto penitenziario. È il 19 febbraio 2022, le 18:41, quando gli investigatori del Nic (Nucleo Investigativo Centrale) della Polizia Penitenziaria intercettano in diretta le istruzioni del detenuto O.M, detenuto nell’Alta Sicurezza, che guida il complice nella manovra. L’uomo affiliato a un potente cartello legato all’Alleanza di Secondigliano, ha appena cercato una zona tranquilla vicino al carcere di Avellino per consegnare illegalmente telefoni cellulari ai detenuti che li avevano ordinati, insieme alla droga.
Il complice è un elemento chiave del cartello che, dal lockdown fino al 2022, ha rifornito di telefoni e droga i detenuti di Alta Sicurezza in varie parti d’Italia. Tutto ha avuto origine dal carcere di Secondigliano, dove un detenuto, ora a Bellizzi, aveva precedentemente risieduto. L’organizzazione è stata smantellata da un blitz della Procura Distrettuale Antimafia di Napoli, che ha portato a 21 arresti per associazione di stampo mafioso, traffico di droga, detenzione di armi e accesso illecito a dispositivi di comunicazione. Le indagini sono state avviate grazie a segnalazioni del Nic riguardanti un aumento anomalo di telefoni, soprattutto di ultima generazione, all’interno del carcere di Secondigliano. Tramite l’analisi dei codici IMEI e del traffico telefonico, è emerso che molti detenuti, in particolare quelli legati alla criminalità organizzata, avevano accesso a un gran numero di telefoni.
Si è scoperto che un gruppo organizzato all’interno del carcere di Secondigliano, con la collaborazione di un esperto manovratore di droni era responsabile delle consegne. L’uomo era stato fermato in precedenza con un drone e telefoni nei pressi di Frosinone. Le indagini hanno rivelato un vero e proprio mercato dei telefoni all’interno del carcere, con centinaia di contatti tra il complice e detenuti in tutta Italia. Nove collaboratori di giustizia hanno contribuito a ricostruire l’organizzazione, che operava in 18 istituti penitenziari in tutto il Paese. Uno di loro ha parlato dell’attività di spaccio di telefoni e droga avviata dal detenuto nel carcere di Bellizzi Irpino, che aveva già operato in modo simile a Secondigliano, guadagnando fino a ventimila euro al mese.